UNA GRANDE FILOSOFIA DI VITA: LA MINDFULNESS

Il termine mindfulness è una parola inglese che vuol dire consapevolezza, che si riferisce prima di tutto ad un’esperienza diretta. Tale cognizione può essere raggiunta mediante la messa in pratica di particolari tecniche di meditazione derivanti da quelle impiegate nel buddhismo classico.

Il metodo consiste nel prestare attenzione in modo intenzionale, consapevole non giudicante all’esperienza che accade nel momento presente, nel qui e ora. Il presente rappresenta, in un certo senso, l’unico periodo che esiste, per assurdo però, è ciò a cui ci dedichiamo di meno, sempre occupati come siamo con la mente a ricordare il passato o ad anticipare il futuro.

In particolare la mindfulness invita ad osservare con curiosità le proprie esperienze, con atteggiamento aperto, curioso e non giudicante. Si basa sull’applicazione di sette principi, chiamati pilastri, i quali ci aiutano ad approcciarci nel modo più efficace alla meditazione, ricavandone vantaggi grazie ad un nuovo approccio più consapevole sia nelle diverse situazioni ed eventi che viviamo che nelle relazioni interpersonali.

Quando si pratica costantemente la Mindfulness emergono gentilezza, compassione, apertura del cuore e gratitudine. Molte ricerche scientifiche ne comprovano l’efficacia per il benessere psicofisico; a partire dagli anni ’70 infatti viene adottata dalla medicina occidentale come tecnica per contrastare il dolore cronico causato da patologie fisiche importanti.

Può essere applicata in tutti gli ambiti, sia privati che lavorativi. Anche nelle scuole può rivestire un ruolo importante, sia per gli insegnanti (per trovare rimedio a malesseri e disagi come stress, ansia, insoddisfazione) che per gli studenti (utile all’apprendimento e nei problemi comportamentali, promuove inclusione e benessere).

Non è una tecnica di rilassamento né tantomeno una forma di “buonismo” che ci spinge ad accettare tutto, ad accogliere senza critiche quello che ci accade; è un atto che parte dall’attenzione e dal modo in cui la usiamo e che ci porta a far spazio anche a disagio e sofferenza (che solitamente tendiamo a rinnegare) scoprendo di poterli accogliere, non combattere, trovando così dove possibile, le vie per gestirli, farne motivo di crescita. Proprio questo si intende con “accettazione/accoglienza”. Per questo motivo penso sarebbe auspicabile che questa pratica venisse introdotta nelle scuole e che sempre più persone, anche nella loro vita privata, ci si avvicinassero.

Chiara Delle Pulle 3AL