La nave – Racconto

La fioca luce azzurra illuminava il piccolo tavolino al centro della squallida stazione di polizia di un paesino nella periferia di Londra. Adam non ricordava nemmeno come ci era potuto finire in un posto del genere. Era bastata una soffiata da parte di un qualche investigatore privato per ritrovarsi a quello scomodo appuntamento.
Dopo finalmente una buona mezz’ora qualcuno si degnò di entrare nel piccolo confessionale.
L’uomo aveva sulla cinquantina d’anni, carnagione pallida, barba sfatta di giorni e un grosso paio di occhi sbiaditi e stanchi. Si sedette pesantemente sulla sedia di fronte a lui e con un rapido gesto si accese un grosso sigaro vecchio tipo.
Dopo un paio di brevi boccate di fumo tirò fuori dalla tasca un vecchio registratore trasandato e con un suono netto fece scattare un piccolo tasto.
– Mercoledì 24 febbraio ore 23.30 interrogatorio al sig. Adam Woond –
il poliziotto, dopo l’annuncio di alcune informazioni burocratiche, incrociò lo sguardo dell’uomo:
– Buona sera – soffiò stanco.
– Buona sera – rispose l’altro
– Sa perché si trova qui? – chiese il poliziotto mentre trafficava con il vecchio registratore.
– No – rispose seccamente.
L’uomo alzò di nuovo gli occhi verso Adam. Il suo volto si era fatto a un tratto più serio.
– Molto bene – disse dopo un breve respiro.
– Che cosa ci faceva a Baghdad? –
– Come, prego?-
La mascella dell’uomo si contrasse leggermente: -Le ho chiesto che cosa era andato a fare a Baghdad? –
– Ho paura che questo colloquio si stia facendo alquanto pesante… –
L’uomo sorrise isterico.
– Questo non è un colloquio, è un interrogatorio: lo tenga bene a mente, sig. Woond – disse il poliziotto, tirando un lungo sospiro: – Ora io le rifarò la domanda e lei mi risponderà chiaramente, d’accordo? –
Adam annuì velocemente.
– Che cosa ci faceva il 27 novembre alle 16.57 a Baghdad? –
– Ho paura che sarà un colloquio alquanto lungo –
– Non si preoccupi. Lei ha tutto il mio tempo –
Adam guardò l’uomo con espressione indecifrabile. I secondi di silenzio si accumularono in minuti sempre più soffocanti sotto lo sguardo dell’uomo. Nascose sotto il tavolo le mani sudate e tremanti. Sapeva che non avrebbe dovuto parlare. Sapeva che avrebbe dovuto dire l’ennesima bugia. Eppure iniziò:
– Tutto ha inizio circa sei anni fa durante i miei anni impiegati al conseguimento del dottorato in astrofisica. Ero a un noioso congresso di un qualche egocentrico dottore e a un certo punto il mio compagno di stanza, Jonathan, se ne esce con un: “Porca miseria, Adam, ti immagini se si potesse avere la propria nave e viaggiare per isole sperdute?” –
L’uomo bruscamente lo interruppe stranito: – Mi scusi ma non riesco a capire che senso hanno le navi con tutto ciò? –
Adam lo guardò divertito. Amava confondere le persone.
– A lei piacciono le metafore? –
L’uomo corrugò la fronte: – Come, scusi? –
– Deve sapere che io non so parlare se non tramite metafore. È come un gioco per me, tutto ciò che io dico ha un significato intrinseco, un piccolo indovinello che solo il diretto interlocutore può capire. Mi comprende signore? –
Il poliziotto sorrise nervoso: – Mi sembra roba da pazzi egocentrici –
Adam sorrise compiaciuto: – Esattamente –.
– Quindi, tutto ha inizio grazie a Jonathan. Il mio compagno di stanza inconsciamente mi aveva messo in testa un’idea da pazzi. Creare la prima nave mai esistita. Quindi inizio a studiare per costruirla, lascio pure il college per questo e spendo tutto il resto dei miei ultimi sei anni a lavorare a questo progetto. Nel frattempo ho conosciuto diverse persone che, più o meno, credevano nella mia idea, persone pronte a finanziarmi. Molti mi dicevano che era impossibile, che stavo buttando via soltanto anni di vita per una cosa da pazzi come quella nave. Avevo scollegato ogni contatto per lei, quella nave era diventata l’unica cosa rilevante. Ho studiato,viaggiato, pianto e a volte ho rischiato pure di finirci secco per lei. Ci sono voluti anni per crearla, eppure ce l’ho fatta. Quel 12 giugno di tre anni fa avevo dato vita nello scantinato di casa mia al primo “vascello speciale”.
Ora, il mio finanziatore, io e un gruppetto alquanto scarno di persone prendemmo il largo il giorno stesso e visitammo diverse isole. La navigazione era piuttosto veloce grazie alle modifiche apportate al mezzo e in meno di un giorno avevamo visitato ben diciotto “isole”. Roba da pazzi, insomma: lei non può nemmeno immaginare cosa vuol dire navigare così velocemente in certi mari, sembrava ogni volta quasi come se il tempo si fermasse. Visitammo terre talmente esotiche da farti credere di stare in un sogno. Ci furono diversi viaggi, facemmo avanti e indietro in quel mare per anni – .
Adam esitò visibilmente.
– Poi arrivò quel giorno – e la voce iniziò a tremargli.
– Vada avanti, prego – disse il poliziotto curioso.
– Circa un anno fa visitammo un’isola. La più strana e inquietante mai vista. Pioveva fuoco, il mare arrivava a onde alte come palazzi, sembrava di essere in un incubo – disse. Le sue labbra tremavano come foglie scosse dal vento.
– I ricordi da qui iniziano a farsi sempre meno nitidi; rammento di essermi voltato verso l’orizzonte e di aver visto una luce accecante diventare sempre più grande. Nucleare? No, quella non era luce terrestre. Ricordo di aver corso come un dannato verso la nave. Ho pensato: se salpo non ne verrò inghiottito. I secondi mi sembravano minuti, i minuti ore e io ricordo di aver corso per ore. Poi la vedo, quella dannata nave, mi aggrappo con tutte le speranze rimaste e parto –. Delle gocce di sudore gli brillavano come perle sul volto livido.
– Gli altri non ce l’hanno fatta. Li ho visti scomparire in quella luce insieme a tutto il resto –.
L’interlocutore spense il sigaro tremante.
– Volevo distruggere quel vascello: era forse la peggior arma mai creata. Ma come si può distruggere il lavoro di una vita. Decisi di nasconderlo. Nessuno avrebbe mai dovuto sapere della sua esistenza – disse. Adam sembrava davvero avere i nervi a pezzi.
– Ma la voce circola ed ora eccomi qui – concluse.
Il poliziotto guardò Adam in un silenzio sgomento. Si voltò verso il registratore e con un colpo netto interruppe la registrazione. Il respiro gli si fece affannoso.
– Mi dica il luogo e la data dell’evento, ora –.
Adam sorrise isterico, sembrava davvero che avesse capito il suo indovinello: – 25 ottobre 39.000.000.000 d.C. , Terra –.
Sofia Dezzi Bardeschi – Classe 2C Liceo Classico “Galileo” di Firenze