Un buon proposito per Natale

12.46 del 25 dicembre 2019, giorno di Natale. Completamente sommersa dai mille incarichi per il solito vecchio pranzo natalizio a casa nostra, come sempre del resto, mi siedo un attimo sul divano, apro il giornale sul mio smartphone e leggo: sbarchi dimezzati nel 2019. Dopo essermi soffermata per due secondi sul titolo della facciata del mio giornale digitale, apro il link e leggo in modo più dettagliato la notizia. Scorro lentamente col dito sullo schermo e apprendo che, a seguito di un bilancio di fine anno 2019, i dati riportano un calo del tasso di immigrati sbarcati in Italia rispetto agli anni precedenti. Scorro ancora fino ad arrivare alla chiusura di articolo che si conclude precisando che la maggior parte degli immigrati in Italia e di origine tunisina. 
12.57 Sono ancora nel salotto a rileggere e rileggere la notizia appena letta quando mia nonna di intima dalla cucina di aiutarla a preparare le salse per gli antipasti. Faccio scivolare il telefono sul morbido del divano e corro a darle una mano. 
15.08 Dopo un intenso pranzo di natale che sembrava non avere fine finalmente posso rifugiarmi nella mia tana per un attimo, lontana dalla chiacchiere dei miei rumorosi familiari. Mi stendo sul letto e mi abbandono ai miei indistricabili pensieri. Ripenso alla notizia che ho letto stamattina sull’app del Tgnews e cerco di fare mente locale, mi pongo dei dubbi e provo a darmi risposte sensate. Domando a me stessa se questa cosa del dimezzamento degli sbarchi nel nostro paese sia un fattore negativo o positivo. Penso al nostro governo e a come si sta muovendo e ha agito sul tema immigrazione. Rianalizzo tutti gli eventi riguardanti questo ambito avvenuti di recente due punti il caso della nave Diciotti, il decreto sicurezza bis, Carola Rackete. Mi vengono in mente altri esempi ma mi bastano questi per ricordare o almeno provare a immaginare quanta sofferenza devono aver provato quegli esseri umani che, senza altra scelta, si sono messi su una nave per tentare la salvezza. Non lo posso immaginare, mi dico tra me e me, e lo so bene che sono sensazioni che io o miei altri coetanei non possono comprendere, non lo sappiamo davvero cosa hanno passato queste persone. Quindi ritorno al punto di partenza e mi domando se davvero il dimezzamento degli sbarchi sia una conseguenza positiva. Penso che se gli arrivi in Italia si sono dimezzati uno dei motivi risiede nel fatto che molte navi che hanno cercato di attraccare nei nostri porti, o non sono mai arrivate o non ne hanno avuto la possibilità a causa delle ultime leggi. Quindi no, mi sembra un dato abbastanza negativo. Negativo soprattutto perché il nostro paese non ha mostrato la solidarietà e l’accoglienza necessaria nei confronti di persone che partono senza la pretesa di ottenere qualcosa ma con la speranza di trovare un posto migliore. Non so se siamo riusciti a fare questa impressione ai migranti. 
Dopo aver espresso mentalmente il mio giudizio sulla popolazione media italiana in generale, decido di passare a un’indagine ben più profonda. Esamino me stessa. Ripercorro le tappe della mia breve intensa esistenza e mi rendo conto che nonostante i miei principi solidi e l’ideologia valida, non faccio nulla di concreto. Parlo tanto ma nella realtà effettiva non faccio niente per cambiare il mondo, per modificare l’assetto della mia società. C’è da dire che sarebbe anche assurdo e imprevedibile che mi svegliassi una mattina e cominciassi di mia iniziativa a cambiare seriamente il pianeta(non sono Greta Thunberg del resto) ma sentivo di dover agire. In quel momento mi si accese come una lampadina a intermittenza negli angoli più bui e polverosi della mia memoria. Ricordai di quella poetica sera in cui i miei genitori mi proposero di ascoltare con loro il discorso di Steve Jobs durante la cerimonia di diploma di un’ università americana. Dopo un lungo discorso in cui spiegava passo passo le tappe della sua vita, disse che ogni esperienza che viviamo è come un punto e arriva un momento in cui non dobbiamo far altro che rimettere insieme i pezzi semplicemente unendo i puntini. Il suo monologo terminava poi con l’enunciazione di un incoraggiante motto che certe volte mi ripeto ancora: Stay hungry stay foolish. 
Questa reminescenza dei tempi in cui facevo ancora le scuole medie mi fece riacquistare quella fiducia in me stessa che ultimamente avevo un po lasciato da parte. 
Da quel giorno cominciai ad impormi di realizzare qualcosa di utile, dovevo dare il mio contributo, si, sentivo che era così. 
Nei giorni seguenti cominciai in modo tortuoso ad informarmi su eventuali progetti di volontariato che avrei potuto seguire durante la prossima estate. Avrei iniziato l’anno nuovo al meglio, pensavo dentro di me, si, sarebbe stato proprio così. 
Durante tutto l’inverno continuai a scovare informazioni su questo mio desiderio di aiutare il prossimo ma non riuscivo a trovare niente di praticabile per i minori di diciotto anni, e a quel tempo ero ancora minorenne. Finalmente dopo aver scorso il mouse del mio pc assiduamente per mezz’ora, trovai qualcosa per chiunque avesse più di 17 anni. Si trattava di un corso in cui era richiesto di prestare aiuto medico ad Accra, in Ghana. Era solo un’idea, ma da qualche parte si deve pur cominciare per fare qualcosa di buono, no?
Emma Boschi / Liceo Classico Galileo di Firenze