Mia dolce Selene!

 

È caldo e buio,
tutto silenzio misterioso
di quiete all’intorno.
Questa notte, restiamo soli io e te, oh Luna.
Dimmi vestale dal tornito e pallido viso:
“Qual è il fine di cotanto ragionare?
È forse il superamento delle mie ancestrali paure?
Stupide e insensate, martellanti ossessioni!
Dimmi, è forse l’inveramento dei miei sogni
o, forse, la loro improvvisa evanescenza?!
Codesta, infatti, è una chimera:
pura elucubrazione latente
negli anfratti della mia mente!
E cos’è, dunque, oh Luna questa sensazione,
che, qual novella Medusa,
mi paralizza, mi pietrifica nell’agire?
È il timore delle mie molte contraddizioni,
delle insolvibili imperfezioni,
dei peccati, dell’errore,
è mancanza di coraggio nell’intraprendenza,
del fervere dell’amore?
È inutilità, immobilità, inerzia assoluta
della vita che scorre, senza essere goduta?
Oh sovrana indiscussa del cielo, spiegami,
tu che siedi in pace, saggia, imperturbabile
ad osservare il moto perpetuo del mondo,
come posso provare tutte queste antinomie,
questi garbugli, risolti, per incanto, in unità?
Mi manca il respiro, mi sento mancare i sensi…
Il fondo della mia anima resta sconvolto,
in tremendo subbuglio!
Eppure amata Luna, scorgo in lontananza,
un tenue, appena accennato barlume di buio, luminescente di speranza…
Si disegna all’orizzonte una incerta,
delicata ombra dell’arco dell’alleanza!
È questo, mia dolce Selene,
a trattenermi qui,
con le pupille fisse, perdute nelle tue:
mi parli dei miei dilemmi interiori,
mi scopri le mie nudità, mi riveli vera a me stessa.
Questa piccola, ma grande percezione
m tiene abbarbicata a te, alla vita,
che, incondizionatamente,
mi rende amene, finanche,
i non sensi che essa mi dà!”.

Rachele Cassibba V A Liceo Classico – Istituto “G. Carducci” – Comiso (RG)