Social media senza effetti collaterali

L’uso dei Social media come Facebook, Youtube, Instagram, WhatsApp, Giochi online, Twitter, per citare i più conosciuti, presentano insidie e rischi per noi giovani, pertanto dobbiamo conoscerli e riconoscerli per autoproteggerci.

I problemi legati alla rete, infatti, sono tanti perché online noi giochiamo, troviamo amici, organizziamo incontri, condividiamo foto, frasi e video, spesso con persone che non conosciamo bene o che non conosciamo affatto. Pertanto, possiamo incontrare tanti pericoli come: chattare con gli sconosciuti, il mancato controllo delle informazioni personali, nonché il cyberbullismo e il cyberstalking che sono i rischi peggiori a cui possiamo andare incontro. Ad esempio,  il cyberbullismo assume diverse forme che vanno  dalla pubblicazione online di pettegolezzi, dicerie, calunnie (Denigration), ai messaggi volgari e litigi online con uso violento della lingua (Flaming);  dall’accesso  all’account di un’altra persona per inviare messaggi ingiuriosi (Impersonation), al furto di informazioni riservate (Outing); oppure dalla registrazione di confidenze inserite in aree pubbliche come i gruppi di WhatsApp (Trickery), all’estromissione di persone dal gruppo stesso (Exclusion). Infine il più pericoloso, il cyberstalking: ossia l’invio di messaggi che includono minacce fisiche. Dai dati forniti da UNICEF/CENSIS/ISTAT/MIUR risulta che nel corso della propria carriera il 75,8% dei Dirigenti scolastici si è trovato a gestire il 65% di casi di bullismo tradizionale e il 52% di cyberbullismo.

In Italia le ragazze vittime di cyberbullismo sono il 7,1% rispetto al 4,6% dei ragazzi. Le prepotenze più comuni consistono in parole offensive o insulti (12,1%); derisione per l’aspetto fisico e/o il modo di parlare (6,3%); diffamazione (5,1%); esclusione per le proprie opinioni (4,7%); aggressioni con spintoni¸ botte, calci e pugni (3,8%). Aumenta la percentuale di ragazze e ragazzi che vivono esperienze negative navigando in internet: erano il 6% nel 2010, sono diventati il 13% nel 2017. Ma nel 58% dei casi gli intervistati ammettono di non aver fatto nulla per difendere le vittime. Il 31% degli 11-17enni dichiara di aver visto online messaggi d’odio o commenti offensivi rivolti a singoli individui o gruppi di persone attaccati per il colore della pelle, la nazionalità o la religione.

Come emerge dall’indagine il fenomeno del cyberbullismo è in crescita. A tal fine lo Stato Italiano, lo scorso anno, con la legge n.71 del 29/05/2017 ha messo in atto azioni di prevenzione e di contrasto al fenomeno. Tante vittime del cyberbullismo, comunque, non si sanno difendere, tendono ad isolarsi ed hanno paura di riferire, ai genitori o ad altri, quello che a loro sta accadendo perché temono ritorsioni da parte del molestatore. Ma così facendo possono correre gravi pericoli.

Ricordiamo le ultime parole scritte da Carolina Picchio vittima del cyberbullismo “Le parole fanno più male delle botte, ma a voi non fanno male? Siete così insensibili?”. Per converso, c’è il caso di Flavia Rizza che ha saputo affrontare i suoi persecutori e adesso collabora con la Polizia di Stato. Noi, invece, ci chiediamo “Come si sentirebbe un bullo/cyberbullo se qualcuno facesse la stessa cosa a lui?” Solo che, talvolta, non si rendono conto della gravità delle loro azioni e conseguenze ad esse legate.

Educare noi giovani ad un uso responsabile e consapevole della rete, oltre a esser un nostro diritto (art.17 della Convenzione sui Diritti dell’Infanzia e dell’Adolescenza) sembra, oggi, sia la strada giusta che le scuole e lo Stato devono percorrere e promuovere.

 

Dalla Redazione Classe V B Scuola Primaria “San Francesco”

 Istituto Comprensivo “G. Garibaldi-G.Paolo II” di Salemi/Gibellina.