Matilda di Canossa : il potere di una contessa

“Andare a Canossa”, questa è l’espressione che usiamo tutt’oggi quando si deve ammettere di aver sbagliato e quindi chinare il capo di fronte alla realtà del nostro errore.

Deriva dal celebre episodio che vide protagonisti l’imperatore Enrico IV, il papa Gregorio VII e Matilde di Canossa.

Quest’ultima si ritrovò ad assistere, assieme al papa, suo ospite, all’umiliazione di suo cugino imperatore. Egli dovette rimanere inginocchiato, con la cenere sopra la testa, per tre giorni e tre notti davanti all’ingresso del Castello Matildico, residenza della Grancontessa , per ottenere la revoca della scomunica.

Prima del potere

Matilde nacque tra la seconda metà del 1045 e la prima del 1046 probabilmente a Mantova, la città nella quale il padre Bonifacio, signore di Canossa e marchese d Toscana, possedeva il suo palatium. Sua madre, la contessa Beatrice di Lotaringia, seconda moglie di Bonifacio, era la nipote della moglie dell’imperatore Corrado II.

La sua infanzia fu alquanto travagliata, ritrovandosi a dover affrontare ben tre lutti all’interno della sua famiglia. Il primo a soli 6 anni, quando suo padre fu assassinato da un vassallo, durante una battuta di caccia, che trafisse la sua gola con una freccia avvelenata. Un anno più tardi dovette subire la perdita dei suoi due fratelli maggiori che perirono in circostanze misteriose, probabilmente un avvelenamento involontario.

Matilde sposò il suo fratellastro Goffredo il Gobbo, per solidificare l’unione tra le due famiglie e per evitare che si dovessero dividere le varie proprietà. Poco tempo dopo rimase incinta, ma la bambina che diede alla luce morì pochi giorni la nascita. A causa dei postumi di un parto difficile e dell’ostilità mostrata dal casato del marito per non avergli fatto dono di un erede, Matilde decise di tornare a Canossa dalla madre.

Il marito, supportato da papa Gregorio VII tentò futilmente di riconquistarla e quando fu assassinato ella non si preoccupò neppure di recitare una messa per lui. Ciò fece credere ai più che la responsabile della sua morte fosse proprio la Contessa Matilde.

A 30 anni divenne l’unica erede delle terre da Corneto al Lago di Garda dove iniziò il suo regno durato 40 anni.

La lotta per le investiture

Nel mentre i rapporti tra il papa Gregorio VII e l’imperatore Enrico IV si erano inaspriti molto, portandoli ad un duello che nella storia verrà poi ricordato con il nome di “Lotta per le investiture”. Matilde si schierò apertamente con il papa, ignorando i legami di sangue che intercorrevano tra lei e l’imperatore e assistendo poi al compromesso accordato tra i due. Addirittura, la Grancontessa donò tutte le sue proprietà al papa, sfidando ulteriormente l’imperatore che decise di vendicarsi alla prima occasione. Infatti, due anni più tardi, l’imperatore esiliò Gregorio VII e Matilde, dopo averli sconfitti in una battaglia tenutasi nei pressi di Volta Mantovana. Quest’ultima però non demorse e resistette, riuscendo a sbaragliare l’esercito imperiale nella battaglia di Sorbara.

Quando salirà al potere Enrico V, dopo la morte del padre, il nuovo imperatore nominerà Matilde “Viceregina d’Italia”. La Grancontessa morì per gotta e la sua salma fu posta in una tomba scolpita da Bernini, nella Basilica di San Pietro a Roma.

Personalità

Matilde si dimostrò senza ombra di dubbio una donna dal forte carisma, astuta e lungimirante.

Partecipò attivamente agli screzi presenti tra impero e papato, prima tentando di riappacificare le due parti, dopo schierandosi dalla parte della chiesa, andando contro i suoi interessi ed affrontando con coraggio tutte le differenti conseguenze.

E’ considerata, dalla tradizione, una donna estremamente credente, tanto che il suo più grande desiderio era quello di vedere ammesse le donne al sacerdozio. Gregorio VII le promise che se fosse riuscita a costruire 100 chiese, ella stessa sarebbe diventata sacerdotessa. Alcuni sostengono che, purtroppo morì prima di poter portare a termine l’impresa costruendo solo 99 chiese, altri che ne costruì 100 ma che l’ultima fu distrutta, altri ancora che ne eresse solo una.

Ricordata come abile guerriera, imparò quest’arte da suo padre e dimostrò il suo valore in molte battaglie. Gli scenari di morte presenti in battaglia, furono molto probabilmente la causa del suo volersi ritirare, nella vecchiaia, ad una vita fatta di preghiera e tranquillità.

Riuscì sempre a destreggiarsi abilmente evitando la sua completa disfatta, grazie alla sua capacità di trovarsi dei validi alleati e di agire sempre con cognizione di causa.

Si guadagnò inoltre la stima e la fiducia dei suoi vassalli, considerandoli collaboratori e non sottoposti.

Donna estremamente legata alla cultura, possedeva un’immensa biblioteca nella sua dimora, evento raro nella sua epoca.

Essere una donna nel medioevo non era affatto facile e la situazione si complicava se una donna si trovava a rivestire un ruolo di comando. Il caso di Matilde era un fatto anomalo per l’epoca e non poche furono le persone che la contestarono solo per il suo sesso.

Il territorio governato da Matilde non rimase immutato dopo il suo passaggio, ella infatti lasciò diversi castelli a testimoniarlo. La maggior parte di essi sono ancora oggi visitabili e si trovano in provincia di Reggio Emilia.

Ognuno ha una storia da raccontare: il Castello di Sarzano, a Casina, conserva la bella Torre del Cassero che domina la valle, Montecchio mantiene le anguste prigioni, mentre Rossena regala una vista mozzafiato dall’alto del suo sperone di roccia vulcanica rossa. Il castello di Carpineti, oggigiorno un rudere, ospitò papa Gregorio VII durante la Lotta per le investiture e si pensa che sia proprio quest’ultimo castello ad aver dato origine al detto “Andare a Canossa”.

Stefania Capuano