DIGITO…ERGO SUM

“ Cogito ergo sum” scriveva Cartesio giustificando l’esistenza dell’uomo, non concepito come una marionetta priva di personalità, bensì un essere cosciente di se stesso e della propria personalità in quanto in grado di pensare e pensarsi. Elaborando un simpatico parallelismo verificabile nella contemporanea società liquida vediamo cosa succede quando la locuzione cartesiana si trasforma in un “digito…ergo sum”. Non si vuole assolutamente demonizzare nessun tipo di socializzazione e comunicazione digitalizzata, radicata nella nostra quotidianità e, lo sappiamo, estremamente utile in innumerevoli questioni. I social network sono un mondo affascinante, carico di spunti per coloro che studiano le tendenze della società, valido aiuto per comprendere i progressivi cambiamenti dell’individuo. Siamo consapevoli del fatto che dietro ad ogni positività si celano degli aspetti negativi e una giusta analisi  considera questi due fattori e va a definire ciò che è il nostro “pensiero critico”. Tra gli aspetti negativi si annoverano i famosissimi abusi di privacy, stalking e soprattutto cambi di identità. Immaginiamo di essere fattori di una “relazione matematica” che vede in rapporto tra di loro in un  determinato equilibrio: l’individuo, i social network e il mondo reale e socializzato.  Con quel cosiddetto “pensiero critico” cerchiamo di capire quanto questi profili online rappresentano in modo veritiero la nostra personalità e soprattutto cosa succede quando si perde l’armonia tra i tre elementi della nostra relazione.  Prerogativa dei social è quello di creare un ambiente  in cui il mondo reale si fonda con quello virtuale, ambiente in cui diventa possibile gestire la propria identità sociale. Se si altera la nostra “relazione matematica”, questo ambiente porta le persone alla perdita dell’esame obiettivo di realtà, a creare una personalità fluida, flessibile, precaria, insicura, mutevole ed incerta. Lo scopo diventa far vedere agli altri ciò che di bello ci accade, mostrare appunto chi siamo, cosa facciamo, cosa viviamo. Questa personalità è però una personalità filtrata, in quanto si mostra solo ciò che si vuole mostrare, si costruisce un “IO” fittizio e vedremo appunto che non corrisponde al concetto puro di condivisione, perché è un semplice “far partecipi” che molto di diverso possiede dalla vera condivisione. Da questo momento sono mutati infatti alcuni  fondamentali delle relazioni interpersonali, primo fra tutti l’amicizia. Nella vita reale l’amicizia si avvale di valori d’intimità e di fiducia. Si basa su un dialogo che prevede la condivisione di mille sguardi e silenzi. Una certa fisicità che porta a gesti d’affetto è d’obbligo nell’amicizia, dove gli aspetti personali di ciascuno vengono condivisi rimanendo comunque tutelati da una clausola di privato. Con i social questa dimensione si abbatte e prende forma di “views”; “shares”; “like”; “reactions” con i conseguenti rischi che sono la costruzione di rapporti superficiali, “analfabetismo affettivo”, disinteresse emotivo. Fondamentale è dunque il mantenimento di un’armonia tra noi e il mondo reale, che non può essere ridotta alla socializzazione effimera proposta dai social ma deve essere una socializzazione alimentata quotidianamente da una ricerca interpersonale, supportata da un ascolto reciproco e dalla condivisone di esperienze concrete da vivere nella comunità. Questo continuo scambio mutualistico, questa ininterrotta rilettura personale è ciò che costituì il cogito cartesiano che va poi a saldare ciò che è la nostra personalità,  perché  da questo saremo sempre in grado di mantenere un pensiero ( c’è un confronto che ci porta a non cadere nell’ipocrisia di chi detiene in maniera assolutistica la verità) e in maggior modo di pensarsi (c’è la capacità di confrontarsi) senza le debolezze di un “profilo flessibile”.