Tic tac, tic tac

Gira la lancetta di nuovo, ma io non mi muovo. Qui sdraiato sul letto sto sognando e nel sogno esco corro mi sfogo. Ma io non mi muovo.

Mi sveglio di soprassalto, pensando di essere in ritardo ma poi mi ricordo che oggi io non mi muovo. Resto qui tra i miei sogni; sogni che forse in questi giorni sono più degli occhi, che mi aprono finestre su luoghi dove scappo e mi rifugio per distrarmi e per non fare i conti col mondo, per qualche minuto, per qualche secondo.

Ma non posso scappare per sempre e tic tac, tic tac gira ancora la lancetta e mi alzo e mi vesto di fretta, mi spoglio di quell’onirica armatura e improvvisamente, come un fiume in piena e come un maremoto mi travolge quel vuoto che da troppi giorni sento divorarmi da dentro; tarlo dell’animo. Non ho più fiato e crollo in ginocchio. Intorno a me si fa tutto ovattato e proprio quando sembra che abbia toccato il fondo mi tuffo nel vuoto e lo affronto.

Non è facile combattere con se stesso e abbattere tutti i pensieri, a volte bugiardi a volte veritieri, che come mute di cani da caccia ti braccano aspettando solo che tu ti arrenda a quel peso che da dentro ti schiaccia.

Noi siamo ingranaggi perfetti abituati a ripetere costantemente gli stessi gesti in un susseguirsi di giorni tutti uguali. Ora il nostro macchinario è fermo mentre il tempo tiranno incede sovrano e non si cura di noi miseri uomini che, nella stasi, non sappiamo più dove scappare dai nostri problemi tanto a lungo sepolti e invano dimenticati nel turbine della nostra esistenza.

Nella stasi e nella noia dell’ape operaia senza alveare ci è data una grande occasione; difficilmente altrimenti l’avremmo, anche perché spesso, per paura, non la cerchiamo affatto. Possiamo guardarci un po’ dentro e scavare a fondo e scendere a patti coi nostri pensieri più bui relegati in quegli anfratti della mente che vorremo cancellare per non affrontarne le conseguenze.

E piango.

Piango un pianto catartico che come pioggia salvifica mi scuote da quel gelido torpore in cui stavo statico nella stasi di queste giornate; d’improvviso mi sento, come non mai, affamato di vita. E allora vivo e respiro la vita e riscopro la bellezza di un petalo di rosa trasportato dal più dolce dei venti; piroetta nell’aria al ritmo di una danza che solo lui conosce, sulle note di una stupenda canzone che risuona in armonia con ogni mia singola cellula. Anche io ballo come un mimo sgraziato, ma non mi importa perché mi sento vivo e sento il tepore del sole che mi accoglie, in un amorevole abbraccio.

E rido.

Rido perché finalmente sto imparando ad apprezzare ciò che ho sempre dato per scontato e nel farlo riscopro quanto esso mi sia caro e ringrazio per questo dono che mi è stato concesso. Ho avuto bisogno di un cambio così radicale per riuscire a capire ciò che davvero è essenziale e per scendere a patti col mostro sotto al mio letto, che alla fine altro non è che un me stesso bambino impaurito bisognoso d’affetto. Ma oggi l’ho fatto, ci sono riuscito e se domani non ce la farò avrò un altro giorno e uno ancora dopo in cui ritenterò.

E allora tic tac, tic tac gira ancora la lancetta, questa volta senza alcuna fretta. Sento quel vuoto tornare ma ora so cosa fare, lo abbraccio forte e lo prendo per mano e lo aiuto a guardare lontano. Lo porto con me nei miei sogni e parliamo e scherziamo e forse finalmente imparo la lezione più importante che questa vicenda ha da insegnare. Finalmente imparo ad amare.

Classe 3B