Le donne nell’antica Roma

Nell’antica Roma il luogo riservato alla donna era la domus, dove aveva il compito di occuparsi dei figli e dare loro la prima educazione sui valori dell’antica civiltà romana, ovvero il mos maiorum.

A differenza delle donne greche, quelle romane potevano uscire. Infatti partecipavano ai banchetti, alle feste, andavano a teatro e potevano guardare gli spettacoli dei gladiatori se accompagnate da un uomo e sedendosi in ultima fila. Nonostante potessero partecipare agli eventi pubblici, era vietato loro bere vino, perché  considerato come tradimento verso il proprio marito, poiché da brilla la donna poteva commettere atti impuri e quindi, come qualsiasi altro tipo di adulterio,  poteva essere uccisa.  C’era anche un vero e proprio “test” chiamato ius osculi, tutti i parenti della donna avevano il diritto di baciarla per assaporare le labbra e scoprire se aveva davvero bevuto vino. Purtroppo molti approfittavano dello ius osculi, mettendo la donna  in condizioni di disagio.

Per quanto riguarda la posizione sociale delle donne, queste  venivano classificate in base alla loro età. Le bambine fino ai dodici, tredici anni venivano considerate puellae, dai tredici anni in poi, dopo l’età dello sviluppo, erano chiamate virgo, o vergini. Una volta diventate mogli con prole, quindi con una discendenza, venivano dette matronae. Dopo la morte del marito, diventavano vedove ( viduae) .

Le donne vivevano in una condizione di inferiorità rispetto all’uomo. In caso fossero colpevoli di adulterio, il marito poteva scegliere per la loro sorte. L’uomo aveva invece la possibilità di tradire la propria consorte con una schiava o una libertina senza alcun tipo di conseguenza. Gli uomini avevano anche pieni diritti, se erano cittadini potevano votare, eleggere e farsi eleggere senza alcun problema, invece la donna non poteva. Anche solo per svolgere diritti civili, come fare testamento o ereditare somme di denaro, aveva bisogno di un uomo. Infatti la donna passava dalle mani del padre a quelle del marito, in caso di morte, veniva scelto un altro tutore tra i parenti o gli amici del padre, o se lo possedeva, il figlio.

Nonostante questo ci furono donne che si batterono per i loro diritti. Ci furono numerose proteste, come ad esempio quella per la Lex Oppia, che proibiva alle donne di sfoggiare  più di mezza oncia d’oro, quindi anche gioielli e pietre preziose. Riuscirono a far abrogare la legge, ma purtroppo qualche anno dopo, visto che le donne avevano troppe ricchezze e possedevano grandi somme di denaro, emanarono un’altra legge che vietava loro di ereditare grandi possedimenti.

Per le giovani romane il matrimonio era un rito religioso e legale molto importante, quasi fondamentale, in quanto la società romana si fondava proprio sulla famiglia. Le donne si sposavano intorno ai quattordici anni, mentre gli uomini intorno ai 17. All’epoca non esistevano veri e propri matrimoni d’amore, principalmente si trattava di matrimoni combinati e di convenienza. Era la famiglia a decidere per il futuro della propria figlia femmina, scegliendone il futuro marito senza che essa potesse opporsi. Prima  del matrimonio avveniva un rito di fidanzamento dove l’uomo consegnava alla futura moglie un anello  e al futuro suocero una somma di denaro come simbolo di pagamento per la mano della ragazza.

Per quanto riguarda l’istruzione, le bambine romane imparavano a leggere, scrivere e a far di conto se i genitori potevano permettersi un insegnante privato. Una volta sposate potevano ancora continuare a studiare, sempre con maestri privati, ma era molto raro, sia per il costo sia perché era difficile occuparsi di un bambino e contemporaneamente studiare.

Le donne  romane svolgevano infatti prevalentemente lavori domestici. Allo stesso tempo però c’erano le balie, le nutrici e le allevatrici che si occupavano della cura di neonati e più generalmente di bambini.

C’erano diverse altre occupazioni che le donne assumevano: le pescivendole e le erbivendole che si occupavano di un lavoro più commerciale, le tessitrici, le lavandaie, le massaggiatrici (queste ultime erano soprattutto schiave che lavoravano all’interno delle domus per le proprie padrone).

Il compito più importante per le donne, oltre all’istruzione etica e morale dei figli, era l’organizzazione e gestione della domus. Le donne avevano il controllo e l’accesso a tutte le stanze tranne che per le cantine, luogo in cui veniva conservato il vino, poiché come detto precedentemente, bere vino era considerato atto di tradimento.

Particolare attenzione era rivolta agli abiti. In particolare utilizzavano come biancheria intima una fascia di lino abbastanza succinta che veniva avvolta attorno alle cosce e legata in vita. La donna ricca e benestante indossava abiti simili a delle tuniche chiamate stolae. Erano ampie e lunghe fino ai piedi, per lo più smanicate. Per questo motivo, come segno di rispetto, erano molto usati dei veli proprio per coprire le spalle. Gli abiti erano molto colorati e decorati, spesso anche ricamati. Le matrone romane amavano i fiori, e usavano legarli alle vesti, metterli tra i capelli e metterli sui sandali. Nelle zone nordiche, più fredde, erano solite indossare mantelli e pellicce per proteggersi dalle basse temperature.

Non potevano mancare certo le cure estetiche : le donne raffinate ed aristocratiche avevano una vera e propria serie di schiave dedicate ad occuparsi della cura estetica della propria padrona. Le donne delle classi medie si arrangiavano come potevano e quelle delle classi più povere avevano certo altri problemi a cui pensare.

I capelli erano solitamente molto lunghi in modo da poter essere prima pettinati con pettini preziosi in avorio, e poi raccolti in acconciature. Le acconciature potevano variare in base alle mode del tempo, ma generalmente i capelli venivano acconciati con due trecce attorcigliate dietro alla testa. Molto rinomato era l’effetto boccolo, utilizzato tuttora, che veniva effettuato attorcigliando piccole ciocche di capelli ad un ferro molto caldo.

Non mancarono comunque donne realizzate nel campo dell’arte. Alcune si distinsero come poetesse, come ad esempio Sulpicia, la prima poetessa latina di cui si conoscano i versi, o potevano suonare diversi strumenti musicali, come la lira, la cetra ed il flauto , coltivare l’arte del canto, come Terenzia, che cantò in pubblico per celebrare la vittoria di Cesare sulla Gallia o l’arte della pittura. Addirittura si conoscono personalità al femminile che si dedicarono alla medicina, non è un caso  in quanto a loro spettava la cura dei bambini, e così impararono ad utilizzare erbe curative, scoprendone funzioni e proprietà.

 

Sofia Franzone 

Alice Racciatti