Omertà e silenzio: il potere della mafia

26 Aprile 2023, la scrittrice e sceneggiatrice fiorentina Elena Stancanelli, fondatrice dell’associazione di scrittori “Piccoli Maestri” che promuove la lettura nelle scuole, incontra le classi 2b e 2d del liceo classico Andrea D’Oria di Genova per parlare del romanzo “Il giorno della civetta” di Leonardo Sciascia

di Vittoria Bosio, Eleonora Gatti, Federica Gaudiano, 2D 

Elena Stancanelli

Nel 1961, epoca della pubblicazione del romanzo, la mafia non si conosceva ancora in profondità o si preferiva, probabilmente, negarne l’esistenza. Sciascia fu tra i primi a parlarne e a chiedersi cosa fosse. 

La scrittrice Stancanelli racconta che, dal 1982 al 1986, si svolsero le indagini che sfociarono nella prima parte del maxiprocesso di Palermo per i crimini di mafia, che portarono alla nascita di un Pool di magistrati anti mafia di cui facevano parte anche Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Entrambi prepararono il processo chiusi, per ragioni di sicurezza, nel carcere dell’Asinara.

                                                                       I Magistrati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, amici e colleghi

Fondamentale fu l’arresto in Brasile del mafioso Tommaso Buscetta, il primo che con il suo pentimento si decise a confessare i reati mafiosi. E’ grazie alla sua testimonianza che si riuscì ad istruire il processo. La sua storia è stata narrata dal regista Marco Bellocchio nel film “Il traditore” (2019). Solo dagli anni ottanta dunque, in Italia, si iniziò concretamente a parlare dell’esistenza della mafia e di Cosa Nostra e si comprese la sua organizzazione e le sue regole. Sciascia però, venti anni prima, aveva già mostrato i pericoli di questa organizzazione criminale, un vero pericolo di infezione per tutto lo Stato italiano.

Un concetto fondamentale su cui Stancanelli si sofferma è l’omertà. Lo affronta raccontando il primo capitolo del romanzo di Sciascia: l’omicidio su un autobus, segnalato da dei colpi di pistola, sotto gli occhi di tutti i passeggeri. All’arrivo della polizia, quasi tutti i testimoni sono fuggiti e i pochi rimasti sono schivi, fingono di non aver visto, né sentito nulla. Lo stesso conducente, incaricato di controllare il biglietto ad ogni singolo passeggero, sostiene di non ricordarsi chi fossero i presenti. Questa è l’omertà: eludere, nascondere, sottrarsi dal racconto della verità.

Sciascia ci offre anche una descrizione dell’ambiente in cui si svolgono le vicende. Racconta, ad esempio, di un edificio finanziato dalla mafia, al quale si avvicina una mucca che, grattandosi il dorso su di esso lo fa crollare. Il fenomeno mafioso, infatti, non riguarda solo le persone, ma colpisce anche le opere pubbliche. I finanziamenti della mafia hanno come unico scopo ottenere un riciclaggio di denaro secondo gli interessi di specifiche persone. Sono dunque opere a fin di male, spiega Stancanelli.   

Leonardo Sciascia 

Sciascia denuncia che la mafia faccia da “cuscinetto” tra lo Stato e i cittadini, non per aiutare il singolo, ma per arricchire sé stessa. Ad esempio, nel romanzo, Salvatore Colasberna è presidente di una impresa edile e viene assassinato proprio perché lavora in maniera onesta senza usare materiali scadenti ma i suoi fratelli, quando vengono interrogati dalla polizia, assumono un atteggiamento omertoso a causa della paura di eventuali conseguenze, nel caso avessero parlato.

Con l’andare avanti delle indagini, si inizia a pensare che si tratti di un delitto passionale, quindi meno “rilevante”. E’ infatti proprio questo che fa la mafia: spostare l’attenzione da sé, per nascondersi.

Contro il sistema mafioso e l’omertà si schiera il capitano Bellodi, simbolo di tutti i combattenti contro la mafia. Egli conduce le indagini, ma, pur sapendo come fossero andate realmente le cose, non riesce a dimostrare la verità, che era stata smantellata.

La scrittrice distingue nell’Italia del secondo dopo guerra due tradizioni di intellettuali, i razionalisti, engagé, ispirati al modello francese e gli spirituali, metafisici come il poeta e scrittore Pier Paolo PasoliniSciascia, dice, fa parte della tradizione razionalista proprio perché vuole raccontare l’Italia con lucidità partendo dalla Sicilia.

Lo scrittore utilizza una metafora emblematica per indicare l’espansione della mafia al Nord:

Forse tutta l’Italia sta diventando Sicilia… A me è venuta una fantasia, leggendo sui giornali gli scandali di quel governo regionale: gli scienziati dicono che la linea della palma, cioè il clima che è propizio alla vegetazione della palma, viene su, verso il nord, di cinquecento metri, mi pare, ogni anno… La linea della palma… Io invece dico: la linea del caffè ristretto, del caffè concentrato… E sale come l’ago di mercurio di un termometro, questa linea della palma, del caffè forte, degli scandali: su su per l’Italia, ed è già oltre Roma…”  

Secondo la teoria della palma, si pensava che ogni anno la linea della crescita delle palme sarebbe salita verso il Nord. Per questo ritenevano che, dopo alcuni anni, sarebbero nate palme dove allora non si pensava potessero crescere. Secondo Sciascia, la linea della mafia si sarebbe comportata nello stesso modo. Pensava che la mafia avrebbe trionfato anche in luoghi che non sembravano raggiungibili da essa. Come accaduto in Sicilia, i due sistemi presenti nella regione si sarebbero fusi, quello della mafia sarebbe entrato nello Stato. Come aveva vinto al Sud, avrebbe vinto anche al Nord

Da questo suo pensiero, capiamo quanto Sciascia avesse già all’epoca compreso appieno il funzionamento dell’apparato mafioso. Infatti, tutto ciò che aveva immaginato si è verificato ed è tutt’ora attuale. 

Stancanelli sostiene che, per combattere individualmente la battaglia contro la mafia, l’arma migliore sia il rispetto della legalità:

la mafia è come una pianta, se non viene annaffiata appassisce. 

Ma, come ci ricorda il titolo del romanzo, la mafia lavora di nascosto, come una civetta durante la notte.  Il giorno in cui potrà agire alla luce del sole, avrà vinto.