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Sulle tracce della filosofia – Intervista al professore Giovanni Maddalena

Nella mattinata del 15 gennaio si è tenuta in auditorium una lectio magistralis sulle “Verità e falsità nella comunicazione attuale”. Partendo dalla nascita della parola e passando per l’invenzione della stampa e, poi, mezzo millennio dopo, per la creazione di internet, è stato possibile esplorare il mondo della comunicazione nella società odierna e soffermarsi in particolare sullo strano universo delle fake news

Alla fine del convegno,tra una risata e l’altra, immersi negli scaffali della biblioteca,  il professore Giovanni Maddalena – speaker dell’incontro – ci ha concesso una breve intervista.

Lei ha un lungo curriculum e si è occupato negli anni dei più svariati temi. Cosa, però, la entusiasma – o l’ha entusiasmata – più di tutte le altre?
Diciamo che in generale mi entusiasmano tutte le cose che ho fatto, raramente mi cimento in qualcosa in un cui non credo, per cui mi interessa tutto quella che va dalla logica, alla matematica, alla metafisica, passando poi anche per Vasilij Grossman, un autore che si è occupato dei totalitarismi, e il macrosettore della comunicazione.
Il filo conduttore che lega tutto ciò è la mia curiosità, che mi porta a cercare e capire la verità delle cose, in cui credo fermamente. Ecco questo è già un tema filosofico.


Tra le altre cose, lei ha intrapreso anche la carriera da professore universitario. Cosa l’ha portata a questo? Ad oggi se ne pente?


No, pentirmene mai. Fare il professore universitario è bellissimo, poichè ti permette di vedere come si svolge la ricerca al suo massimo livello in tutte le discipline. Poi tutta la comunità accademica internazionale è molto affascinante: tutti i saperi nei loro vertici si riuniscono e ci si può rendere conto di cosa vuol dire fare ricerca, mettere in campo la propria creatività e dare vita a scambi di pensiero anche molto interessanti. Quindi non me ne pento, certo non è una carriera in cui si guadagna tanto questo è chiaro, però si gira il mondo! Ecco, questo potrebbe essere uno dei benefits della vicenda. A portarmi a questo punto è come al solito una serie di eventi casuali, semplicemente arrivati ad un determinato momento ci si rende conto di avere un talento e di trovare facile qualcosa, che magari per gli altri non lo è.


Ho ufficialmente esaurito le classiche domande bonus, procedo con quelle un po’ più consistenti. Allora, il modo in cui la filosofia – e per estensione la figura del filosofo – viene vista e percepita dalla comunità è ovviamente cambiato nel corso dei secoli, a seconda delle circostanze. Secondo lei, oggigiorno, che rapporto abbiamo con essa?
Ah no, i filosofi non valgono nulla – quindi è facilissimo rispondere. Questo accade soprattutto in Italia, e ancor di più negli Stati Uniti. Ci sono Paesi in cui la figura del filosofo ha la sua importanza, come ad esempio la Francia, dove ho avuto occasione di insegnare, o il SudAmerica, diciamo che dipende molto dalla cultura intrinseca del luogo. In Italia purtroppo i filosofi valgono molto poco perché abbiamo un pessimo retaggio dell’idealismo e del positivismo di fine Ottocento, a cui la nostra scuola è ispirata. Nel bene e nel male ci sono le cosiddette scienze dure, come la matematica, la chimica e la biologia, e poi ci sono le chiacchiere, quindi filosofia, letteratura e così via. In posti seri e in tutte le epoche serie la filosofia e la scienza vanno a braccetto.


A proposito di questo, con l’avanzare della tecnologia, si è data grande importanza alle scienze, magari a volte tralasciando la parte umanistica della vita. Ma quanto, nell’effettiva realtà, quest’ultima fa parte della nostra quotidianità e quanto è importante anche per relazionarci con le discipline scientifiche?
Sicuramente molto, infatti ora c’è il girone di ritorno: i filosofi sono molto ricercati per discutere su tutte le

cose nuove, in particolare sulla tecnologia. Siamo, per esempio, continuamente invitati a parlare dell’intelligenza artificiale o di generatori linguistici, e tutto questo perchè siamo in un’epoca di rivoluzione e non capendo cosa succede, i filosofi tornano ad essere importanti. Infatti in tutte le parti del mondo si sta scoprendo ora quanto anche per fare informatica si sollevino questioni filosofiche.


La materia che insegna per definizione è qualcosa che spinge l’uomo a farsi domande e a ricercare la verità. Per noi giovani, quanto ciò è fondamentale, soprattutto in un’epoca in cui siamo continuamente bombardati di informazioni? E soprattutto, da professore, quale crede che sia il “rapporto ideale” che tutti dovremmo avere con la filosofia, appunto?

Gli esseri umani, intanto, che lo vogliano o no, fanno della filosofia: chiunque segue la propria filosofia, qualunque cosa stia facendo. Ecco, il pensare a cosa si stia facendo, poi, è un dono – o una malattia – riservato a pochi. Quindi, in generale io penso che sia qualcosa che ci si ritrova addosso – possiamo chiamarla dono o malattia, queste sono scelte personali. Dopodiché c’è bisogno che quel dono venga sfruttato e coltivato, non da tutti perchè forse non è il caso che diventiamo tutti filosofi, altrimenti non faremmo più nulla… Però forse è il caso che torniamo a renderci conto di quanto in ogni scoperta di carattere scientifico ci sia un forte impianto filosofico. E più ne siamo consapevoli, meglio è. Ogni ricercatore di altissimo livello, per esempio, lo è.


In una società veloce e superficiale, in cui l’istruzione è sí alla portata di tutti, ma in fin dei conti, apprezzata e sfruttata al meglio solo da pochi, che ruolo hanno i professori e cosa si potrebbe fare per implementare ulteriormente nei ragazzi la passione per la cultura e la voglia di andare in profondità nelle cose, e quindi non lasciarli semplicemente soffermarsi sulla superficie?
Per questa domanda dovremmo stare qui a parlare per sei ore, perché è una questione universale. Sì stanno succedendo molte cose nel mondo, quello che è vero è che purtroppo la cultura di punta è riservata a pochi, ma questo lo è sempre stata.
Il problema sarebbe invece che scendesse un po’ di più ovunque, anche soprattutto come gusto. Da questo punto di vista io credo che ci siano responsabilità molto forti di comunicazione, in particolare di quella pubblica e statale. Perchè, per esempio, in Francia c’è più rispetto in quello? Perché in qualunque trasmissione della televisione pubblica invitano esperti a spiegare determinati temi o argomenti. In Italia questo non avviene e tantomeno negli Stati Uniti, perché il problema è – come vedi anche tu dalle domande che mi fai e le risposte che ti do – che per pensare a una cosa ci vogliono più di trenta secondi, e quindi forse quella che si può cambiare è una comunicazione in cui si accetta il fatto che per rispondere si impieghino tre minuti e non trenta secondi. In così poco tempo la filosofia non ha spazio, e così nemmeno la cultura.


Per concludere, perché si è scelto proprio il tema delle verità e falsità nella comunicazione per il convegno che si è tenuto oggi?
Diciamo che sono arrivato ad occuparmene perché mi interesso molto di logica, e il vero e falso sono i suoi principi base. Se ci si dedica alla logica, non entrare in un dibattito dove tutti parlano di vero e falso vorrebbe dire disinteressarsi al proprio universo.


Grazie mille per le sue risposte, professore!


Grazie a te!

Alessandra Masciantonio

Foto di Ilaria Sputore