Femminicidio: doppia intervista

I femminicidi sono sempre più frequenti in Italia, come nel resto del mondo. Ma cosa ne pensano le adolescenti su questo fenomeno? Abbiamo intervistato due ragazze del liceo scientifico “Enrico Boggio Lera”, che hanno voluto parlarcene.

Perché, secondo voi, ci sono tutti questi casi di femminicidio in Italia?

Irene: Penso che la donna sia sempre stata identificata con determinate caratteristiche ed oggi che ha acquisito molta più indipendenza, forse l’uomo si sente minacciato da questo cambiamento. Alcuni uomini, purtroppo, tendono a pensare che le donne siano oggetti di loro proprietà. Per questo motivo,  quando la donna prende una decisione che va contro il parere del proprio compagno, nei casi estremi, puo’ diventare vittima di femminicidio.”

Miriam: “Sono d’accordo con Irene, però penso anche che sia una questione di mentalità, cioè siamo passati nel giro di 50-70 anni a notevoli cambiamenti, dal suffragio universale al divorzio, all’interruzione volontaria della gravidanza. Tutti diritti che abbiamo acquistato in modo rapido rispetto al passato. Certo è una cosa positiva, però questo ha causato anche che l’educazione che viene data ai figli e la mentalità non si siano evolute con la stessa velocità. Quindi, penso che sia un fattore legato all’educazione che le madri danno ai figli. Gli uomini, in pochissimo tempo, si sono ritrovati in una posizione di parità con le donne e a questo non sono abituati e non lo accettano. Penso che sia un processo che sarebbe dovuto avvenire in modo più graduale, che doveva avvenire molto tempo prima. Gli uomini stanno provando una sensazione di impotenza che non conoscevano prima”.

Secondo te nelle altre parti del mondo questo fenomeno avviene con la stessa frequenza?

Irene: “Sì, il femminicidio dipende dalla cultura dei diversi Paesi. Ci sono luoghi dove le donne non hanno quasi diritti e la situazione è peggiore rispetto ad altre parti del mondo”.

Miriam: “Anche io penso di sì e non parlo ovviamente solamente dei Paesi considerati meno “civilizzati”, ma anche di Paesi come la Francia, gli Stati Uniti, l’Inghilterra, dove ci sono numerosi casi di femminicidio di cui la stampa italiana non parla. Ovviamente ci sono anche moltissimi Paesi dove i diritti delle donne sono molto ridotti, mi viene da pensare all’India e ai Paesi islamici. Comunque penso che sia un problema che affligge più o meno tutto il mondo, cioè chi più chi meno”.

Tu che cosa faresti per risolvere questo fenomeno nel tuo piccolo?

Irene: “E’ necessario partire dall’educazione, il problema sta nella cultura del Paese stesso. Il 50% dell’educazione ci viene dato dalla nostra famiglia quindi diciamo ed è meno controllabile, mentre l’altro 50% deriva dalla formazione che ci dà la scuola. La scuola e i genitori dovrebbero educare sia le bambine che i bambini insegnando loro che non c’è alcuna differenza tra uomini e donne e che la violenza nei confronti di un individuo è reato, sia quando un uomo uccide una donna, sia quando una donna uccide un uomo. In qualsiasi caso, l’omicidio non è giustificato. L’educazione deve avere un ruolo primario. Promuoverei campagne di sensibilizzazione nelle scuole su questo fenomeno”.

Miriam: “Io invece penso che ci si dovrebbe concentrare di più sull’educazione data dalla famiglia ai figli, perché secondo me è quella che gioca un ruolo fondamentale nella formazione di una mentalità maschilista. Basti pensare che fin da piccole a noi “femmine” è stato detto di non vestirci in maniera troppo provocante perché ci potrebbero succedere cose brutte, di non ritirarci particolarmente tardi, fare sempre pagare gli uomini, che sono gli uomini a fare il primo passo… Senza rendercene conto, siamo bombardati da concetti maschilisti. A noi donne, molte volte, non è nemmeno chiesto di lavorare, ma di trovare un uomo per farci mantenere. Molte volte sono questi i principi che le famiglie trasmettono alle figlie ed è da questo che bisogna partire: si devono sensibilizzare le famiglie, fare cambiare la mentalità a determinate famiglie, abbattere i pregiudizi. Inoltre, penso che si debba anche fare maggiore sensibilizzazione a livello scolastico e a livello mediatico. Spesso sentiamo parlare di donne uccise, ma molto meno di quelle donne che hanno avuto il coraggio di denunciare, che sono state tutelate, che sono state aiutate, che ce l’hanno fatta. Devono farci vedere come reagire, come prevenire la violenza su noi donne”.

Secondo te il femminicidio si verifica soltanto attraverso la morte fisica o anche attraverso la morte psicologica?

Irene: “Diciamo che è una combinazione tra morte fisica e morte psicologica perchè prima di essere assassinate, le le donne subiscono abusi  fisici e verbali e questo fa sì che loro abbiano difficoltà a denunciare. La violenza psicologica rendono le vittime insicure. Queste donne vanno aiutate”.

Miriam: “Per me esistono due tipi di morte in questo caso: quella psicologica e quella fisica. Quella psicologica inizia quando iniziano a sminuire la tua persona in quanto donna. Già questo, secondo me, spinge le donne a chiudersi in casa, a sentirsi deboli, incapaci di reagire… e poi si arriva quasi inevitabilmente alla morte fisica. Un uomo che inizia a ucciderti psicologicamente, a trattarti come un oggetto di sua proprietà e non più come una persona, come fa con gli animali, facilmente ti metterà le mani addosso”.

Quali effetti provoca la violenza psicologica?

Irene: ” Sicuramente degli effetti dal punto di vista psicologico.  Molte donne diventano insicure, fragili, spaventate. Se subiscono violenze fisiche e riportano i segni sul loro corpo, anziché ammettere di essere stata picchiata, dirà di essere caduta dalle scale. Si isolerà e si alienerà sempre di più. Se la donna no ha un carattere forte di suo, non prenderà facilmente coscienza di quello che le accade e non reagirà e la situazione in cui vivrà diventerà sempre più rischiosa per lei”.

Miriam: “Penso che le donne vittime di violenza perdano la loro identità. In generale, la mentalità maschilista e la violenza ci spaventa tutte: qualsiasi ragazza che esce di casa, soprattutto la sera, può temere di quello che potrebbe succederle; qualsiasi ragazza ha paura di innamorarsi di qualcuno di violento. Quindi penso che tutta questa situazione provochi un sacco di paura e un sacco di diffidenza. Molte volte causa addirittura anche discriminazione sugli uomini: tendiamo un sacco di volte a generalizzare, a dire che sono tutti uguali, che tutti sono violenti. Secondo me questa situazione porta tanto male per le donne, ma tanto male anche per gli uomini: è una situazione brutta sotto ogni punto di vista”.

Erika Geraci, Alessandra Giuffrida 4DL liceo scientifico statale Enrico Boggio Lera