Mostri in soffita

Bum! Bum!
Sentivo questo rumore da un sacco di tempo. Dovevo scoprire cosa fosse. Sembrava un martello, un grosso martello, che batteva su qualcosa di grande.
Mi avvicinai alla porta da dove proveniva il rumore. La aprii, ed ecco spuntare il martello che mi colpì in pancia. Mi venne da vomitare, talmente forte fu il colpo subìto! Infatti, vomitai.
Guardai il volto di chi mi aveva colpito. Era orribile. Anche se vedevo tutto sfocato, si capiva che era fatto di gelatina.

Poi però mi accorsi che si trattava di una maschera e sapevo anche chi la stava indossando.
Era mio cugino Martino. Lui ha quindici anni, come me, i capelli biondi e ricci, come me, gli occhi marroni, come me, la pelle chiara, come me, è abbastanza snello, come me, e siamo alti uguali. Insomma, sembriamo due gemelli. L’unica cosa che non abbiamo in comune è il carattere: io sono intelligente, serio, ma anche divertente e curioso (a volte anche troppo). Martino invece è l’esatto contrario: è stupido, troppo scherzoso, ma non fa ridere nessuno, non gli interessa mai niente e sta tutto il giorno davanti alla TV, o a ideare scherzi contro di me.
Io mi chiamo Antonio e sono qui perché mia madre è incinta e mio padre è all’Hotel Sampra, vicino all’ospedale.
Sono dagli zii a Genova e ci rimarrò finché mia madre non partorirà.

Volevo urlare contro mio cugino e tirargli un cazzotto, ma non ci riuscii, per colpa del dolore.
Alzai lo sguardo e vidi la maschera che cadeva e Martino che rideva a crepapelle. Dopo un po’ il dolore svanì e andai a cercare Martino, visto che era scappato. Lo cercai ovunque, anche in cantina. Ma di lui neanche l’ombra. Non rimaneva che un posto: la soffitta. Io 0DI0 le soffitte. Quando ero piccolo, mio padre, che produceva film horror, raccontava che, spesso, nella storia c’era un mostro e un cadavere in soffitta!
Mi avvicinai alla porta della soffitta. Cercai di avere una voce da duro, per non sembrare spaventato, e urlai:” Martino esci fuori, se hai coraggio!!”. Nessuna risposta. Allora mi feci coraggio ed entrai…

Quando entrai vidi il “macello” che c’era in soffitta: c’erano due sedie, una con la gamba rotta, un baule chiuso, una corda, un pupazzo, della sostanza gialla, un po’ di colla, un divano rotto, delle bottiglie di vetro con dentro una sostanza verde, e altre cose varie. Visto che non vedevo bene feci qualche passo finché non sentì SLAM!! Mi girai e vidi che la porta si era chiusa!!
Allora corsi verso di essa e battendo i pugni urlai:” Aiuto! Martino, aiuto!!”. Dopo un po’ sentì una risata che riconobbi subito.
A quel punto, con tutta la rabbia che avevo in corpo gridai: “Martino!!!
Fammi uscire subito!!!!!!!!!”. Lui, continuando a ridere rispose:” Mi sa che devi rimanere qui a sbollire la rabbia. Ah! Ah! Ah!”.

Sentii i suoi passi allontanarsi. Io stavo per esplodere, poi, però, pensai a come uscire. Non c’era molto che mi avrebbe potuto aiutare, così cercai di aprire il baule.
Mi accorsi però che era chiuso a chiave; allora, dissi tra me e me che se era chiuso a chiave ci doveva essere qualcosa di prezioso o pericoloso.
Così mi misi a cercare la chiave.
Mentre la cercavo trovai due bottigliette e ne presi in mano una per capire cosa contenesse, Sembrava acido e sopra c’era scritto: “Acido per zombie”.
Me la misi in tasca e ricominciai a cercare. Finalmente trovai una chiave, la provai: era perfetta. Aprii lo scrigno ed ecco che da esso uscì un vento tremendo: così forte che mi sbatté contro la porta che si aprì e spaccò il vetro della finestra andando nel cimitero.
Alzai lo sguardo, confuso, e vidi uno spettro!!

Era grande e grosso, con capelli da serpente, gli occhi maligni e rossi e i denti così grandi e appuntiti che quelli di sopra toccavano il mento e quelli di sotto toccavano il naso lungo e appuntito.
Le unghie erano lunghe come i denti e i vestiti non si riuscivano a distinguere perché erano trasparenti!

Feci un urlo agghiacciante e mi catapultai fuori dalla porta. Scesi per le scale come un fulmine e urlai: “Martino! Scappa!!”.
Lui non mi sentì perché stava ascoltando la musica con le cuffie, al massimo volume.
Arrivai al piano terra e gli tolsi le cuffie.
Martino, infuriato, mi prese per il bavero e disse: “Adesso ti faccio vedere…”.
Non ebbe nemmeno finito la frase che mi buttò a terra e corse via urlando come un pazzo.
Io mi voltai e lo seguii a ruota!
Uscimmo fuori e ci voltammo. Il fantasma non varcava la soglia della porta e tornò in soffitta. Lo vidi che mi guardava maligno e che con la mano ci salutava come per dirmi “addio”!

Passarono ore e ore. Erano più o meno le 21:30 e avevamo molto freddo, sonno e fame.
Ci stavamo per addormentare quando sentimmo due voci chiamarci. Sembravano le voci di zia e di zio, ma avevamo qualcosa di strano qualcosa di morto: “Martinooo, Antoniooo”.
Non si vedeva molto bene, poi, però, vedemmo del sangue gocciolare, una mano verde, un piede verde fino a vedere zia e zio “zombificati”.

Le loro gambe incominciarono a prendere velocità e ad inseguirci. Noi incominciammo a scappare. Dalla tasca cadde l’“Acido per zombie” dal quale usci il liquido verde.
Io mi voltai e vidi gli zombie sciogliersi sulla macchia verde. Allora fermai Martino e gli feci guardare quello che stava succedendo. Tornammo indietro e capimmo che neanche da fuori avremmo potuto salvarci.
Io mi dissi che, se lo spettro era rimasto intrappolati nel baule per tutto questo tempo, avremmo potuto di nuovo intrappolarlo. Così salimmo in soffitta usando la scala del garage.
Quando entrammo in soffitta incominciammo a cercare la chiave. Finalmente Martino la trovò e in quel preciso momento il fantasma entrò.
Con la sua voce da demone disse: “Non mi farete entrare lì! Ah, Ah, Ah! Ah, Ah, Ah!”

Martino si mise a correre verso di me ed il fantasma o inseguì.
Quando fu a un metro di distanza da me, con il fantasma addosso, si abbassò. Il fantasma si girò e non vide che stava andando contro il baule aperto. Non appena fu dentro il baule io lo chiusi e Martino girò la chiave.
Io e lui ci scambiammo un’occhiata avvincente.
Però sentimmo un altro rumore. Martino si voltò ed entrambi vedemmo uno zombie che si avvicinava lentamente a noi.
Indietreggiammo ed io toccai una bottiglia dove c’era scritto “Acido per zombie”.
Mi sembrava un miracolo. Presi la bottiglia e la lanciai contro lo zombie.
Esso incominciò a traballare e buttò giù un armadio, poi ci guardò con aria malefica e si sciolse. Finalmente era tutto finito.
Io e mio cugino incominciammo a saltare per la gioia e a gridare: “Evviva, evviva!!!”
Stavamo per andarcene quando sentimmo: “Blurp. Slurp. Dlurp”.
Ci voltammo ed ecco comparire un mostro di gelatina gialla che lanciò il suo braccio su Martino che diventò di pietra.
Io guardai il mostro, poi guardai Martino e corsi fuori, ma il mostro mi aveva preceduto e lanciò l’altro braccio. Mentre mi stavo pietrificando pensai a mia madre e che volevo assolutamente rivederla; poi caddi in un sonno profondo.

Quando mi svegliai ero in ospedale, tra le braccia di mia madre… ed ero piccolo!
Bum! Bum!
Sentivo questo rumore da un sacco di tempo. Dovevo scoprire cosa fosse. Sembrava un martello, un grosso martello, che batteva su qualcosa di grande.
Mi avvicinai alla porta da dove proveniva il rumore. La aprii, ed ecco spuntare il martello che mi colpì in pancia. Mi venne da vomitare, talmente forte fu il colpo subìto! Infatti, vomitai.
Guardai il volto di chi mi aveva colpito. Era orribile. Anche se vedevo tutto sfocato, si capiva che era fatto di gelatina.

Poi però mi accorsi che si trattava di una maschera e sapevo anche chi la stava indossando.
Era mio cugino Martino. Lui ha quindici anni, come me, i capelli biondi e ricci, come me, gli occhi marroni, come me, la pelle chiara, come me, è abbastanza snello, come me, e siamo alti uguali. Insomma, sembriamo due gemelli. L’unica cosa che non abbiamo in comune è il carattere: io sono intelligente, serio, ma anche divertente e curioso (a volte anche troppo). Martino invece è l’esatto contrario: è stupido, troppo scherzoso, ma non fa ridere nessuno, non gli interessa mai niente e sta tutto il giorno davanti alla TV, o a ideare scherzi contro di me.
Io mi chiamo Antonio e sono qui perché mia madre è incinta e mio padre è all’Hotel Sampra, vicino all’ospedale.
Sono dagli zii a Genova e ci rimarrò finché mia madre non partorirà.

Volevo urlare contro mio cugino e tirargli un cazzotto, ma non ci riuscii, per colpa del dolore.
Alzai lo sguardo e vidi la maschera che cadeva e Martino che rideva a crepapelle. Dopo un po’ il dolore svanì e andai a cercare Martino, visto che era scappato. Lo cercai ovunque, anche in cantina. Ma di lui neanche l’ombra. Non rimaneva che un posto: la soffitta. Io 0DI0 le soffitte. Quando ero piccolo, mio padre, che produceva film horror, raccontava che, spesso, nella storia c’era un mostro e un cadavere in soffitta!
Mi avvicinai alla porta della soffitta. Cercai di avere una voce da duro, per non sembrare spaventato, e urlai:” Martino esci fuori, se hai coraggio!!”. Nessuna risposta. Allora mi feci coraggio ed entrai…

Quando entrai vidi il “macello” che c’era in soffitta: c’erano due sedie, una con la gamba rotta, un baule chiuso, una corda, un pupazzo, della sostanza gialla, un po’ di colla, un divano rotto, delle bottiglie di vetro con dentro una sostanza verde, e altre cose varie. Visto che non vedevo bene feci qualche passo finché non sentì SLAM!! Mi girai e vidi che la porta si era chiusa!!
Allora corsi verso di essa e battendo i pugni urlai:” Aiuto! Martino, aiuto!!”. Dopo un po’ sentì una risata che riconobbi subito.
A quel punto, con tutta la rabbia che avevo in corpo gridai: “Martino!!!
Fammi uscire subito!!!!!!!!!”. Lui, continuando a ridere rispose:” Mi sa che devi rimanere qui a sbollire la rabbia. Ah! Ah! Ah!”.

Sentii i suoi passi allontanarsi. Io stavo per esplodere, poi, però, pensai a come uscire. Non c’era molto che mi avrebbe potuto aiutare, così cercai di aprire il baule.
Mi accorsi però che era chiuso a chiave; allora, dissi tra me e me che se era chiuso a chiave ci doveva essere qualcosa di prezioso o pericoloso.
Così mi misi a cercare la chiave.
Mentre la cercavo trovai due bottigliette e ne presi in mano una per capire cosa contenesse, Sembrava acido e sopra c’era scritto: “Acido per zombie”.
Me la misi in tasca e ricominciai a cercare. Finalmente trovai una chiave, la provai: era perfetta. Aprii lo scrigno ed ecco che da esso uscì un vento tremendo: così forte che mi sbatté contro la porta che si aprì e spaccò il vetro della finestra andando nel cimitero.
Alzai lo sguardo, confuso, e vidi uno spettro!!

Era grande e grosso, con capelli da serpente, gli occhi maligni e rossi e i denti così grandi e appuntiti che quelli di sopra toccavano il mento e quelli di sotto toccavano il naso lungo e appuntito.
Le unghie erano lunghe come i denti e i vestiti non si riuscivano a distinguere perché erano trasparenti!

Feci un urlo agghiacciante e mi catapultai fuori dalla porta. Scesi per le scale come un fulmine e urlai: “Martino! Scappa!!”.
Lui non mi sentì perché stava ascoltando la musica con le cuffie, al massimo volume.
Arrivai al piano terra e gli tolsi le cuffie.
Martino, infuriato, mi prese per il bavero e disse: “Adesso ti faccio vedere…”.
Non ebbe nemmeno finito la frase che mi buttò a terra e corse via urlando come un pazzo.
Io mi voltai e lo seguii a ruota!
Uscimmo fuori e ci voltammo. Il fantasma non varcava la soglia della porta e tornò in soffitta. Lo vidi che mi guardava maligno e che con la mano ci salutava come per dirmi “addio”!

Passarono ore e ore. Erano più o meno le 21:30 e avevamo molto freddo, sonno e fame.
Ci stavamo per addormentare quando sentimmo due voci chiamarci. Sembravano le voci di zia e di zio, ma avevamo qualcosa di strano qualcosa di morto: “Martinooo, Antoniooo”.
Non si vedeva molto bene, poi, però, vedemmo del sangue gocciolare, una mano verde, un piede verde fino a vedere zia e zio “zombificati”.

Le loro gambe incominciarono a prendere velocità e ad inseguirci. Noi incominciammo a scappare. Dalla tasca cadde l'”Acido per zombie” dalla quale usci il liquido verde.
Io mi voltai e vidi gli zombie sciogliersi sulla macchia verde. Allora fermai Martino e gli feci guardare quello che stava succedendo. Tornammo indietro e capimmo che neanche da fuori avremmo potuto salvarci.
Io mi dissi che, se lo spettro era rimasto intrappolati nel baule per tutto questo tempo, avremmo potuto di nuovo intrappolarlo. Così salimmo in soffitta usando la scala del garage.
Quando entrammo in soffitta incominciammo a cercare la chiave. Finalmente Martino la trovò e in quel preciso momento il fantasma entrò.
Con la sua voce da demone disse: “Non mi farete entrare lì! Ah, Ah, Ah! Ah, Ah, Ah!”

Martino si mise a correre verso di me ed il fantasma o inseguì.
Quando fu a un metro di distanza da me, con il fantasma addosso, si abbassò. Il fantasma si girò e non vide che stava andando contro il baule aperto. Non appena fu dentro il baule io lo chiusi e Martino girò la chiave.
Io e lui ci scambiammo un’occhiata avvincente.
Però sentimmo un altro rumore. Martino si voltò ed entrambi vedemmo uno zombie che si avvicinava lentamente a noi.
Indietreggiammo ed io toccai una bottiglia dove c’era scritto “Acido per zombie”.
Mi sembrava un miracolo. Presi la bottiglia e la lanciai contro lo zombie.
Esso incominciò a traballare e buttò giù un armadio, poi ci guardò con aria malefica e si sciolse. Finalmente era tutto finito.
Io e mio cugino incominciammo a saltare per la gioia e a gridare: “Evviva, evviva!!!”
Stavamo per andarcene quando sentimmo: “Blurp. Slurp. Dlurp”.
Ci voltammo ed ecco comparire un mostro di gelatina gialla che lanciò il suo braccio su Martino che diventò di pietra.
Io guardai il mostro, poi guardai Martino e corsi fuori, ma il mostro mi aveva preceduto e lanciò l’altro braccio. Mentre mi stavo pietrificando pensai a mia madre e che volevo assolutamente rivederla; poi caddi in un sonno profondo.

Quando mi svegliai ero in ospedale, tra le braccia di mia madre… ed ero piccolo!

FINE

Antonio AVAGNINA – classe IB (2017/2018)