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La leggenda della città di ghiaccio e della città di fuoco – Racconto

Tanto tempo fa, Ghiaccio e Fuoco erano in lotta fra loro. La leggenda narra di un paladino che combatterà contro la città del Fuoco per riprendere lo Scettro del Ghiaccio che la Città del Fuoco aveva rubato.
Il paladino del Ghiaccio sarebbe giunto al mondo oltre il confine delle Colonne di Ercole per riprenderlo e ridare una volta per tutte il suo potere alla Città del Ghiaccio.
Il Fauno in maniera preoccupata disse alla gente in piazza: ”Il decimo anno, momento in cui la Città del Ghiaccio potrà riportare lo Scettro del Ghiaccio nel suo regno, si avvicina. Il Carro è già in viaggio per prendere il paladino. Lui è la nostra unica speranza di vittoria!” Un boato si levò nella piazza, con espressioni della gente incuriosite ma soprattutto speranzose.
Un portone si spalancò ed entrò una Ninfa dall’aspetto di donna, quasi interamente ricoperta di fiocchi di neve. Il vestito era bianco con qualche spruzzo di azzurro chiaro, il fondo delle maniche era ricoperto di scaglie di ghiaccio. Aveva due grandi orecchie a spillo, come un elfo, che la rendevano più carina, con gli occhi che variavano tra il blu, il verde e il viola. La Ninfa parlò: ”Manteniamo la calma. Non servirà a nulla agitarsi. Ognuno sa cosa deve fare e come lo deve fare. Ognuno torni nella propria casa.”
La Ninfa non parlava troppo forte ma tutti la capivano. La gente in piazza se ne andò formando dei gruppetti e commentando perplessa. Quando tutti se ne andarono, la Ninfa e il Fauno si diressero verso il portone da cui era uscita la Ninfa ma, prima che ci arrivassero, una voce alle loro spalle parlò: ”Mia signora, sono qui!” Quella che aveva parlato era una voce stridula, quasi assordante; la voce proveniva da un insetto che sembrava una libellula colorata di blu. Un carro atterrò al centro della piazza, ma non era un carro qualunque: non aveva i soliti cavalli a trainarlo, ma delle correnti d’aria. Dal carro uscì un ragazzetto di una quindicina d’anni. All’improvviso il ragazzo cadde a terra, come addormentato. La Ninfa esclamò in tono molto tranquillo: ”E’ normale, succede a tutte le persone che vengono a contatto con il mondo oltre la Conoscenza.”
Il ragazzo fu portato in un palazzo, dove si svegliò in una stanza con i muri azzurro chiaro. Ma la cosa più sensazionale è che il soffitto non c’era e si poteva osservare una bellissima Aurora Boreale nel cielo. Il letto era bianco e molto basso. Accanto a lui sedeva la Ninfa, che gli chiese dolcemente: ”Come ti chiami?”. Il ragazzo rispose: ”Ottaviano. Dove sono?“
La Ninfa esitò un attimo a rispondere a quella domanda. Poi lo esortò: ”Cambiati, non vorrai fare tardi a cena. Stasera cenerai con tutti i Comandanti. Ti abbiamo messo i vestiti in fondo al letto. Ti aspettiamo.” Ottaviano pensò che la sua non avesse molta voglia di rispondere alla sua domanda, comunque si preparò, nonostante gli fosse preso un gran freddo addosso. Improvvisamente, appena messi i vestiti, una specie di nuvoletta comparve sopra la sua testa; ci restò per un po’, poi scomparve e stranamente non sentì più freddo. Quindi bussò alla porta un maggiordomo che entrò e disse con un tono molto autoritario: ”I Comandanti la stanno aspettando per la cena!”
Ottaviano si sistemò la giacca e lo seguì. Arrivarono davanti ad un enorme portone, che si spalancò da solo. La stanza era enorme: al centro c’era un tavolo lunghissimo, tutto apparecchiato per nove persone. Davanti al tavolo c’era un camino enorme, la fiamma era blu ed emanava freddo. Negli altri spazi vuoti c’erano solo statue di ghiaccio: cani, gatti, unicorni, angioletti e molte altre cose strane che sembravano quasi persone. Entrarono delle creature tutte con delle orecchie a spillo come la Ninfa che si sedettero con la Ninfa a capo tavola, tre che a Ottaviano sembrarono Fauni da una parte del tavolo e tre dall’altra. Infine restava solo un posto che doveva essere il suo.
Il cibo era ottimo anche se non conosceva esattamente quello che stava mangiando.
Tutti diedero il benvenuto a Ottaviano e ad un certo punto le creature presenti improvvisamente si accigliarono. La Ninfa si alzò e intervenne: ”Siamo qui riuniti oggi per parlare della Profezia e di quello che dovrà fare questo ragazzo.” Tutti insieme iniziarono a parlare. Ottaviano disse cercando di farsi sentire da tutti: ”Dove sono? E di quale Profezia state parlando?” Essi voltarono lo sguardo verso Ottaviano. Calò il silenzio. Uno dei Fauni si girò verso la Ninfa e esclamò: ”Per rispondere alla prima domanda, sappi che ti trovi nel mondo oltre la Conoscenza, come lo chiamate voi?Ah, sì! Le Colonne di Ercole! E alla seconda, non credo debba essere io a doverti rispondere…”
Passò qualche minuto, ma a Ottaviano sembrarono un infinità. La Ninfa fece un discorso perfetto su quello che avrebbe dovuto fare lui e perché lo doveva fare. Ottaviano era terrorizzato. Come poteva lui andare a recuperare lo scettro dei mondi nella città del Fuoco?
Non aveva molta scelta, a quanto pareva: aveva bisogno di tutto il suo coraggio e comunque… non sapeva come tornare a casa. Quindi decise di accettare la sfida. Sarebbe dovuto partire la mattina seguente. Ottaviano fu accompagnato nella sua stanza.
La mattina fu svegliato all’alba dall’insetto blu, che sembrava una libellula. Gli diedero da indossare un’armatura con una spada, l’elmo, un po’ di provviste, una mappa e un cavallo.
Ottaviano diede al cavallo il nome Leo. Alla spedizione parteciparono quindi in tre: Ottaviano, l’insetto blu che si chiamava Filo e il cavallo Leo. Tutti insieme partirono.
Arrivati alle Colonne di Ercole, Ottaviano consultò la mappa ed esclamò: ”Nella mappa è segnalato di stare attenti al mare”, ma prima che potesse finire la frase… accanto a loro si formò un enorme vortice nell’acqua. Per fortuna riuscirono a superarlo grazie a Leo che si montò in groppa nuotando vigorosamente gli altri due viandanti. Ormai era nato un forte legame di amicizia fra i tre.
Si fermarono, era notte, sarebbero ripartiti all’alba della mattina seguente. Non erano neanche a metà, che tutti erano già stanchi. Si trovavano su una costa, sdraiati nei sacchi a pelo che aveva dato loro la Ninfa prima di partire.
Alle prime luci dell’alba, si misero in marcia verso la città del Fuoco; Ottaviano non sapeva cosa aspettarsi, ma era certo che doveva stare sempre con gli occhi ben aperti.
E finalmente, dopo ore e ore di cammino, arrivarono alle porte della città del Fuoco.
Ottaviano sussurrò: ”Amici, state sempre vicino a me. E appena vedete lo scettro, escogiteremo un piano ben elaborato per appropriarcene.”
Non fu facile attraversare tutte le guardie, ma finalmente arrivarono nella stanza dello Scettro, posto dentro ad una teca di vetro. Era tutto d’oro e tempestato di rubini rossi, ma la stanza era ancor più bella. Le pareti erano d’oro, rosse e piene di arazzi che raffiguravano scene di vulcani che eruttavano fuoco e lava incandescente. A fare la guardia alla scettro c’erano due sentinelle, che camminavano su e giù.
Filo iniziò a ronzare intorno alle teste delle sentinelle tenendole occupate, intanto Ottaviano cercava di aprire la teca di vetro; ma appena la aprì, lo prese saldamente tra le mani e urlò: ”Scappiamo! Forza, Filo, sbrigati!” Corsero così veloce che a Ottaviano sembrò di volare come Filo.
Montarono tutti sul cavallo con lo scettro. Da dietro le sentinelle lanciavano palle di fuoco, ma loro erano troppo lontani e le palle di fuoco non riuscivano a raggiungerli.
Il viaggio di ritorno fu meno faticoso dell’andata. Nessun vortice d’acqua e nessun avvertimento sulla mappa. Arrivati alle Colonne di Ercole fecero una pausa, erano affamati e distrutti dalla stanchezza ma avrebbero dovuto ripartire dopo una breve sosta.
Arrivati al castello del ghiaccio furono accolti con fiori, grida di gioia e applausi e lo Scettro del Ghiaccio magicamente divenne di colore argento e blu intenso.
Ma non solo, la Ninfa incoronò Ottaviano Paladino del Ghiaccio!
Dopo l’incoronazione, il ragazzo chiese alla Ninfa: ”Mi piace moltissimo stare qui, vi ringrazio, ma vorrei poter ritornare a casa. Voi sapete come posso fare?”
La Ninfa sembrò quasi dispiaciuta, ma comunque accettò di farlo tornare da dove era venuto. Ottaviano bevve uno strano liquido che la Ninfa gli porse, si abbracciarono e salutò con le lacrime agli occhi uno per uno i suoi amici, Il cavallo Leo e il piccolo insetto blu Filo e… tutto divenne solo un frutto della sua immaginazione.
Ottaviano pensò: “Peccato che tutto questo non sia stato reale!”
Ma mentre si appoggiava sul banco di scuola, i suoi occhi caddero sull’illustrazione di un libro di fiabe con disegnati Leo, Filo, il Fauno, la Ninfa con in mano lo Scettro del Ghiaccio di un colore Argento e Blu e tutti i cittadini della Città del Ghiaccio in festa.

Chissà se Ottaviano un giorno potrà mai rivedere i suoi amici…
Bianca / Scuola Secondaria di primo grado Puccini di Firenze