Quando la fisica “legge” Pollock

Sembra assurdo pensare che un pittore anticonformista e rivoluzionario come Jackson Pollock nel dipingere i suoi quadri abbia, anche se inconsciamente, riprodotto delle leggi della fisica. Infatti l’artista, considerato uno dei maggiori esponenti dell’espressionismo astratto(movimento artistico formatosi in seguito alla seconda guerra mondiale), si serviva di un’insolita e innovativa tecnica chiamata “dripping” (soiolatura). Questa tecnica, che sta alla base dell’action painting, consisteva nel far sgocciolare il colore lungo la tela, stendendola su pavimento o al muro, senza servirsi del cavalletto. Un’altra caratteristica ambigua di Pollock è ricollegabile agli strumenti che utilizzava per dipingere: eliminò totalmente gli attrezzi della pittura convenzionale quali tavolozza, cavalletto pennelli, sostituendoli con bastoncini, cazzuole, siringhe, coltelli e materiali come sabbia, vetri rotti.
Il fenomeno della fisica riprodotto da Pollock nei sui quadri è quello della fluidodinamica. Questo è dimostrato da uno studio svolto da Roberto Zenit, della Brown University, il quale afferma che il pittore è riuscito, versando la vernice su tela con l’aiuto di un bastoncino, a creare filamenti di colore sovrapposti che mancano di instabilità a spirale. Sembrava così applicare le leggi della meccanica dei fluidi sui suoi quadri, ottenendo qualcosa di perfetto e armonico. I critici d’arte si sono chiesti come facesse ad ottenere questa precisione, questo effetto calcolato al millimetro nelle sue tele. Infatti, nonostante l’animo libero e ribelle, non dobbiamo pensare che Pollock dipingesse a caso le tele, ma anzi, prima di realizzarle, come disse lui stesso, aveva già un progetto in mente. Si sentiva in contatto con il dipinto e non era oppresso dalla paura di sbagliare qualcosa, odi stravolgere completamente un quadro, per lui era questo a dover prendere vita nel corso dello svolgimento. Solo così poteva produrre qualcosa di armonico.
In realtà noi non sappiamo se Pollock fosse veramente consapevole dei principi fisici che riusciva ad applicare sulle sue tele, ma è probabile che l’assenza dei ricci e spirale fosse stata utilizzata da lui stesso per autenticare e identificare e sue opere.
Per capire come facesse a creare questo inspiegabile effetto il Dottor Zenit e altri collaboratori dell’università di Riverside del dipartimento di ingegneria meccanica, hanno creato un macchinario basato sul movimento di siringhe che facevano colare il colore sulla tela dal’alto e a velocità molto elevata. E’stata infatti la velocità della mano che ha permesso al pittore di non creare ricci e spirali.
Emma Boschi / Liceo Classico Galileo di Firenze