Rapa Nui, l’isola dei misteri

L’Isola di Pasqua (Rapa Nui) è ubicata nell’Oceano Pacifico a oltre 3600 chilometri dalla costa cilena. Si tratta di uno dei luoghi più isolati presenti sul pianeta Terra.

E’ famosa in tutto il mondo per delle strutture monolitiche note come Maoi, immortalanti delle figure umane e realizzate fra il 1250 e il 1500 dalla popolazione dell’isola. Alla fine di febbraio di quest’anno, è stata scoperta una nuova statua, sepolta in un lago prosciugatosi a causa della siccità. Come riferisce Terry L. Hunt, professore di archeologia all’Università dell’Arizona e autore di un articolo sul ritrovamento in loco di resti di rattus exulans, si tratta della prima scoperta di un Maoi in quell’area. Lo stile minimalista di queste strutture riflette le forme che si trovano in tutta la Polinesia. I Moai sono scolpiti dal tufo vulcanico (cenere solidificata). Le figure umane sarebbero state inizialmente delineate nella parete di roccia e poi scheggiate fino a formare l’immagine. Le statue sono, secondo molti archeologi, simboli di autorità e di potere, sia religioso che politico. Per le persone che le hanno erette e utilizzate, erano soprattutto dei “depositi di spirito sacro”. Le pietre scolpite e gli oggetti in legno delle antiche religioni polinesiane, adeguatamente modellati e preparati ritualmente, erano ritenuti carichi di una magica essenza spirituale denominata “mana”.

Si suppone che il popolo di Rapa Nui fosse originario del Sud America (amerindi meridionali), studi etimologici del Rongorongo (il sistema di scrittura a glifi rinvenuto presso l’isola), analisi genomiche condotte sugli individui e una serie di altre ricerche, più o meno recenti, hanno condotto gli studiosi a congetturare che la prima colonizzazione dell’isola debba essere avvenuta ad opera di popoli riconducibili al ceppo delle popolazioni austronesiane e, nello specifico, ad individui provenienti dall’attuale Polinesia.

Uno degli eventi che conferiva alla popolazione pasquense il suo velo di arcano concerneva la sua “misteriosa e improvvisa scomparsa”. Numerosi rumores furono diffusi, in periodo ottocentesco, circa la dipartita assolutamente repentina della popolazione. Il ritrovamento di oggetti appuntiti in ossidiana (che si sarebbe scoperto trattarsi di strumenti lavorativi) aveva fatto pensare che, in seguito al consumo arbitrario di legno per l’erezione dei Moai, le risorse fossero andate scarseggiando facendo sfociare la popolazione in una sanguinosa guerra civile e nella pratica del cannibalismo. Lo studio “Diet of the prehistoric population of Rapa Nui (Easter Island, Chile) shows environmental adaptation and resilience” di C. L. Jarman, T. Larsen, T. Hunt, C. Lipo, R. Solsvik, N. Wallsgrove, C. Ka’apu-Lyons, H. G. Close e B. N. Popp, confuta definitivamente l’ipotesi del cannibalismo: infatti conclude “in our samples, seafood made up about half of the protein in human diets, which is considerably higher than previous estimates” (“Nei nostri campioni, i frutti di mare rappresentano circa la metà delle proteine nella dieta umana, quantitativo considerevolmente maggiore rispetto alle stime precedenti”) e prosegue “The 14C dates from human and faunal remains have typically been considered less reliable […] despite their potential as more direct evidence for human occupation” (“La datazione al carbonio-14 dei resti umani e animali è stata generalmente considerata poco rilevante […], nonostante il loro potenziale come prova più diretta dell’occupazione umana”), constatando la più probabile ipotesi che a determinare la morte di una fetta molto vasta della popolazione di Rapa Nui fosse stato l’arrivo inesorabile dei coloni europei. Questi ultimi devono aver portato con loro (i coloni si cibavano di semi della palma) anche degli esemplari di rattus exulans (ratto del pacifico), cioè i veri e propri responsabili della deforestazione manifestatasi sull’isola che, mangiando le noci della palma locale Paschalococos, impedirono la ricrescita della foresta, come illustrato da J. R. Flenley (2003) in “The enigmas of Easter Island”; numerosi studi, inoltre, testimoniano la presenza di fossili di rattus exulans in siti come, per esempio, “Ancient DNA of the Pacific rat (Rattus exulans) from Rapa Nui (Easter Island)” di S.S. Barnes, E. Matisoo-Smith e T.L. Hunt.

Un alone di mistero che permane in questo luogo riguarda la lingua originaria del posto. Sebbene la versione odierna della lingua rapanui utilizzi l’alfabeto latino (sono presenti dieci consonanti e cinque vocali distinte in senso quantitativo; tra le consonanti c’è anche il cosiddetto “colpo di glottide”, un’occlusiva glottidale sorda), il sistema di scrittura originario era il Rongorongo e aveva un andamento bustrofedico inverso (era scritto, cioè, a direzioni alterne). Attualmente, il Rongorongo non è ancora stato decifrato (o perlomeno non del tutto).

 

Michelangelo Grimaldi