Una mascherina speciale

È tutto iniziato la settimana di Carnevale. Mi ero divertito molto alla festa organizzata a scuola l’ultimo giorno prima delle vacanze. Io e i miei amici ci eravamo mascherati, chi da cavaliere, chi da cowboy, chi da Spiderman. Durante l’intervallo avevamo giocato a supereroi contro supercattivi, il nostro passatempo preferito. Vestiti in modo così speciale, ci eravamo calati ancor di più nei personaggi e il cortile della scuola aveva assunto l’atmosfera perfetta degna di un film della Marvel. Con la mia mascherina di Batman alzavo il braccio con il pugno serrato e sfrecciavo a tutta velocità dietro a Carlo, il mio migliore amico, che si era vestito da Joker. A merenda poi le maestre ci avevano dato delle chiacchiere ricoperte di uno spesso strato di soffice zucchero a velo. Ne avrei volute mangiare almeno tre, ma mi ero consolato sapendo che quel fine settimana sarebbero venuti i nonni con le chiacchiere della loro pasticceria, le più buone che esistano. È così che sono andato a letto quella notte, non vedendo l’ora di gustarmi un pomeriggio coi nonni, sfoggiando il mio nuovo costume di Batman mentre volavo via con il cabaret di dolci.

Quel fine settimana, però, i nonni non sono venuti. Ero molto deluso. Avevo pianificato tutto per festeggiare al meglio il Carnevale con loro. Quando ho chiesto alla mamma il perché, la sua reazione e la sua risposta mi hanno confuso e insieme preoccupato. Inizialmente sembrava non sapesse come dirmelo e non riuscivo a comprendere cosa ci fosse dietro a tutta quell’attesa. Tuttavia, dopo alcuni secondi, mi ha spiegato che i nonni si sarebbero potuti ammalare uscendo di casa e venendo a trovarmi.

Venendo a trovarmi? In che senso mamma?

Niente amore mio, semplicemente potrebbero non sentirsi tanto bene se vengono qua ok?

Potrebbero avere la febbre?

Più o meno sì, tesoro.

Non avrei mai voluto far stare male i nonni ma, sinceramente, non capivo come potesse essere possibile. Credevo di essere un bravo bambino dopo tutto. Lo ammetto, certe volte ho più voglia di giocare che di allenarmi a leggere o a scrivere in corsivo e può darsi che faccia qualche capriccio. La nonna si arrabbia ma poi, quando mi siedo al tavolo della cucina, mi impegno e faccio del mio meglio. Lei si mette sempre accanto a me e mi dà una mano. La mamma e il papà invece non possono farlo perché lavorano tutto il giorno.

Era molto strano. Speravo sarebbe tutto passato al ritorno dal nostro viaggio a Venezia. Ho deciso di cominciare a fare la valigia così saremmo potuti partire presto e arrivare il prima possibile. Desideravo tanto ammirare i colori, le parate e i costumi del Carnevale di Venezia. I miei genitori me ne avevano parlato tanto. Sarei andato su una gondola e mi sarei intrufolato nei vicoli più nascosti all’esplorazione della città. Avrei lanciato coriandoli dappertutto per essere partecipe anch’io di quella festa vivace e divertente e avrei trascorso parecchio tempo con mamma e papà.  

Altro avvenimento inaspettato: non siamo più partiti per le vacanze. Quando mi sono svegliato la mattina ho guardato l’orologio: erano le 9:30. Sono corso da mamma e papà e dalla mia aria agitata hanno capito cosa mi passava per la testa prima ancora che parlassi.

Perché non mi avete svegliato? Non dovevamo partire presto papà?

Nico, non possiamo più partire, dobbiamo rimanere a casa.

Perché papà? Io volevo andare a Venezia.

Lo so tesoro, ma il Carnevale è stato annullato.

E perché?

Perché delle persone stanno male, figliolo, e noi dobbiamo stare lontani così evitiamo di ammalarci, capisci? Non possiamo rischiare.

Ho capito papà. Ma allora che facciamo per le vacanze?

Staremo qui tutti insieme: tu, la mamma ed io. Potremo comunque divertirci e a Venezia ci andremo un’altra volta quando tutti staranno meglio.

Va bene papà. E poi magari potrò vedere Carlo qualche volta, giusto?

Forse. Vediamo come vanno le cose e se riusciamo a organizzarci, anche se credo sia meglio di no con questo virus in giro…

Che cos’è un virus papà?

È un essere piccolo piccolo, microscopico; riusciamo a vederlo solo con degli strumenti speciali e, se entra nel nostro corpo, ci fa venire la tosse e la febbre; qualcuno può anche avere bisogno di andare in ospedale. Per questo non possiamo uscire di casa.

Ma come fa una creatura invisibile a provocare così tanto male? Mi chiedevo cosa avrebbe fatto Batman al posto mio per dare una mano. Lui di sicuro avrebbe trovato una soluzione.

Ogni giorno mi svegliavo con mamma e papà che guardavano il telegiornale. “Aumenta il numero dei contagi”, “Mortalità compresa tra il 2 e il 3%”, “Scuole chiuse fino al 3 aprile”, “Lombardia zona rossa”; tutte frasi che, anche se non comprendevo appieno, riuscivano comunque a mettermi un po’ di paura. Ma mamma e papà mi rincuoravano dicendo che qui ero al sicuro, che noi e i nonni stavamo tutti bene e che presto sarebbe tornato tutto alla normalità. Meno male che c’erano le videochiamate grazie alle quali potevo vedere i nonni. Mi mancavano tanto. Erano un antidoto contro la malinconia e la monotonia delle giornate passate ininterrottamente in casa senza poter uscire, andare al parco, giocare insieme a Carlo, abbracciare i nonni. Erano il momento che preferivo in quei pomeriggi sempre uguali e non volevo mai fare tardi a quegli appuntamenti virtuali. L’unica cosa positiva era che mi godevo di più mamma e papà. Ho preparato la mia prima torta con la mamma, ho giocato a nascondino con il papà. Una sera volevo accompagnare la mamma a fare la spesa. Mi ero già infilato le scarpe e il cappotto; ero pronto per uscire quando la mamma mi ha fermato.

Nico, anch’io vorrei che mi accompagnassi al supermercato, ma ormai ci possono andare solo i grandi con la mascherina.

Non ti preoccupare, io ce l’ho una mascherina.

Sono corso subito in camera. Quando sono tornato in salotto con indosso la maschera di Batman sia la mamma che il papà sono scoppiati a ridere. Ero contento di averli fatti divertire anche se, onestamente, non capivo come.

Ieri pomeriggio quando ho sentito la nonna in videochiamata mi ha riferito che la sua migliore amica era mancata a causa del virus. Era molto triste. La sera, quando sono andato a letto, non riuscivo a prendere sonno. In me cominciava a farsi strada l’idea che fosse giunto il momento di trovare una soluzione. Pensavo “sono davvero stufo di questo virus che continua a far morire la gente, che fa soffrire la mia nonna, che fa preoccupare tanto mamma e papà e che non mi permette di andare a scuola e di vedere i miei amici”, quando mi è venuta l’ispirazione… La mamma mi aveva detto che il virus viveva tranquillo nei pipistrelli prima di trasferirsi dagli uomini. Il mio supereroe preferito, Batman, è l’uomo pipistrello, lui non mi delude mai. Potrei chiedergli di parlare con i pipistrelli e far sì che si riprendano il virus. A loro tanto questo virus maledetto non fa niente.

Dedicato ai miei fratelli più piccoli Luca e Matteo che in questi giorni mi hanno fatto vedere con i loro occhi il dramma che tutti noi stiamo vivendo, ispirando il mio racconto.  

Classe 3B