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“Questo è stato”: da Genova ad Auschwitz con Piera Sonnino

“Qualsiasi cosa dicessi di quel tempo, non avrebbe senso tradotto in parole, sarebbe un’esile ombra di quella realtà. Lo ruberei a me stessa, a ciò che è mio, disperatamente soltanto mio”.

Questo è uno dei tanti pensieri di Piera Sonnino, unica sopravvissuta di tutta la sua famiglia ai lager durante la Seconda Guerra Mondiale che, dieci anni dopo il ritorno alla vita, ha trovato dentro di sé la forza di raccontare la sua terribile esperienza attraverso il romanzo “Questo è stato”. La scrittrice tramuta le sue urla di dolore e sofferenza in parole piene di carica emotiva, parole sentite, toccanti, profonde e che ci arrivano dirette al cuore. La sua narrazione sembra quasi un flusso di coscienza in cui vengono descritti i sentimenti e la psicologia dell’ancor giovane Piera. E’ una storia tragica, che ci fa scoppiare il cuore in gola e ci fa velare gli occhi di lacrime.

Nella prima parte del romanzo si ha un’abbozzata descrizione dei membri della sua famiglia, tutti accompagnati dall’età e dalla data del decesso. La sorte più catastrofica l’ha avuta Giorgio, ancora bambino, che “dall’età della ragione in poi crebbe nell’incubo” e che “per primo entrò nella nera anticamera della morte e quando la morte giunse, egli cedette senza resisterle”. Il fratellino, un ragazzo fragile e sensibile, a cui è stata tolta la gioia di vivere e il desiderio di lottare per la libertà, arriva a una condizione di quasi apatia, che lo porta a pianti incessanti e ad una triste rassegnazione. Da ciò, dunque, si capisce perfettamente un aspetto sostanziale della terribile Shoah, quello che intacca la mente e la psicologia umana nel profondo. Oltre al lavoro senza sosta e alle condizioni animalesche a cui gli ebrei erano sottoposti, la pressione mentale, ovverosia la corruzione della natura umana, è stato il più forte dei soprusi messo in atto dai nazisti. L’annullamento della persona porta a uno stato di incubo perenne e di autoconvincimento di non valere, di non meritare né desiderare la vita, che permane anche nei pochi sopravvissuti. La stessa Bice, sorella minore di Piera, una volta rimasta sola, senza più Maria Luisa, si sente crollare il mondo addosso, non riesce a trovare nell’anima la forza per continuare a lottare, così “andava divenendo sempre di più una creatura senza età, pallida di quel pallore bianco, quasi cartaceo, dei “subumani”. Bice, una piccola, innocente ragazzina muore su una panchina nei lager nazisti coperta da uno strato di neve che a fiocchi si posa sulla copia sbiadita e tramutata di quella che era un tempo una ragazza piena di speranze. Si può solo immaginare ciò che Piera abbia provato in quel momento, quando una parte di sé, della sua anima, svaniva come una foglia trasportata dal vento, una foglia, però, ormai bruciata, accartocciata e appassita. Lei stessa afferma di essere entrata “in una dimensione dove nulla vi è di umano”, una dimensione distopica che, però, purtoppo, è stata reale.

I protagonisti del romanzo “Questo è stato” provengono da Genova, città italiana in Liguria, che è stata distrutta dalla guerra. Uno dei fatti più rappresentativi è stato il momento della liberazione; Piera, ormai allo stremo delle sue forze, trascina i piedi senza capire dove stia andando, gli occhi socchiusi e la mente annebbiata la avvolgono in uno stato di trance, la ragazza, quasi in punto di morte, si ritrova, però, distesa su un pagliericcio, curata da un’infermiera inglese. Inizialmente la giovane protagonista non capisce di essere finalmente libera, quindi afferma di stare benissimo e di poter lavorare, ciò dimostra lo stato di terrore profondo insito nella sua anima e sottolinea anche il desiderio di volersi salvare. Successivamente, quando comprende la verità, scoppia in un pianto continuo, liberatorio e si rende conto di essere veramente salva, ma lo è per metà, non potrà mai più rivedere i suoi genitori, strappati alla vita, le sue sorelle e i suoi fratelli, tutti accumunati dallo stesso destino. I campi di concentramento continueranno per sempre a vivere impressi nella memoria della giovane, così come il suo tatuaggio permanente, eterno. Nel romanzo della Sonnino si ha la stessa carica emotiva di sofferenza e di dolore di “Se questo è un uomo” di Primo Levi, gli autori sono due sopravvissuti che, per molto tempo, hanno faticato a raccontare la loro storia perchè ammutoliti e scioccati dal terribile accaduto. In conclusione “Questo è stato” è un romanzo veramente emozionante, che dimostra fin dove possa arrivare la cattiveria dell’uomo, una crudeltà senza limiti che ha stroncato famiglie intere. Seppure libera, negli occhi di Piera Sonnino rimarrà per sempre la tristezza infinita di quei giorni, eterni e irreali, che hanno macchiato di sangue l’umanità e che devono essere raccontati alle nuove generazioni affinchè non si ripetano mai più.

 

 

Francesca Caputi