Una semplice giornata?! – Racconto

Una luce accecante mi colpisce gli occhi socchiusi, apro lentamente l’occhio destro, e poi il sinistro. È una semplice giornata normale.
Mi alzai dal letto con fatica, ancora mezzo addormentato: il corridoio era buio, sembrava malinconico, accesi la luce e mi incamminai verso la cucina.
Mia mamma era lì che mi preparava la colazione, mi salutò e poi si mise a chiacchierare con me, prima di arrivare al dunque ci mise un po’, ed è solo quando guardai l’orologio che mi ricordai che dovevo andare a riordinare la soffitta. Forse è stata proprio quella, la prima e vera avventura che mi ricorderò per sempre, proprio una giornata magica, ma questa è un altra storia…
Salii con goffaggine le scale per arrivare alla soffitta; arrivato, vidi un sacco di oggetti interessanti ma purtroppo molti erano vecchi e sgualciti, tutti a parte una piccola scatolina che incontrò subito il mio sguardo. Quella piccola scatola mi incuriosì molto, la aprii e dentro c’erano un piccolo smeraldo e una mappa. Non illudetevi, non era una mappa del tesoro, bensì la mappa di una casa. Non avevo ancora ben capito la funzione di quella mappa, non avevo mai visto quella casa prima d’ora. Mi sentivo svenire e con dolcezza chiusi gli occhi, continuando a dirmi in testa: non addormentarti, non addormentarti, anche se fu un tentativo vano.
Quando mi risvegliai mi ritrovai in un posto remoto che sicuramente non era casa mia. Le nuvole erano rosa e sembravano zucchero filato, per non parlare del prato, che era di un blu-marrone che sinceramente mi faceva impressione. Mi guardai intorno con aria disinvolta e sperduta fino a quando non vidi un cartello di legno con su scritto: “Villaggio”. Mi recai verso la direzione indicata dal cartello, quando vidi un palazzo bellissimo con molte case attorno, una vista mozzafiato. Cominciò a piovere, le persone si rifugiavano nelle loro abitazioni, ero rimasto solo io sotto la pioggia cigolante, il vento soffiava forte, così forte che i rami degli alberi cadevano.
Le foglie mi svolazzavano attorno, o almeno fino a quando mi arrivò in faccia un foglio spiegazzato: non era particolarmente leggibile, anzi, era difficile intravedere le piccole lettere scritte a mano,con l’inchiostro ormai sbiadito per colpa della pioggia.
Quelle poche parole che i miei occhi potevano vedere erano: “Scomparsa principessa rapita da sua sorella Luna”.
Poi iniziò a grandinare, cominciai a correre per trovare un riparo fino a che trovai una piccola locanda, ci entrai: era una stanza quadrata, piena di vecchi tavoli e vecchie sedie, un piccolo bar all’angolo accompagnava quella lugubre sala.
Non mi ero accorto dell’uomo che sporgeva da dietro lo scaffale, che poi mi chiese con aria sbarazzina : “Da dove vieni, figliuolo?”
Io risposi intimorito: “Mi chiamo Giovanni, Giovanni Geltrudi, e mi sono perso “.
Ormai era buio e chiesi un riparo per la notte, per fortuna il gentile signore aveva una camera disponibile per quella sera. Provai a dormire, ma non ci riuscii, in testa avevo solo quel foglio bagnato che avevo in tasca; preso dalla curiosità, cominciai a rileggerlo con fatica. Pensai di andare a cercare io la principessa, ma poi mi venne il dubbio, magari avrei dovuto viaggiare per giorni, tutto solo, a soli 12 anni…
Però decisi di andarci, forse poteva esserci qualche collegamento con la mappa e la pietra. Non sapevo però come cominciare: chissà dove era quella casa raffigurata nella mappa?
Cominciai a chiedere alle persone del luogo, ma nessuna riuscì a rispondere chiaramente alla domanda, tutti a parte un anziano signore che mi disse che quella casa apparteneva alla sorella della principessa, ormai scomparsa da anni. E poi aggiunse con fatica che la casa era in mezzo alla foresta.
Allora mi incamminai subito per cercarla, ma quella foresta era veramente inquietante. Ad un certo punto la pietra verde cominciò ad illuminarsi, così da consentirmi di trovare la casa, che era piccola, ma molto ordinata. Trovai dentro ad una piccola stanza una chiave e senza sapere il perché me la misi in tasca.
Dove potevo andare ora e cosa potevo fare? E chi era sorella Luna? La mia testa martellava e d’istinto uscii dalla casa e mi misi a correre tra le frasche. All’improvviso urtai contro qualcosa che cacciò un urlo assordante. Chi era quell’essere insolito? Apparve un ragazzino con una testa grande, il suo vestito era di due taglie sopra la sua e non portava le scarpe. Iniziò a parlare in modo strano, poi mi resi conto che diceva le parole al contrario. Era più spaventato di me, ma aveva un viso buono. Cercai di avvicinarmi e di fargli capire che ero lì solo per trovare la principessa. Mi prese per una mano e mi condusse fino ad una grotta. Dopo aver attraversato alcune gallerie arrivammo ad una grande grata chiusa da un lucchetto, in lontananza si sentiva una voce chiedere aiuto. Presi subito la chiave trovata nella casa e di colpo il lucchetto si aprì. Con stupore io ed il ragazzino del bosco corremmo verso quella voce… Ci trovammo una scena agghiacciante davanti: una principessa tenuta prigioniera in una fossa dentro una grotta… cosa mai poteva aver fatto di male?!
“Dai, forza, dammi una mano che la tiriamo fuori da lì” dissi. Le mie mani si avvicinavano sempre di più alle sue, ma non arrivavano mai a toccarsi…
“Dai, forza, ancora un po’…” ripetei. Ormai stavo per prenderla ed ero felice… quando sentii una voce che mi chiamava. Mi svegliai di colpo, era mia mamma che urlava: “Giovanni, hai finito di rimettere a posto la soffitta?”
Sofia Santinelli / Scuola Secondaria di primo grado Puccini di Firenze