Uno strano sogno – Racconto

Ore 2:05
E’ stata una giornata molto lunga. La mattinata è iniziata con la scuola. Ben sei ore seduto, con un libro in mano a studiare ed a ascoltare quella professoressa che parla parla, non smette mai. Alle tre in punto sono dovuto andare (per forza) a rugby. Dico per forza perché sono i miei che mi ci vogliono mandare… dicono che mi fa bene praticare uno sport, ma io mi domando e dico, io faccio già sport… muovere la bocca per mangiare gelato è un esercizio fisico per la bocca. Vuoi un altro esempio!? Beh, ti accontento subito… per esempio, alzarsi dal divano per accendere la TV o per cambiare canale è comunque un esercizio fisico!Finalmente alle 5:00 il corso finì e mi sono potuto buttare sul divano a mangiarmi una bella coppa di gelato al cioccolato. La serata è passata abbastanza velocemente e alle 9:00 i miei genitori mi hanno mandato di filato a letto. Ed eccoci qui. Sono le ore 2:05, non so perché mi sono svegliato così presto, cioè di notte, e mi sono messo a scrivere per la prima volta il mio diario, ma come posso dirvi… ho sentito l’esigenza di scrivere. Ma non solo per questo motivo, ho fatto un sogno alquanto inquieto, e ve lo voglio raccontare, ecco.
Mi svegliai in un bosco buio, freddo e pieno di cipressi, pini e abeti. Mi alzai in piedi e mi trovai davanti un piccolo bambino che avrà avuto quattro o cinque anni. Mi avvicinai e vidi che aveva un enorme taglio sulla sua piccola e striminzita coscia. Lì per lì mi presi paura… mi sembra piuttosto ovvio, ti trovi davanti un bambino che è stato tutto solo in questo bosco per quattro o cinque anni (probabilmente)… è normale che ti prenda un po’ di paura! Ma poi mi feci coraggio e lo presi in braccio. Mugolava, era come se mi volesse dire qualcosa. Era come se stesse piangendo. Pensai che forse non sapeva parlare. Guardai quell’enorme ferita e mi accorsi che doveva essere un taglio provocato da un coltello. Allora presi delle foglie che si trovavano lì vicino e gli feci una specie di fasciatura. Fatto ciò iniziai a camminare inoltrandomi ancora di più in quella selva oscura. Ovviamente mi portai dietro il cucciolo di bambino, non lo potevo lasciare da solo in quelle condizioni.
Ora non mi ricordo molto bene quello che è successo ma so che a un certo punto del cammino mi venne tanta fame e tirai fuori quel bellissimo barattolo rosa e freddo con sopra raffigurate delle fragole, un gelato rosa e dei cornetti al cioccolato. Era, ovviamente, il “CIOCCOFRAGOLOSO”, il mio tipo di gelato preferito. Lo detti anche al piccolo bambino che lo apprezzò molto. Ad un certo punto il cucciolo parlò! Io credevo che non sapesse parlare! E questa? Forse avevo mangiato troppo gelato e il freddo mi aveva dato alla testa. Come fa un bambino che vive nel bosco, e quindi un bambino che non ha avuto un’istruzione, a saper parlare? In questo momento vi sto
immaginando un po’ sopraffatti… ma state tranquilli, adesso vi racconto. Il bambino mi disse che si chiamava BUBA. Mi misi a ridere. Ma come si può chiamare un figliolo “BUBA”?! Ritornai in me. Gli chiesi perché si trovasse lì da solo, senza madre né padre. Lui mi rispose che la famiglia ce l’aveva ma era lì da solo perché era stato portato via dalla sua mamma e dal suo papà da due uomini con un passamontagna nero in testa.
“La notte stessa dell’accaduto mi sono ritrovato qui con questo taglio” mi disse “e vicino a me c’era una siringa piena di un siero verdognolo chiaro… sembrava un veleno”.
Lessi dietro e c’era scritto sonnifero. Dopo quella storia, che mi aveva raccontato Buba, mi salì un brivido freddo per lui, che era terrorizzato, glielo si leggeva dagli occhi… Mi è dispiaciuto molto, ma il brutto è che è stato rapito da tre settimane! Per il cibo e per l’acqua si è dovuto un po’ arrangiare… Ma il bello è che non sa chi lo ha rapito e non si ricordava nemmeno più dove abitava! Allora gli proposi una cosa: io lo avrei aiutato a ritrovare i suoi genitori. Però, mi dispiace dirlo, ma sono arrivato solo qui con il mio sogno. Non saprò mai come andrà a finire la storia, ma devo dire che mi ha insegnato a non guardare la parte superficiale delle persone, infatti bisogna sempre andare a vedere il loro cuore. Come Buba: guardando il suo aspetto superficiale sembrava un bambino senza contegno, ma poi conoscendolo meglio, anche se non so che fine farà, mi è davvero rimasto simpatico. E resterà per sempre il mio migliore amico immaginario! 🙂
Matilde Borgioli / Scuola Secondaria di primo grado Puccini di Firenze