Storia di un piccolo lupo

La porta del cancello si aprì e vidi arrivare uno degli addetti portarmi un secchio pieno di carne di cerbiatto… o forse era pecora, chissà? Un tempo il mio olfatto era molto più sviluppato, prima che mi portassero in questo terribile posto: lo zoo.
Mi chiamo Uuuh. Beh, questo é il mio nome da lupo, se preferite però potete chiamarmi Rufus perché ora il mio nome é questo. Voi umani fate molta fatica a pronunciare i nomi dei lupi. Me ne sono accorto fin da subito quando mi hanno catturato. Ora forse vi chiederete come mai mi trovo in uno zoo, vi chiederete perché non mi trovo nel bosco, dove sono I miei genitori. Volete proprio saperlo? Bene allora vi accontenterò.
Avevo appena sei anni quando accadde l’evento che mi ha stravolto la vita… La prima cosa che sentii quella mattina di gennaio fu un forte scoppio e io capii subito cosa era: uno sparo. I cacciatori erano ritornati. Giravano molte voci su cosa accadesse ai lupi catturati. Alcuni dicevano che venivano presi e bolliti vivi, altri che venivano mangiati sul posto. Mio nonno, che di cose ne sa tante, mi ha detto che I lupi più vecchi vengono uccisi e spogliati dalle loro pellicce e quelli più giovani, come me, vengono invece portati in posti spaventosi, detti zoo. Non so cosa é peggio, se morire o essere imprigionato in uno zoo… Probabilmente morire. Tutte queste cose mio nonno le sa perché una volta da piccolo é stato molto vicino a essere imprigionato anche lui.
Mio papá ci stava spiegando dove ci saremmo rifugiati. Stavamo proprio per incamminarci quando due cacciatori armati di fucili ci si presentarono davanti. Ricordo che mia mamma mi gridò di scappare e io lo feci senza pensarci due volte. Avevo corso qualche metro quando sentii degli spari. Sperai con tutto il cuore che le vittime non fossero I miei genitori. Non ebbi tempo di pensare nient’ altro che mi imbattei in un gruppo di cacciatori. Loro sogghignarono e mi lanciarono addosso una grossa rete, io lottai con tutte le mie forze per liberarmi, ma era tutto inutile. Loro mi presero e mi buttarono in un grosso sacco. Mi rassegnai, ormai non c’era più niente da fare, così chiusi gli occhi e cercai per un momento di non pensare a tutte le cose terribili che mi sarebbero capitate.
Mi svegliai che ero in una strana grotta. Era tutto molto strano. Su una parete c’erano strani segni. Poco più in là vidi degli uomini. Stavano parlando dello zoo. Sospirai, fu solo in quel momento che mi accorsi sopra cosa mi trovavo. Era qualcosa di morbido, qualcosa di familiare: guardai giù e vidi con mio grande orrore la pelliccia di mia madre con la sua testa ancora attaccata. Ecco la mia storia.
Rebecka Altomare – Classe 1E