La leggenda rinascimentale di Medea Colleoni

 
 

«Giovine, so che vuota è la tua tomba
la nella cerchia ove le primavere
della morte una candida colomba

reca, Medea nata del Condottare
di bronzo, quella che i suoi rosei marmi
disfoglia come rose di verziere.»

(G. D’Annunzio, Merope)

Nel 1470, nel Castello di Malpaga, corte del grande condottiero bergamasco Bartolomeo Colleoni, muore di polmonite, a soli 15 anni, la giovane Medea Colleoni.

Il padre, allora settancinquenne che, secondo la tradizione, la amava profondamente, ingaggia il giovane scultore Giovanni Antonio Amadeo per realizzare il monumento funebre di sua figlia, regalando a Bergamo quella che è stata definita come “la più bella delle effigi che riposano in terra lombarda”.                       

Sul sepolcro, di marmo bianco di Carrara, decorato da stemmi gentilizi, simboli di potere, e dall’altorilievo con Cristo in Pietà, immagine sacra ricorrente nell’arte funeraria, giace la statua della giovane. Una statua bianca come la luna, che traspira il dolore della perdita ma anche l’intenso amore di un padre che non riesce a staccarsi da quella che è la bellezza della figlia, una ragazza dal volto diafano e leggero che evoca una struggente e pura meraviglia.

Il profilo della scultura risulta delicato, le palpebre chiuse sugli occhi gentili, le trecce raccolte sul capo, lei immobile, immota e silenziosa, abbigliata con un abito di velluto operato.

Medea viene dapprima tumulata all’interno del Santuario della Basella, presso il paese di Urgnano, nella pianura bergamasca, una delle numerose proprietà terriere di Colleoni, successivamente,  Colleoni decide di farla tumulare in città, dove già aveva fatto costruire il proprio mausoleo, la Cappella Colleoni.

La Cappella venne progettata da Giovanni Antonio Amedeo, scultore, ingegnere ed architetto tra i più importanti di quel periodo, che già aveva progettato il monumento funebre di Medea. Nel corso dei lavori per il trasferimento del corpo, fu rinvenuto, accanto ai resti della giovane, un uccellino, animale al quale la ragazza era molto affezionata. Suo inseparabile compagno, con cui passava il tempo e giocava. La leggenda popolare ci ricorda che anche il piccolo volatile morì, pare di crepacuore, alla morte della giovane padrona.

Bartolomeo volle allora che l’animaletto accompagnasse la figlia nell’ultimo viaggio. Un piccolo e forse insignificante particolare, ma che aggiunge qualcosa nella ricostruzione della personalità del Colleoni, che ci piace pensare fosse un tenero padre.

Questo uccellino imbalsamato, in seguito al suo ritrovamento, è stato riposto e conservato  all’interno di una campana di vetro, nonostante fosse ormai solo uno scheletro messo sopra un cuscino. Ha continuato, in questo modo, a fare compagnia a Medea.

 

Luisa Isabella Ghiran