Africa Sub Sahariana, Covid-19 e tensioni sociali

Il Burkina Faso è un paese dell’Africa Sub Sahariana senza sbocchi sul mare, abitato in prevalenza da una popolazione di etnia Mossi e di religione mussulmana, con un tasso di analfabetismo che tocca il 70% degli adulti che esercitano il diritto di voto.

Nel corso della crisi Covid, il Burkina Faso si è trovato a dover affrontare la prospettiva di un collasso della sanità pubblica in concomitanza con una serie di tensioni dovute agli attacchi di gruppi terroristi composti da fondamentalisti islamici che minano da circa un anno a prendere il potere nel nord del paese.

Claudio Scotto è un italiano residente in Burkina Faso, dove gestisce un’azienda di esportazione di frutta locale e ha accettato di rilasciare un intervista, a pochi giorni dalle elezioni nel paese, per parlare delle misure di contenimento del virus adottate dal governo, della sanità pubblica locale e delle tensioni dovute agli attacchi dei jihadisti.

In primo luogo, di cosa ti occupi precisamente?

“Sono amministratore delegato di una società di produzione alimentare di anacardi e mango secco, che esporta i propri prodotti in Nord America e in Europa”.

In Burkina Faso sono stati registrati alcuni casi di Covid-19 a partire dallo scorso maggio. Quale è stata la riposta iniziale del governo locale al propagarsi del virus?

“Il Covid ha iniziato a manifestarsi qui relativamente tardi, anche se i primi casi si sono avuti all’inizio di marzo. Dopo che questi sono stati accertati, tutti i voli dall’estero diretti nella zona della capitale Ouagadougo sono stati cancellati. In quel momento il governo è riuscito a preservare abbastanza il paese dalla prima ondata, nonostante le tensioni sociali, dovute alla limitazione degli spostamenti nelle città principali”.

“Il virus venne definito “malattia dei bianchi”- prosegue Scotto- poiché proveniva dall’Europa. Fu annunciato un coprifuoco che “tagliò le gambe” all’economia e furono proibiti gli spostamenti tra le città ma, anche per via delle temperature elevate, che ad aprile toccano i 36 gradi, il virus non colpì in modo massiccio la popolazione nel corso della prima ondata.

In che modo l’avvento del virus e le restrizioni governative hanno influito sull’andamento della tua attività?

“Noi facciamo parte delle associazioni industriali dei sotto- settori dell’anacardo e del mango secco e, in entrambi, c’era molta pressione perché adottassimo le linee guida dell’OMS. Dovemmo decidere per un distanziamento sociale delle nostre 450 dipendenti che lavoravano a contato ravvicinato tra loro e che furono divise in tre gruppi di lavoro differenti. Per quanto riguarda la richiesta del prodotto sul mercato, abbiamo avuto un incremento degli acquisti, soprattutto online, nei paesi del nord Europa, dove abbiamo una piattaforma di commercio via internet. Per l’esportazione di prodotti, non ci sono stati grandi problemi come si pensava: tutta la logistica internazionale di trasporto di beni alimentari e di prima necessità ha retto quasi perfettamente. Abbiamo perso però una percentuale, sebbene molto limitata, del fatturato per la limitata produttività dovuta alla riduzione del numero di impiegate”.

Quanto e come ha funzionato la sanità pubblica del paese nel corso dell’emergenza? 

“È evidente che si parla di un paese in via di sviluppo, con una sanità pubblica che è lo scheletro di ciò che dovrebbe essere. È necessario pagare le prestazioni mediche, a meno che non siano destinate ad una donna incinta o ad un bambino di età inferiore ai 5 anni. Deve ovviamente essere chiarito che, mentre nei paesi Europei ricchi la stragrande maggioranza della popolazione può permettersi di pagare cure mediche adeguate, nei paesi come il Burkina Faso, dove il reddito medio è molto più basso, è possibile vivere serenamente quando si è sani ma, al sopraggiungere di una malattia, si è costretti ad indebitarsi pesantemente per pagare le cure necessarie. Su questo si è inserita una pandemia mondiale e si è reso necessario l’intervento di ONG sanitarie e dell’OMS, che ha fornito moltissimo supporto dal punto di vista dell’informazione riguardante il virus”.

Tu stesso sei risultato recentemente positivo al Covid-19. Cosa pensi delle cure mediche che ti sono state fornite?

“Ho contratto il virus insieme ad altri 14 colleghi, tutti fortunatamente guariti nel giro di poco più di una settimana, anche se con qualche complicazione. Quando le autorità hanno saputo che ero risultato positivo sono stati mandati a casa mia dei medici. Io mi ero intanto affidato alle cure a distanza di un medico di Napoli, il cui contatto mi era stato fornito dall’ambasciatore italiano. Quando sono arrivati i dottori locali, mi hanno però prescritto esattamente gli stessi medicinali raccomandatimi dal medico a cui mi ero affidato. La loro professionalità e il fatto che le prescrizioni fossero le stesse dei medici europei, mi hanno rassicurato e dissuaso dal richiedere un’aereo privato per farmi riportare in Italia. L’OMS e i medici locali sono riusciti, nonostante tutte le problematiche della sanità, a fronteggiare il progredire dell’epidemia”.

Ci sono state tensioni a partire dall’inizio di quest’anno nel nord del paese a causa di gruppi terroristici jihadisti. L’affluenza alle recenti elezioni presidenziali è stata in qualche modo limitata dalla minaccia dei terroristi? 

“I terroristi minacciano la parte nord del paese con attacchi indiscriminati in chiese, moschee e sedi delle forze dell’ordine. Quasi mezzo milione di persone è stato, nei mesi precedenti alla scorsa estate, costretto a lasciare la propria casa per spostarsi in luoghi del paese più sicuri. Il governo aveva deciso, qualche mese fa, che le elezioni si sarebbero svolte indipendentemente dalla presenza di terroristi sul territorio nazionale, ma che si sarebbe votato solo nelle zone sicure sotto il controllo delle forze governative, quindi non nelle città del nord occupate dai terroristi. In seguito è stato possibile votare anche a Dori, la città principale del nord, nonostante alcune delle zone circostanti fossero sotto il controllo dei jihadisti. Le elezioni sono, quindi, state considerate valide e il presidente uscente Kabor è stato dichiarato vincitore con più del 50% dei voti nonostante le proteste dell’opposizione che sembra aver riscontrato irregolarità nelle elezioni.

La tua attività ne ha risentito?

“La mia attività non è stata in alcun modo limitata dalla presenza dei terroristi, con i quali fortunatamente non siamo mai entrati in contatto”.

Gli attacchi dei jihadisti sono diminuiti con l’avvento del Covid-19 nel paese?

“Inizialmente gli attacchi sono diminuiti, soprattutto nella prima fase di propagazione del virus, successivamente, col diminuire della preoccupazione generale per il Covid, si è ripreso a sentirne parlare nel mese di agosto. Nonostante i tentativi di minare l’ordine costituito le elezioni si sono però svolte e gran parte del nord del paese sembra essere stato liberato. Il fenomeno del terrorismo è da considerarsi abbastanza endogeno. Storicamente nell’Africa Sub Sahariana ci sono state tensioni tra le zone più povere, a nord, e quelle più ricche, a sud, ma un conflitto di questo genere è sicuramente da considerarsi finanziato da forze estranee al paese, che potrebbero essere l’Arabia Saudita o il Quatar per interessi di diverso tipo. Al venir meno di questi finanziamenti per un motivo come il Covid-19, risulta ovvio che anche le attività dei terroristi siano più limitate. Il problema del terrorismo in queste zone del pianeta può essere risolto solo con uno sviluppo socio-economico che sia pari da nord a sud , poiché deriva da una serie di fattori che sono diretta conseguenza dei problemi socio economici dei paesi in via di sviluppo e non certamente da una fede religiosa di qualche tipo”.

“La situazione del Burkina Faso, paese in via di sviluppo,- conclude l’imprenditore italiano- è  attualmente sotto controllo, ma non è da sottovalutare l’enorme divario socioeconomico con gli Stati dell’Europa e del Nord America che per anni hanno sfruttato questi territori, impedendone uno sviluppo complessivo che ne garantisse la stabilità”.

Simone Staiano, III C