Il ragazzo del murales – Racconto

Era una mattina molto normale. Bar, giornale, una capatina alla libreria e lavoro come ogni giorno. Guardavo dalla vetrata del bar, in pieno centro parigino: sembrava un quadretto Parigi in quel momento, piuttosto silenziosa, devo dire. Come di consueto, il barista, nonché mio caro amico, mi fa trovare sul mio tavolino, la brioche integrale al miele delle 8.30, poi, esattamente due minuti dopo, un cappuccino con poca schiuma e un bicchiere di acqua non troppo frizzante. Ogni secondo è importante per me: come si dice, il tempo è denaro. Non ho mai fatto niente fuori dagli schemi in vita mia. Una volta ho cercato di marinare la scuola, ma i miei lo vennero a sapere e mi tennero una settimana in punizione. Non crediate che mi sia pentito di non aver fatto niente di spericolato! Tutte quelle cose che si fanno da adolescente, senza uno scopo, senza pensare alle conseguenze che potrebbero avere sul futuro. Baggianate per i miei i gusti… Sono fiero di essere una persona a modino, come direbbe mia nonna, seria e responsabile. Nonostante ciò, non sono affatto una persona triste o sola: il martedì, il giovedì il venerdì indosso sempre una cravatta stravagante, di solito sull’azzurro o sul giallo canarino e la domenica aiuto sempre i ragazzi della chiesa come catechista, per non dimenticare la cena del sabato da mia madre. Tutto sommato, nella mia normalità, sono una persona felice. Proprio quel giorno, senza nemmeno bussare (com’è educazione), doveva entrare nella mia vita una persona con lo scopo di stravolgerla… ma cominciamo dall’inizio.
Per tornare a casa devo, per mia sfortuna, attraversare una stradina desolata e mal frequentata. La cosa che mi dà sicuramente più noia sono i muri: completamente ricoperti da murales, disegni senza senso e scritte illeggibili, e le cose fatte senza un motivo, come dovreste aver capito, mi irritano moltissimo. Per quale motivo una persona deve sporcare un muro bianco e rovinare il suo perfetto cemento grigio che lo rende così… normale? Certe volte, proprio non capisco. Quel giorno però, e qui inizia l’incipit di colui al quale sta per accadere qualcosa, vedo un ragazzo. Stava dipingendo un pezzetto di muro con delle bombolette dai colori veramente orrendi, se posso permettermi. Il suo murales raffigurava un enorme vortice. Così decido di intervenire. Gli prendo bruscamente la bomboletta e gli dico che non si può permettere di imbrattare in quel modo i muri della nostra città, quella in cui lui stesso vive. Nonostante credessi di averlo convinto e di essere riuscito a mandarlo via, lui rimase impassibile. Vi dirò di più: mi sorrideva, invece, chiedendomi di scegliere un posto nel mondo e di dirglielo. Io, infuriato più che mai perché non aveva intenzione di ascoltarmi, gli chiedo spiegazione. Mi prende per la mano e mi dice di non aver paura. Poi mi trascina nel vortice del muro, che ci risucchia lasciando sulla strada la mia fedele ventiquattrore. Viaggiamo per tutti i paesi di questo mondo: attraversiamo i deserti dell’Africa, le foreste dell’Amazzonia, le spiagge affollate della California, le viuzze italiane e i templi orientali. Col giramento di testa e la voglia di vomitare, atterriamo in un posto bruttissimo, pieno di colori vivaci, estranei felici, grandissime giostre per bambini e dolcissime caramelle ovunque. Il ragazzo mi guida per mano fino a un posticino isolato da tutto. Iniziavo veramente a preoccuparmi. Poi lui comincia a parlarmi.
“Ho sentito dire che sei diventato una persona grigia” mi dice.
“Che intendi dire, piccoletto insolente?” gli rispondo con tono arrabbiato.
“Che sei triste, noioso, solo, sempre contenuto e riservato, come posso dirtelo? Vediamo, sei immersi un po’… nella solita routine, in un lavoro monotono, sempre con la mamma, privo di hobby: quasi un caso perso” ribatte lui. “Facciamo un esperimento:” continua “immagina di poter viaggiare in tutti i posti del mondo, a qualunque ora del giorno e senza dover tirar fuori una sola moneta. Bello, no?”
“Senti ragazzino, non ho intenzione di diventare strampalato come te, quindi se sei qui per tentare di cambiarmi, abbandona l’idea e riportami a cas…”.
Ma non faccio in tempo a finire, che lui mi tira per un braccio per riprendere il viaggio. Mi porta a New York, Miami, Chicago, Los Angeles e in moltissime altre città che non ho mai visitato prima. Devo dire che era davvero molto suggestivo: viaggiavamo letteralmente sopra il mondo a una velocità assurda, e mi sentivo molto Buzz Lightyear in Toy Story. Sentivo un’emozione strana, quasi come se mi piacesse tutto ciò.
“Adesso è il momento di tornare a casa. Spero che tu diventi una persona colorata”.
E con ciò, mi lasciò nella stradina desolata dell’inizio, solo come un cane e completamente spaesato. Io sono tornato a casa, era già buio…
Sofia Ranfagni Picchianti – Classe 2C Liceo Classico “Galileo” di Firenze