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Le sculture tatuate di Fabio Viale in mostra a Pietrasanta. L’arte classica può veramente essere modificata?

Truly, la mostra dell’artista Fabio Viale curata da Enrico Mattei con il sostegno della Galleria Poggiali di Firenze, ha visto protagoniste circa venti monumentali opere scultoree esposte nei luoghi simbolo della città di Pietrasanta (LU): Piazza Duomo, la Chiesa di Sant’Agostino e il chiostro. Iniziata il 27 giugno e durata fino al 4 ottobre, la mostra ha rappresentato la rinascita dell’arte italiana in un momento storico tanto importante che ha visto e vede nuovamente la chiusura di mostre e musei. L’intento di Fabio Viale è stato quello di interpretare i giorni di forzato isolamento presentando in anteprima Le tre grazie, all’interno della Chiesa di Sant’Agostino. L’opera in marmo bianco ha come soggetto tre donne algerine di religione islamica ibadita dove la donna indossa il tradizionale haik, ampia veste bianca lunga fino ai piedi che lascia solo un occhio scoperto. Le Tre Grazie provocano un cortocircuito visivo e semantico: connettendosi alla simbologia del velo e all’esperienza del distanziamento sociale, l’artista pone l’attenzione sul tema della libertà negata e su ciò che la civiltà Occidentale vive come limitazione. In dialogo con l’opera colloca, non distante, due finte buste di carta in marmo, che hanno rispettivamente due buchi per gli occhi e uno per la bocca. Scultore piemontese definito il giocoliere del marmo, Fabio Viale unisce magistralmente arte classica e arte contemporanea, riuscendo a trascinare fuori dai musei l’arte ellenistica e i marmi di Michelangelo. L’artista infatti realizza copie desunte dall’arte classica e moderna come la Venere di Milo, il Laocoonte, la testa del David di Michelangelo, che sono state esposte in Piazza Duomo, alle quali aggiunge un elemento innovativo: il tatuaggio che realizza non dipingendo semplicemente la superficie delle statue, ma facendo penetrare il colore all’intero del marmo con l’ausilio di una particolare tecnica con la quale ottiene lo stesso risultato di un tatuaggio sulla pelle. Questi si ispirano alla malavita russa, all’arte giapponese, fino i nuovi orientamenti provenienti dal mondo dei trapper e delle influenze sudamericane. Come dichiarato da Enrico Mattei “ Come in un cortocircuito, l’artista riesce a sovvertire la storia degli equilibri estetici che siamo abituati a contemplare nella scultura: un bello classico e ideale che nessuno prima di lui aveva pensato di rivoluzionare con un’altra tradizione, forse assai più antica, quella del tatuaggio”. 

Sveva Paternicò, III B