Il virus c’è sempre stato

“Scendeva dalla soglia d’uno di quegli usci, e veniva verso il convoglio, una donna.[ ] La sua andatura era affaticata, ma non cascante; gli occhi non davan lacrime, ma portavan segno d’averne sparse tante;   [ ] Portava essa in collo una bambina di forse nov’anni, morta”

Questo estratto dal capitolo XXXIV de I Promessi Sposi di Alessandro Manzoni (1785-1873) narra di un episodio molto significativo, ambientato nella Lombardia del 1630, quando la peste si diffuse nel nord Italia, fino ad arrivare al Granducato di Toscana. Il Ducato di Milano fu uno dei più colpiti all’epoca, vi ricorda nulla? 

Ebbene oggi, dopo poco meno di 400 anni, viviamo la stessa situazione, certo siamo molto più all’avanguardia con la tecnologia in medicina, e i morti non vengono ammassati l’uno sull’altro su carri situati nei grandi incroci delle città, ma la peste di oggi, il coronavirus, si diffonde molto più in fretta ed è complicato far capire alle persone quanto sia contagioso e pericoloso.

Quando per la prima volta si è parlato di coronavirus, lo si è sottovalutato, ma perché? Perché era una cosa del tutto nuova, non avevamo tutti gli strumenti per capire la pericolosità del virus e le autorità non ci avevano dato le informazioni necessarie per realizzare la grandezza della catastrofe in cui ci troviamo oggi, e soprattutto abbastanza istruzioni su come avremmo dovuto procedere per fronteggiarlo collettivamente, come comunità e individualmente, tra le mura delle nostre case. 

È corretto dire che ci siamo mossi troppo tardi?  Non lo sapremo mai, per ora ciò che sappiamo è che è di fondamentale importanza attenerci alle regole che ci sono state imposte. La responsabilità delle autorità in questo momento è altissima, e negli ultimi giorni ce la stanno mettendo tutta per garantire la sicurezza dei cittadini giorno e notte, nonostante alcuni di essi non si facciano problemi ad ignorare le norme. 

Un pessimo esempio di irresponsabilità da parte dei cittadini ci viene dato dalla folla di tifosi della celebre squadra di calcio Paris Saint-Germain, che dopo la partita contro il Borussia Dortmund, tenutasi il 18 febbraio a Parigi, si è riunita all’esterno dello stadio, nonostante la partita si fosse giocata a porte chiuse. È stato un gesto folle, del tutto insensato, privo di responsabilità. Le norme di sicurezze estreme sono state adottate solo successivamente dal governo francese, che solo dalla scorsa settimana ha chiuso tutte le istituzioni pubbliche. 

Un altro episodio sempre inerente al mondo calcistico, avvenuto un giorno dopo la partita giocata nella capitale francese, riguarda in modo particolare il nostro Paese. Parlo della partita di Champions che ha visto scontrarsi l’Atalanta, la squadra di Bergamo, una delle città più in difficoltà per numero di contagi al momento, e la squadra del Valencia, che ha visto il 35% dello staff tecnico risultare positivo al virus e che si è giocata a porte aperte. Per molti scienziati è stata la “partita zero” che ha portato all’esplosione di contagi sia nel bergamasco che nel paese iberico esattamente 14 giorni dopo la partita e come sappiamo il virus ha un periodo di incubazione che va dagli 11 ai 14 giorni. Sono molti gli enti e i medici che hanno confermato questa teoria; Fabiano Di Marco, responsabile del reparto di pneumologia dell’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo, ha definito il match “una bomba biologica” e la protezione civile ha ribadito quanto detto dal dottore. Un errore del genere si sarebbe potuto evitare ma ci sarebbero andati di mezzo altre centinaia di fattori, quali le perdite monetarie delle società sportive coinvolte e non solo, anche per quanto riguarda l’industria del trasporto. 

Tuttavia, tutto quello che sta accadendo al momento, non solo in Italia ma in tutto il mondo, fatta eccezione per qualche paese, sta causando ripercussioni non solo sui numeri che rappresentano contagiati, deceduti e posti in terapia intensiva occupati sempre più alti, ma sulla vita di tutti i giorni di tutte le nazioni coinvolte: sport, industria cinematografica, moda, shopping, economia, è tutto fermo in attesa che il verde scatti. 

E una volta che scatterà? Dunque, torneremo ai nostri lussi, ci sposteremo di nuovo in macchina perché non sia mai che camminiamo un po’, le città saranno piene di gente, e così anche di inquinamento, si tornerà a viaggiare, i calciatori e i politici con i loro jet privati di lusso, si tornerà a sprecare il cibo perché potremo comprarlo quando vogliamo e quanto ne vogliamo, senza fare code chilometriche di 40 minuti per tenerci a debita distanza dagli altri. Torneranno le discoteche per i ragazzi, e quindi le tragedie causate dall’alcool e dall’uso scorretto dei soldi di mamma e papà. Torneranno le rapine e gli stupri. Torneranno le guerre. Non ci sarà più bisogno di donare agli enti di beneficenza perché non rischieremo più la vita semplicemente uscendo di casa; non ci sarà più bisogno di sentirci solidali gli uni con gli altri perché avremo sconfitto il nemico comune; non dovremo più fare i flash mob per sentirci più vicini anche senza toccarci, e non dovremo più ringraziare e applaudire il personale ospedaliero e gli addetti alla sicurezza dei cittadini, nonostante salvino vite da sempre; non dovremo più stare in casa con i nostri familiari, si tornerà alla vita frenetica di tutti i giorni, a stare fuori tutto il giorno per non vedere il partner, o i genitori o peggio ancora i figli.

Il coronavirus c’è sempre stato, sotto forma di effetto serra, guerra, fame e carestia, disuguaglianze sociali, omofobia, xenofobia, pedofilia, razzismo e sessismo. 

Ma tanto non ci è mai riguardato, e se è capitato beh, non ci hanno ascoltato, hanno ben pensato di farci passare da trovarci nelle condizioni di vittime a essere colpevoli, bugiardi, esagerati. 

Però va bene così, perché quando finirà il virus, nonostante l’uomo tornerà ad essere l’egoista di sempre, finalmente rivedrà i suoi amici.

Mangouchi Fatima Zahra 4AL