Trekking, il percorso vale la meta

Con che spirito andare in montagna? Ciascuno, ovviamente, ci va con il suo. Spesso con lo spirito di conquista, per esibire, nel racconto, nella documentazione fotografica e nel ricordo, il trofeo della meta, vetta o rifugio che sia. È indubbio che raggiungere una meta sia un’esperienza emotiva di rara intensità. Tuttavia, mi sembra altrettanto vero che ogni tratto del percorso riservi emozioni non meno preziose, anche se di minore intensità.

Il percorso, dunque, non vale meno della meta, perché ovunque, all’occhio, la montagna regala qualche prezioso ed arcano scenario. Lo spirito di chi frequenta la montagna deve essere, in ogni caso, spirito di profondo rispetto. Può essere utile, quindi, riassumere il significato concreto di questo rispetto:

  1. Rispetta l’ambiente: evita assolutamente di abbandonare rifiuti, di prelevare esemplari di specie protette, di porre in atto comportamenti che potrebbero provocare gravi danni (soprattutto incendi), di lasciare scritte inutili, di danneggiare cartelli e, più in generale, di compiere atti di vandalismo che, se sono sempre odiosi, in montagna lo sono in misura ancora maggiore.
  2. Rispetta gli animali: non spaventarli, non toccare i cuccioli che dovessi incontrare (i genitori potrebbero non riconoscerli più), tieni al guinzaglio i cani che ti accompagnano, soprattutto in prossimità dei pascoli.
  3. Rispetta le persone che ti accompagnano.
  4. Rispetta le persone che incontri: se ti vengono chieste informazioni, offrile in modo preciso ed oggettivo, evitando di minimizzare rischi ed impegno connessi con percorsi che conosci o di spacciare come sicure indicazioni di cui non sei certo.
  5. Rispetta il lavoro di chi vive in montagna: in particolare, rispetta i pascoli, camminando accuratamente entro le tracce di sentiero che li attraversano.
  6. Rispetta la tranquillità dei luoghi, evitando di produrre rumori inutili e schiamazzi inopportuni.

Il trekking va affrontato in condizioni fisiche adeguate, scegliendo percorsi che siano al di sotto delle proprie possibilità ed evitando accuratamente di strafare. Una stagione escursionistica deve prevedere percorsi gradualmente sempre più impegnativi.Il trekking non è necessariamente una faccenda da atleti, ed offre una gamma tanto svariata di possibilità da permettere a ciascuno di ritagliarsi percorsi su misura. Non è però neppure una passeggiata, per cui se si è perso l’allenamento da tempo, è meglio riacquistarlo con un po’ di pratica sportiva, prima di incamminarsi. Bisogna conoscere bene eventuali problemi fisici, soprattutto di natura cardio-circolatoria e respiratoria, e, nel dubbio, chiedere consiglio ad un medico prima di arrischiarsi in escursioni, anche giudicate modeste. Inoltre a quote anche non altissime la riduzione della concentrazione dell’ossigeno può causare problemi anche seri. Non si dovrebbe mai tornare distrutti da un’escursione. Stanchi, certo, ma non spossati. Il trekking non è una forma di espiazione, né una sorta di impresa di cui vantarsi in qualche discussione fra amici: deve costituire invece un’esperienza di benessere.

Per il calcolo dei tempi di percorrenza di chi cammina con un buon passo su sentieri o strade carrozzabili, in linea di massima, si può indicare questa regola: nell’ipotesi di un cammino continuo e senza soste, ogni ora si guadagnano circa 300-400 metri di dislivello.

Se però si sale a vista in un bosco con vegetazione irregolare, oppure si debbono superare passaggi ostici, o ancora si cammina su neve, i tempi aumentano, anche considerevolmente.

La neve, in particolare, rende la salita molto più faticosa, soprattutto se non si è muniti di racchette. Inoltre si deve considerare il fattore altimetrico: più aumenta la quota, meno ossigeno si rende disponibile, il che aumenta sensibilmente l’affaticamento muscolare.

Per la discesa si calcolino tempi dell’ordine del 50-60% rispetto a quelli di salita (nel caso di una discesa spedita, anche se non a rotta di collo; una discesa tranquilla può comportare anche il 70-80% dei tempi di una salita di buona lena).

Inoltre io penso che un’escursione cronometro alla mano rovina molte delle possibilità di gustare scenari ed atmosfere che rendono il contatto con la montagna un’esperienza che si imprime indelebilmente nella memoria di chi la compie.

Se poi si è in molti, e con passo diverso, mi sembra come minimo doveroso adeguare il proprio passo a quello di chi fa più fatica.

Diverse persone vorrebbero effettuare escursioni, ma temono di guastare la giornata ad escursionisti più esperti ed allenati, rallentandone fastidiosamente la marcia. Chi ama veramente la montagna non ha però difficoltà ad adeguare il proprio passo a quello altrui, né arde per la smania di voler a tutti i costi raggiungere una meta memorabile. In montagna il cammino non vale meno della meta.

Le condizioni meteorologiche sono uno dei fattori più importanti da tenere in considerazione quando si programma un’escursione.È quindi di importanza decisiva conoscere le previsioni relative alla zona dell’escursione, consultando gli appositi bollettini, senza fidarsi troppo dell’occhio e dell’impressione che il cielo può suscitare ad una certa ora della giornata. Le insidie legate al tempo, infatti, non sono da sottovalutare. Non si tratta solo del rischio di tornare a casa fradici, o di vedersi rovinato il panorama da foschia e nuvolaglia. In estate i temporali costituiscono un rischio serio, perché in montagna, soprattutto in certe condizioni ambientali, il rischio di venir colpiti da fulmini, con esito assai spesso mortale, aumenta di molto.

Se, dunque, sono previsti temporali è meglio non assumersi alcun rischio e differire l’escursione. Se poi si viene sorpresi dal temporale, alcuni accorgimenti possono risultare decisivi per evitare spiacevoli incontri ravvicinati con i fulmini. Bisogna tener presente che questi prediligono oggetti a punta ed elevati, quindi alberi (soprattutto se isolati o molto alti) o spuntoni di roccia. Di conseguenza sarà bene evitare di sostare in prossimità di oggetti del genere, o di trovarsi ad essere l’oggetto più alto della zona. Se si riesce a raggiungere l’automobile, ci si può rifugiare al suo interno, dove si è al sicuro (almeno dai fulmini).

Il cattivo tempo presenta, però, anche altri elementi di pericolosità. La visibilità, innanzitutto, può ridursi improvvisamente e drasticamente, rendendo problematico l’orientamento.La pioggia, poi, rende molto più insidioso il terreno, aumentando di molto il rischio di scivolare non soltanto sui sentieri , ma anche sui passaggi su roccia. In questo caso anche un percorso attrezzato può diventare molto insidioso. D’inverno il rischio dei temporali non sussiste. Tuttavia è importante informarsi sulle condizioni del manto nevoso, per evitare il rischio di slavine o valanghe, e tenendo presente che il massimo rischio si ha quando la temperatura si innalza dopo abbondanti nevicate.È bene informarsi anche sull’andamento dei venti. Incappare in una tormenta, con venti forti, sferzanti e gelidi, è un’esperienza veramente spiacevole ed anche seriamente rischiosa per chi non sia adeguatamente attrezzato per difendersi dal freddo. 

Claudia Scuderi,III BL.

Per il calcolo dei tempi di percorrenza di chi cammina con un buon passo su sentieri o strade carrozzabili:, in linea di massima si può indicare questa regola: nell’ipotesi di un cammino continuo e senza soste, ogni ora si guadagnano circa 300-400 metri di dislivello.

Se però si sale a vista in un bosco con vegetazione irregolare, oppure si debbono superare passaggi ostici, o ancora si cammina su neve, i tempi aumentano, anche considerevolmente.

La neve, in particolare, rende la salita molto più faticosa, soprattutto se non si è muniti di racchette. Inoltre si deve considerare il fattore altimetrico: più aumenta la quota, meno ossigeno si rende disponibile, il che aumenta sensibilmente l’affaticamento muscolare.

Per la discesa si calcolino tempi dell’ordine del 50-60% rispetto a quelli di salita (nel caso di una discesa spedita, anche se non a rotta di collo; una discesa tranquilla può comportare anche il 70-80% dei tempi di una salita di buona lena).

Inoltre io penso che un’escursione cronometro alla mano rovina molte delle possibilità di gustare scenari ed atmosfere che rendono il contatto con la montagna un’esperienza che si imprime indelebilmente nella memoria di chi la compie.

Se poi si è in molti, e con passo diverso, mi sembra come minimo doveroso adeguare il proprio passo a quello di chi fa più fatica.

Diverse persone vorrebbero effettuare escursioni, ma temono di guastare la giornata ad escursionisti più esperti ed allenati, rallentandone fastidiosamente la marcia. Chi ama veramente la montagna non ha però difficoltà ad adeguare il proprio passo a quello altrui, né arde per la smania di voler a tutti i costi raggiungere una meta memorabile. In montagna il cammino non vale meno della meta.

 

Le condizioni meteorologiche sono uno dei fattori più importanti da tenere in considerazione quando si programma un’escursione.È quindi di importanza decisiva conoscere le previsioni relative alla zona dell’escursione, consultando gli appositi bollettini, senza fidarsi troppo dell’occhio e dell’impressione che il cielo può suscitare ad una certa ora della giornata.

Le insidie legate al tempo, infatti, non sono da sottovalutare. Non si tratta solo del rischio di tornare a casa fradici, o di vedersi rovinato il panorama da foschia e nuvolaglia.

In estate i temporali costituiscono un rischio serio, perché in montagna, soprattutto in certe condizioni ambientali, il rischio di venir colpiti da fulmini, con esito assai spesso mortale, aumenta di molto.

Se dunque sono previsti temporali è meglio non assumersi alcun rischio e differire l’escursione. Se poi si viene sorpresi dal temporale, alcuni accorgimenti possono risultare decisivi per evitare spiacevoli incontri ravvicinati con i fulmini. Bisogna tener presente che questi prediligono oggetti a punta ed elevati, quindi alberi (soprattutto se isolati o molto alti) o spuntoni di roccia. Di conseguenza sarà bene evitare di sostare in prossimità di oggetti del genere, o di trovarsi ad essere l’oggetto più alto della zona. Se si riesce a raggiungere l’automobile, ci si può rifugiare al suo interno, dove si è al sicuro (almeno dai fulmini).

Il cattivo tempo presenta però anche altri elementi di pericolosità. La visibilità, innanzitutto, può ridursi improvvisamente e drasticamente, rendendo problematico l’orientamento.La pioggia, poi, rende molto più insidioso il terreno, aumentando di molto il rischio di scivolare non soltanto sui sentieri , ma anche sui passaggi su roccia. In questo caso anche un percorso attrezzato può diventare molto insidioso. D’inverno il rischio dei temporali non sussiste. Tuttavia è importante informarsi sulle condizioni del

manto nevoso, per evitare il rischio di slavine o valanghe, e tenendo presente che il massimo rischio si ha quando la temperatura si innalza dopo abbondanti nevicate.È bene informarsi anche sull’andamento dei venti. Incappare in una tormenta, con venti forti, sferzanti e gelidi, è un’esperienza veramente spiacevole ed anche seriamente rischiosa per chi non sia adeguatamente attrezzato per difendersi dal freddo. 

CLAUDIA SCUDERI,3BL.