Lettera di una lavagna d’ardesia

Cari ragazzi,

vi scrivo questa lettera per raccontarvi un po’ della mia vita, di come me la spasso da quando mi rimpiazzate con le nuove tecnologie… e non me la passo tanto male! In qualità di lavagna d’ardesia vi posso assicurare che le cose nel corso degli anni sono cambiate molto. Io sono nella vostra scuola da sessant’anni, sempre nello stesso luogo, sempre nella stessa stanza. Questa è la mia vita. Nel corso di sessant’anni molte cose sono cambiate: insegnanti, alunni… Ma io sono sempre la stessa.

Pensate che nel 1956 ci fu il mio primo giorno di lavoro: ricordo che c’erano i bambini maschi in fila indiana contro il muro, avevano degli adorabili grembiulini neri con collo bianco e stavano aspettando il loro turno per l’interrogazione di italiano. Le ragazze, invece, ascoltavano silenziosamente la maestra mentre interrogava i compagni. Con quegli occhietti vispi e la schiena più dritta di un righello, erano attente e vigili. Avevano tutte il grembiule nero con al collo un grande fiocco rosso, elegante e delicato. I capelli erano legati in accurate crocchie, per le ragazze più grandi, e in bizzarri ma ordinati codini per le bambine più piccole. Erano tutte uguali, tutte con le stesse pettinature, tutte con gli stessi abiti. Una volta, infatti, si esigeva che tutti gli alunni o le alunne fossero preparate e acconciate a regola d’arte. Oggi non è così… quando la mattina i ragazzi entrano in classe per la lezione sono tutti in disordine: per esempio c’è un vostro compagno che quando entra a lezione è mezzo addormentato.

Vedo le ragazze conciate come se dovessero andare a una festa di carnevale, tutte truccate di nero con labbra rosse come il fuoco o nere come la morte. Gli occhi sono invasi da chili di matita e le ciglia sono appesantite da cosmetici vari. Per non parlare dei vestiti! C’è chi viene con il grembiule, c’è chi viene senza, c’è chi usa jeans strappati e c’è chi usa comuni pantaloni neri. Un cambiamento enorme. Come ormai succede in tutte le scuole, le nuove tecnologie (LIM, tablet) ci stanno rendendo sempre più inutili. Ormai le lavagne non servono più tanto come una volta, quando le maestre interrogavano gli alunni quotidianamente. Quando ogni giorno i miei amici gessetti mi facevano il solletico o quando (se la maestra era arrabbiata) mi tiravano pugni e graffi.

Quei tempi sono ormai finiti. Ora ci sono i “proiettori” e le “LIM”: che barba! Ogni giorno con un click si abbassa un telo bianco che mi copre completamente senza lasciarmi respirare. Con il tempo io e il telo siamo diventati buoni amici, mi ha spiegato che non è colpa sua se quattro volte al giorno si cala verso il basso coprendomi. La mia acerrima nemica è la lavagna LIM. Durante le lezioni di matematica ad un certo punto i ragazzi mi danno le spalle e fino alla fine dell’ora non tornano a girarsi. Riguardo agli insegnanti una volta erano molto più severi ed esigenti, non mancavano le verifiche e le interrogazioni a sorpresa! Se qualcuno si comportava male, i maestri frustavano le mani innocenti e piccole dei bambini o praticavano altre punizioni più dolorose. Adesso, invece, i voti vengono regalati e gli alunni non sono più puniti. I professori avvisano due settimane prima di una verifica e non sono troppo esigenti.

Vi suggerisco di continuare così, siete un bel gruppo classe, dovete solo imparare a fare meno chiasso e ad andare più d’accordo tra di voi! Ora io verrò portata via dalla scuola, sono anziana e devo andare in pensione. Mi dispiace lasciare questa scuola favolosa, mi mancherà.

 

                                                                                                                                             Un addio

La lavagna della 2B

 

P.S. Pensatemi quando verrete interrogati su una lavagna vera.