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Cronache da una High School del Kansas: l’arrivo a Smith Center e le prime amicizie

17.08.’19
Arrivederci Italia, benvenuti Stati Uniti

“Sto sognando o è tutto vero?” è stato il mio primo pensiero una volta atterrata all’aeroporto di Newark, NJ. non era vero quello che stavo vedendo. Alle sei (ore italiane) di quella mattina avevo salutato in lacrime i miei genitori e mia sorella, prima di partire dall’aeroporto di Milano. E alle sei (ore americane) di quel pomeriggio avevo varcato l’uscita dell’aeroporto di Newark ed ero stata investita da un’aria calda tipica dell’estate sulla East Coast. Ero circondata da una decina di ragazzi della mia età, tutti con la stessa maglietta identificativa gialla, i quali, come me, aspettavano la navetta che ci avrebbe portati all’hotel dove avremmo trascorso i prossimi tre giorni. Questa afa senza vento e la presenza di persone vestite uguali identiche a me contribuivano a creare un’atmosfera da sogno, dal quale pensavo mi sarei svegliata a breve. Ma mentre il pullman attraversava l’autostrada e a sinistra potevo osservare lo skyline della città di New York, ho capito che quella non era un sogno ma la pura realtà.

Queste tre giornate a New York sono state particolarmente intense. Ho fatto molte nuove amicizie e conosciuto tante nuove persone. Ritengo che sia solo un piccolo assaggio di tutte le nuove esperienze che vivrò nel corso di questi nove mesi. L’ultimo giorno in particolare è stato il mio preferito. Dopo aver passato l’intera giornata a New York city, abbiamo preso il battello sull’Hudson River. Sul cielo dipinto di rosa e arancione, i colori tipici del tramonto sulla East Cost, si stagliava lo skyline di New York, quello skyline che il primo giorno mi aveva fatto capire di non stare vivendo un sogno.

18.08.’19
Voli cancellati

Sapevo che sarebbe successo qualcosa, me lo sentivo dentro. Quando alle quattro e venticinque di quella mattina la sveglia era suonata, avevo già nasato che qualcosa sarebbe andato storto. Forse era stato un piccolo cambiamento nella normalità della nostra stanza d’albergo (una penna spostata dal suo solito posto, l’ordine inusuale delle valigie, il ripiano del lavandino sgombro dai beauty case) a farmi dubitare che tutto sarebbe andato secondo i piani.

E infatti, appena salita sull’aereo che dall’aeroporto di Newark, NJ, sarebbe atterrato all’aeroporto di Chicago, IL, la hostess ci informa con la voce metallica dell’interfono di prendere le nostre cose e scendere dall’aereo.

«È in corso una tempesta a Chicago.»

Sette parole terribile che non auguro A nessuno di sentire. Una volta scesa dall’aereo, i miei nervi hanno ceduto: sono scoppiata a piangere quasi subito. Ma poi su di me a preso il sopravvento quella studentessa del liceo classico che non si arrende neanche davanti ad una versione di Seneca da 12 righe. Dopo aver informato l’agenzia di scambi all’estero che il mio volo era in ritardo e che probabilmente sarebbe stato cancellato a breve, mi sono recata al banco della United Airlines e, dopo una lunga fila, sono riuscita a trovare un altro biglietto per arrivare alla mia destinazione finale, ovvero Salina, KS.

Per raggiungere il piccolo aeroporto di Salina, però, dovevo passare prima da Denver, CO, e l’aeroporto di Denver non è da definirsi piccolo. Ed è proprio dall’aeroporto di Denver che sto scrivendo. Dopo essermi persa tre volte, aver sbagliato direzione della metropolitana che porta ai vari terminal, essere tornata indietro ed essermi accorta che a dire il vero era la direzione giusta, sono qui al gate dal quale il mio aereo partirà a breve. Tra un’ora scarsa incontrerò la mia famiglia. Sono molto agitata ma sono sicura che andrà tutto bene.

In fin dei conti, dopo che ti hanno cancellato il volo e ti sei persa nell’aeroporto più grande di tutti e cinquanta gli Stati Uniti, cos’altro potrebbe andare storto?

6.09.’19
Prima partita di football

Quando la mia amica Alex, compagna di fatiche agli allenamenti di pallavolo, mi ha invitata alla partita di football di quella sera, ho accettato subito. Una volta tornata a casa, dopo essermi fatta una doccia, ed avere indossato la mia felpa che riportava la mascotte della squadra, un pensiero improvviso mi ha colpita: non avevo idea di cosa fosse il football. Non ero mai stata ad una partita prima di allora, non avevo mai neanche seguito lo sport. Infatti, nel mio film preferito che prendevo come riferimento, “High School Musical”, l’unica attività che svolgevano era il basket (oltre al drama club).

Ormai era troppo tardi, Alex era sotto casa che mi aspettava in macchina. Una volta sedute sugli spalti dello stadio, le ho confessato la mia ignoranza. Lei ha riso e mi ha subito confortata, dicendo che era ovvio che non sapessi nulla riguardo a quello sport, ed era infatti per questo motivo che mi aveva invitata alla prima partita della stagione. 

La squadra di football di Smith Center, i Redmen. Ne fanno parte quasi tutti i maschi della scuola. Essere un Redman è considerato un dovere di tutti i ragazzi di Smith Center

Alla fine, anche se non sono riuscita a seguire nulla della partita, sono stata contenta di aver accettato l’invito della mia amica Alex, soprattutto perché durante la pausa tra il secondo e il terzo quarto della partita siamo andate a mangiare nel posto preferito dai giovani, Jiffy Burger. Un ristorante a tema Anni Cinquanta, dalle pareti tappezzate di foto d’epoca che ritraggono Marilyn Monroe e James Dean, Jiffy Burger ha gli hamburger migliori che abbia mai mangiato e le palline al formaggio più buone di sempre.
Magari non sapevo nulla di football, ma la cena è stata decisamente una delle migliori!

Nonostante io abbia assistito a tutte le partite della stagione, nonostante io abbia seguito il Super Bowl, nonostante io vivessi con un padre e una sorella appassionati di football, non ho ancora idea di come si giochi.

Potrei provare a spiegarlo, ma temo che combinerei solo guai. So solo che c’è una palla ovale e i giocatori devono fare base dall’altro lato del campo, il resto è un mistero.

25.09.’19
Spirit Week

Ogni anno, nelle tipiche High School in tutta l’America, si celebra un evento importante l’ultima settimana di Settembre: The Homecoming. La parola “homecoming” significa letteralmente “ritorno a casa”. Ed è questo che gli studenti festeggiano: un ritorno a casa dall’estate, un ritorno alla scuola. Perché “Homecoming” significa solo una cosa, ovvero che le vacanze estive sono ufficialmente finite ed è arrivato il momento di ricominciare le lezioni.

Il falò prima della partita dell’Homecoming. Durante questo momento si brucia la mascotte della squadra avversaria mentre tutti gli studenti fanno canti di incitazione alla vittoria per la squadra locale

Questa settimana di festeggiamenti è soprannominata “Spirit Week”. In questi cinque giorni, gli studenti devono seguire le giornate a tema indette dalle cheerleaders, le quali premieranno le persone più creative alla fine della settimana. Quindi mettetevi comodi e non sprecate tempo a scegliere cosa mettere alla mattina, perché Lunedì è “PJ’s Day!”. Proprio così, una giornata a scuola completamente in pigiama, con tanto di pantofole e vestaglia.

Martedì, invece, è il “Cartoon Day!”. In questa giornata, gli studenti devono vestirsi come il loro personaggio dei cartoni preferiti. La mia amica Paige ha deciso di distinguersi dalla massa di principesse e personaggi Disney, e di vestirsi da Peppa Pig (dice che il costume ce l’aveva già…).

Tirate fuori dentiere e sedie a rotelle per Mercoledì, perché è il “Respect the Elders Day!”. Una giornata dedicata agli anziani richiede un travestimento degno di casa di riposo. Infatti la mia amica non si è fatta mancare nulla, ha anche rubato le calze color carne alla nonna (povera signora…).

Se siete persone stravaganti a cui piace indossare capi usati e dallo stile poco discreto, allora Giovedì è il vostro momento per brillare. Il nome di questa giornata è “Everything Thrifted Day!”. Per rimanere in coerenza con il tema, bisogna indossare solo vestiti usati comprati nei negozi delle pulci, creando outfit letteralmente da urlo. Inutile dirlo, la mia amica Paige ha decisamente vinto questa giornata.

Infine, l’ultimo giorno è chiamato “Spirit Day!”. Durante questa giornata gli studenti devono sfoggiare tutto il loro spirito scolastico. È tradizione che le femmine chiedono ai maschi della squadra di football indossare la loro uniforme. Essendo un animo poco romantico io ho deciso di non partecipare a questa giornata ma di rimanere una semplice osservatrice. È uno spettacolo veramente interessante, vedere tutte queste ragazze indossare una maglietta di tre taglie più grandi di loro, dal colore bianco. alla partita di football di quella sera, infatti, le ragazze sfoggeranno la loro maglietta bianca che porta lo stesso numero di quella rossa indossata sul campo dal giocatore. È un modo per dimostrare supporto alla propria squadra.

La “Spirit Week” termina Sabato sera con il famoso “Homecoming Dance”. Il ballo, rigorosamente allestito nella mensa scolastica, è caratterizzato da una divertente differenza tra lo stile delle femmine e lo stile dei maschi. Le ragazze infatti sono tutte vestite in maniera formale, alcune con abiti lunghi e di pizzo, altre con abiti corti dai vari colori. I ragazzi, invece, indossano una semplice t-shirt e jeans. Mi è stato infatti spiegato che i maschi non si vestono mai in maniera elegante, ad eccezione per il ballo di fine anno che si tiene in Aprile. A questo ballo vengono eletti gli “Homecoming King & Queen”, i quali dovranno poi ballare un lento mentre tutta la scuola li guarda in ammirazione.

La “Spirit Week” è un evento decisamente divertente e coinvolgente per tutti gli studenti. È un modo per aiutare i ragazzi a rientrare nella routine scolastica e far comprendere loro che ormai l’estate è finita e bisogna ricominciare a studiare. Trovo che sia anche un momento perfetto per aumentare il proprio spirito scolastico e coinvolgere tutti nell’ambiente della High School.

Bianca Morri