Alla ricerca della felicità

Spesso ormai si sente parlare della felicità e fra i giovani sono molte le discussioni che si fanno al riguardo. La felicità è uno stato d’animo che ritiene soddisfatti i propri piaceri. come quando si compie un’azione che ci appaga e ci fa provare benessere. È facile, però, parlare della felicità nella sua etimologia e significato, ma
quanti di noi riuscirebbero davvero a definirsi felici? Si può davvero considerare la felicità il pieno    raggiungimento di un determinato oggetto, inteso come desiderio, con conseguente stato di contentezza? Il fatto è che spesso oggi si considera una felicità “perfetta” fatta solo di elementi che in realtà non hanno dei veri valori o che almeno, non sono permanenti. Qui dunque sorge un altro dubbio: se è vero che esiste la felicita, quanto dura? È sfuggente? È a lungo termine?

Andando per ordine, possiamo affermare che la vera felicità non è di certo una, ma è individuale e soggettiva: ognuno di noi capisce quando raggiunge quello stato. Essa, però, non è dettata da azioni che si possono fare al fine di essere felici, ma è del tutto spontanea. È vero, quando compriamo un nuovo gioco o
vinciamo dei soldi, ci sentiamo molto appagati, ma non è questa la pura felicità, non è quello che si
considererebbe tale. È, altresì, difficile prendere in considerazione un esempio opposto ,in quanto, se si vuol discutere sulla vera gioia, bisognerebbe pensare ad un momento di totale relax, in cui non si pensa ad altro se non al proprio benessere psicologico più che fisico. Magari un momento con gli amici, mentre si ride e si scherza, non si pensa nemmeno alle cose brutte, ai problemi magari adolescenziali che ci affliggono molto spesso o a problematiche riguardanti il lavoro per i più grandi. Secondo questo ragionamento, non esiste una felicità permanente, ma ciò non significa che non sia utile ricercarla in ciò che ci piace di più fare. Per esempio, riuscire a superare un concorso, vincere una borsa di studio possono suscitare gioia, ma saremmo sempre in un campo semantico troppo concreto per poter riuscire ad apprezzare la totale
intensità del sentimento che, invece, si instaurerebbe attraverso lo stare bene con una persona e passare dei bei momenti con essa.

Concludo dicendo che se il piacere è davvero effettivo, allora c’é bisogno che lasci un segno e un  insegnamento a chiunque lo possa provare, perché è ciò che importa davvero ed è ciò che ci fa crescere e maturare come società. Una società che tiene sempre meno in considerazione valori come questi o li strumentalizza a proprio vantaggio per dare maggiore importanza al benessere materiale.

Dario Reitano, III D sa