Lo strano mistero della stanza numero 33 – Racconto

In un vecchio albergo due stelle a Londra, in un vecchio quartiere, in un certo periodo, accaddero fatti molto, ripeto, molto inquietanti. Perché? Beh, te lo dico subito caro lettore.
Il 10 novembre 1912 un signore molto ricco, che possedeva migliaia di proprietà, prenotò in quell’hotel una stanza pensando di fare una vacanza economica a Londra, ma non fu affatto così, perché dalla stanza numero 33 non uscì mai più.
Il 10 novembre 1913 (esatto, proprio un anno dopo) un imprenditore agricolo venne con lo stesso intento del primo: rilassarsi, prendersi una pausa, ma anche per lui non finì bene. Perché, come l’anno prima, esattamente dalla solita stanza lui non uscì più.
Ogni anno fino ad oggi continuò così finché non chiusero l’hotel per le troppe scomparse. Gli investigatori di Scotland Yard cominciarono le indagini appena poterono.
Gli agenti cercarono degli indizi, e ne trovarono alcuni: il filo della corrente che si collegava al telefono bruciato, sotto il materasso trovarono varie pistole, e infine, l’elemento forse più importante, delle lettere misteriose.
Queste lettere, che secondo gli investigatori appartenevano alle numerose e sfortunate vittime, contenevano tutte il solito messaggio. Il mittente chiedeva al destinatario di andare a Londra per due o tre settimane, chiedeva anche che andassero a soggiornare in questo Hotel, che poi non era nemmeno un granché.
Si scoprì poi che sulle lettere e sulle pistole c’erano le medesime impronte digitali; questo voleva dire che c’era soltanto un aggressore. Il problema era che le impronte non avevano nessuna corrispondenza, tant’è vero che il computer andava in tilt ogni volta che ne tentavano il riconoscimento, e in questo modo avevano bruciato tre macchine.
Non si spiegavano questo fenomeno ed un agente, William Turner, disse che l’hotel era infestato da presenze misteriose. Per questo quasi lo licenziarono, però alla fine furono clementi e non lo fecero (solo perché era un bravo agente).
Rifletterono a lungo e l’unica soluzione logica era quella che aveva proposto il giovane detective, ma si vergognarono di andare a dire alla stampa che quell’hotel era infestato da non meglio specificate presenze, quindi dovevano inventarsi assolutamente qualcosa.
Decisero di andare ad esaminare, ancora una volta, la scena del crimine, ma la maggior parte di loro non notò niente di anomalo: il comodino era come lo avevano lasciato, il letto intatto, ma l’armadio, come osservò William, era aperto e da lì provenivano dei bagliori molto strani.
Il giovane agente di Scotland Yard mandò per primo il suo amico John Lee che, appena entrato dentro, scomparve.
William era spaventato a morte e non voleva saperne di entrare là dentro, quindi corse impaurito verso la porta, che di colpo si chiuse sbattendo. Egli pensò che lo spirito sapesse che lui era un pericolo per quella stanza, e si disse che quelli forse erano i suoi ultimi istanti di vita; vide tutto passare davanti a sé: la sua infanzia, l’incidente dove aveva perso i suoi genitori, il suo diploma, il suo matrimonio ed il momento più importante della sua vita, la nascita di sua figlia Maddie.
Ma era solo un’illusione. In quel momento capì tutto. Si rese conto del filo conduttore che legava tutte le vittime, compreso se stesso, ricordandosi che tutte le persone che avevano perso la vita avevano visto morire I genitori, proprio come lui.
Quindi lo “spirito” li aveva uccisi per non aver aiutato i loro parenti nel momento in cui avevano bisogno di essere aiutati. Ma lui questo non poté dirlo ad anima viva…
Ginevra Farsi / Scuola Secondaria di primo grado Puccini di Firenze