Antigone, una donna extra ordinem

Antigone è sicuramente uno dei personaggi più rivoluzionari di tutto il panorama delle tragedie di Sofocle se non di tutta la tragediografia greca in generale per il suo coraggio, la sua fermezza nel prendere la propria posizione e nel mantenerla nonostante le imposizioni di una figura più alta nella scala gerarchica, il re di Tebe Creonte.
Una donna che si oppone ad una legge di una società ingiusta è un fatto al quale siamo avvezzi solo da anni recenti, per esempio Rosa Parks con la sua lotta al razzismo negli anni ‘60 o qualsiasi movimento di emancipazione femminista, ma sembra che Sofocle abbia creato un personaggio assolutamente moderno e che superava tutti gli stereotipi della figura femminile del suo tempo e che rappresenti al pieno il grande spirito combattivo di una donna quando, nel 442 a.C anno della prima rappresentazione del dramma alle Grandi Dionisiee, era impensabile un atteggiamento del genere.
In realtà bisogna anche evidenziare un tratto fallace del carattere di Antigone: infatti la sua testardaggine che è sia ammirevole perché dimostra una grande presa di coscienza ed emancipazione da parte della donna ma è anche fatale poiché sarà proprio la convinzione che Creonte non potrà mai ricredersi a portare la protagonista del dramma a togliersi la vita per evitare la prigionia.
Con le sue parole Antigone lascia un messaggio implicito ovvero che i tiranni hanno il controllo della popolazione non perché sono stimati ma perché sono temuti ed utilizzano la paura come mezzo di controllo al posto della clemenza e della comprensione; questo discorso può essere inteso anche come un ulteriore disprezzo verso le monarchie come quelle di Persia, eterni rivali della democrazia greca.
Prima della sua morte Antigone sembra quasi non essere preoccupata per la sua sorte poiché la sua morte renderà felici tutti i suoi parenti che ritroverà nel mondo dei morti ma sembra più compiangere il fratello Polinice che rimarrà condannato ad essere pasto per i cani e per i corvi, questo dimostra come Antigone non tenga tanto alla sua salvezza, ma si preoccupi della riuscita di ciò che si è fermamente decisa a portare a termine con ogni mezzo, questo pensiero è un’altra pennellata di assoluta modernità ce il tragediografo ha dato al suo personaggio ed in generale,a mio avviso, al suo intero poema.
Antigone rappresenta anche, con le sue azioni, l’eterna lotta tra il seguire una legge svantaggiosa oppure infrangerla per beneficiare di qualcosa rischiando di pagare le conseguenze, se guardassimo la protagonista sotto questo punto di vista apparentemente dovremmo essere d’accordo con il re Creonte poiché Antigone ha infranto una legge della città ma, come viene detto poi dall’indovino Tiresia, la sepoltura è una legge divina e quindi il negarla è un affronto molto oltraggioso verso l’Olimpo e quindi si crea un paradosso enorme dal quale è veramente difficile capire chi sia nel torto e chi nel giusto.
Un altro parallelismo può essere fatto con la questione della sepoltura di Aiace nell’omonima tragedia di Sofocle, anche lì una legge stabilita dal re Agamennone proibirebbe il degno saluto funebre ma,anche in quel caso, è la legge divina che sovrasta quella degli uomini,come ricordato da Ulisse, e quindi il grande guerriero acheo viene degnato di sepoltura.
Durante la storia possiamo trovare moltissime figure femminili che per cambiare la situazione politica per loro svantaggiosa hanno dovuto affrontare drammi o trovare,come nella tragedia a Sofocle, la morte come per esempio Giovanna d’Arco che prese in mano l’esercito dei francesi durante la guerra dei cent’anni per liberare il territorio della sua nazione finito in mano inglese.
Concludo questo commento esponendo i miei personali giudizi riguardo la tragedia che assolutamente è un capolavoro e caposaldo della letteratura nonostante io gli preferisca,tra le altre letture che abbiamo fatto, l’Aiace; sono rimasto molto colpito dal coraggio di Antigone e penso che questa figura debba essere, tutt’oggi, un esempio da seguire quando troviamo qualcosa di ingiusto e desideriamo cambiarlo, sopratutto se è qualcosa che va contro un’etica morale che, a mio parere, sovrasta qualsiasi giurisdizione.
Leonardo Fattori / Liceo Classico Galileo di Firenze