• Home
  • Blog
  • Articoli
  • Non dimenticare e fare memoria, la nostra parte è sempre importante

Non dimenticare e fare memoria, la nostra parte è sempre importante

La testimonianza dei genitori di Dodò, vittima di mafia.

di Carlotta Maria Berni, Edoardo Malfettani, Giovanni Porceddu, Emma Riciputi, 2B

Il 20 Settembre del 2009 Domenico Gabriele, detto Dodò, un bambino calabrese di 11 anni, è stato vittima innocente di mafia.

Ancora oggi, a distanza di quasi 15 anni, i suoi genitori, Giovanni Gabriele e Francesca Anastasio, si recano nelle scuole di tutta Italia per portare la loro testimonianza e passare il loro messaggio: sfatare il falso mito secondo cui la mafia seguirebbe un codice per cui donne e bambini andrebbero risparmiati.

Il 20 febbraio i genitori di Dodò hanno portato la loro testimonianza nella nostra scuola. L’incontro, durato due ore abbondanti, è iniziato con la visione di un toccante filmato realizzato da Bruno Palermo, in cui i compagni del bambino raccontavano del proprio rapporto con la vittima. In seguito è intervenuto prima il padre, il quale ha narrato le vicende della sera del 25 giugno. Successivamente è intervenuta anche la madre, che ha raccontato come hanno affrontato la situazione, i sentimenti che hanno provato e il motivo per cui si recano nelle scuole a raccontare la loro esperienza.

Capita spesso di essere convinti che la mafia sia una piaga che riguarda solo il meridione del nostro paese. Ma episodi come la recente scoperta di 60 kg di cocaina a Savona, raccontataci dal pubblico ministero Luca Traversa, ex alunno del liceo, da sempre sostenitore di Libera e presente all’incontro,  dimostrano che la criminalità organizzata è più vicina a noi di quanto potremmo pensare.

La storia di Dodò

Domenico Gabriele era un bambino molto intelligente, allegro e di carattere sensibile. I suoi amici lo consideravano un punto di riferimento. Dodò amava il calcio sin da piccolissimo, e la sua squadra del cuore era la Juventus.

Il 25 Giugno del 2009 il padre Giovanni aveva una partita di calcetto in un campo vicino al paesino in cui abitavano. C’erano più di 50 persone, fra cui Gabriele Marazzo, che aveva un debito con la mafia locale di circa 350 euro. D’improvviso alcuni colpi di Calibro 12 lo fanno morire sul colpo. Oltre al bersaglio prescelto però, ad essere colpite sono altre dieci persone, di cui solo otto si salveranno.

Il piccolo Dodò, ferito alla nuca, è soccorso immediatamente dal padre, il quale capisce presto di non poter fare nulla. Chiama quindi i soccorsi, che lo porteranno nell’ospedale di Crotone, per trasferirlo poi a Catanzaro. Il 20 settembre 2009, dopo numerosi interventi, il bambino viene a mancare.

In seguito a diverse indagini, che non avevano portato nessuna conclusione, uscì infine fortunosamente allo scoperto l’identità dei due sicari che avevano sparato da un boschetto limitrofo: Vincenzo Gratto e Andrea Tornicchio, al tempo diciannovenne. A tradirsi fu proprio Tornicchio, durante una visita in carcere al fratello: venne infatti registrato il colloquio fra i due, durante il quale essi parlarono dell’accaduto.

 

 

 

Una riflessione per tutti

Come faccio a vivere senza di te?”, si è chiesto il padre all’inizio dell’incontro con le lacrime agli occhi. “Con grande dolore per noi, ma tanta voglia di vivere”. Con una grande missione da portare avanti, e con la convinzione che dal male possa nascere il bene; che da un’esperienza tragica come questa possano scaturire la necessità e la determinazione di fare qualcosa.