Giorno della Memoria

 IC Losapio-San Filippo Neri di Gioia del Colle (BA)

In occasione della giornata della memoria, la classe 3°B ha pensato di realizzare una storia ambientata nel campo di concentramento di Auschwitz in cui i protagonisti siamo proprio noi. Il 27 gennaio, data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz, è un giorno molto importante da ricordare perché dobbiamo essere coscienti di ciò che è avvenuto in passato per non commettere gli stessi errori. Per evitare che una tragedia come quella dell’Olocausto si ripeta, occorre ricordare e, soprattutto, capire. La Giornata della Memoria non serve solo a commemorare quei milioni di persone uccise crudelmente e senza nessuna pietà ormai quasi 80 anni fa, ma anche a ricordare che ogni giorno esistono tante piccole discriminazioni verso chi ci sembra diverso da noi e, spesso, proprio noi ne siamo autori inconsapevoli. Durante il periodo della shoah, l’uomo, costretto a lavorare nei campi di concentramento e ridotto alla fame, ha perso la sua dignità ed è stato trattato come fosse un oggetto.

Tutto quello che è accaduto è una triste pagina della nostra storia, ma sono proprio questi avvenimenti che potrebbero renderci persone migliori e aiutarci a non sbagliare più se è vero che “Historia magistra vitae est”.

Ecco il nostro racconto, cari lettori, in cui abbiamo, con empatia, cercato di vivere e di descrivere la vita, al tempo delle leggi razziali, dei nostri coetanei…

 

LEVI

29/09/1944

Caro diario,

oggi sono andato in riva al fiume con la mamma. Vi erano farfalle che, libere, svolazzavano fra l’erba alta, sentivo il gracidare delle rane e dei loro piccoli tuffi in acqua, i pesciolini saltellavano con aria dispettosa, quasi divertiti. Udivo il fruscio del vento che abbraccia le foglie e le lascia andar via, il sole che brillava nel ciel sereno e riscaldava la mia pelle. Eppure, ora che ci penso, qualcosa di ancor più gemmeo e vivo della luce si trovava proprio accanto a me: era l’infinito sorriso di mia madre.

Un breve momento, io e lei insieme ma so già che rimarrà impresso nei mei ricordi per sempre.

Durante il pomeriggio, ho trascorso il mio tempo con due dei miei amici più cari, Loris e Lucia. Il nostro è un rapporto unico e nutro nei loro confronti un gran bene; ci sono sempre per me ogni qualvolta ho bisogno di aiuto e spero di non perderli mai.

La mia è stata una giornata piuttosto semplice ma spensierata ed allegra ma ora, mio caro amico, ti auguro una buonanotte perché sento che, a breve, papà verrà a controllare che io dorma. Sai, domani dovrò svegliarmi presto.

Ti abbraccio.

 

 

GEMMA

03/10/1944

Caro diario,

oggi è il mio compleanno, e come regalo, ho ricevuto te. Ti avviso: considero i diari come fossero persone vere, nel senso che parlerò con te come se tu fossi qui, accanto a me, seduto comodamente sul mio soffice sofà.

Ora mi presento: sono Gemma e ho 13 anni, invece, tu ti chiamerai Aria. Ora ti starai chiedendo perché Aria, vero?! Perché per me questo sostantivo è sinonimo di libertà e tu, spero, riuscirai sempre a farmi tirare un sospiro di libertà. Sento, infatti, che mi manca l’aria, mi sento come un topolino in trappola.

Oggi, come ti ho già raccontato, è il mio compleanno. A scuola mi sono sentita felice, in quanto mi hanno applaudita come se avessi appena concluso di recitare in uno spettacolo teatrale. Comunque tu sei il mio secondo diario ma stai tranquillo perché, rispetto al primo, avrò più cura di te. Prima, infatti, ero piccola e più che scriverci mi divertivo a scarabocchiare con i miei splendidi colori a pastello.

Ricordo che, un giorno, annotai il mio peso, la mia altezza e l’elenco di tutto quello che facevo nella giornata, tutto rigorosamente scandito dagli orari. Fortunatamente ora ho smesso.

Di quello che è successo oggi posso dirti che mi sono sentita una regina felice nel suo regno.

LEVI

30/09/1944

Caro diario,

questa mattina, mentre percorrevo la solita strada polverosa per recarmi a scuola, mi è capitato di udire dei bizzarri commenti sul mio conto.

Alcuni signori seduti su una panchina nella piazza principale del mio paese, con un giornale che copriva loro quei buffi baffetti alla francese e la caviglia appoggiata sul ginocchio dell’altra gamba, erano intenti a leggere il quotidiano e a commentare le notizie e, di tanto in tanto, buttavano un occhio verso me e mio padre bisbigliando qualcosa, che, però, non ho ben compreso. So per certo, tuttavia, che stessero parlando di noi e della nostra religione: L’EBRAISMO.

Giunto a scuola, la maggior parte dei miei compagni non mi ha salutato ma non mi sono meravigliato perché è da un po’ di tempo che i nostri rapporti si sono freddati. Colpa mia? Me lo sono chiesto più volte in questi giorni senza trovare risposta. Subito mi sono diretto verso Loris che mi aspettava con un vassoietto di dolci in mano (nel caso tu non lo ricordassi è nostra abitudine e tradizione portare all’altro qualcosa di goloso il giorno di un’importante interrogazione. Oggi l’argomento da esporre riguardava gli antichi greci).

Egli, oggi, mi è sembrato diverso dal solito, come se provasse compassione per me e, allo stesso tempo, dispiacere. Tuttavia non mi ha raccontato nulla.

Un altro atteggiamento inconsueto oggi è stato quello dell’insegnante di storia: la professoressa Paolini che, contrariamente da come ha agito con gli altri miei compagni, mi ha riempito di domande una dopo l’altra. Io non avevo neanche il tempo di risponderle che subito passava ad altro, tuttavia sono riuscito a cavarmela e a prendere 7 nonostante sia io che Lucia meritassimo di più (questa è la nostra convinzione). Mi sono dovuto, però, accontentare in quanto la professoressa non sembrava essere in vena di discussioni.

È stato un giorno “strano” e diverso dal solito.

Domani andrà meglio.

 

 

GEMMA

25/10/1944

Cara Aria,

oggi ho un grandissimo bisogno di scriverti.

Oggi a scuola, mi hanno esclusa, mi hanno spostato in un’altra classe con altri ragazzi che non conosco provenienti da altre classi. Ci hanno rinfacciato di non meritare alcuna attenzione.

Ti chiedo scusa per averti trascurato nei giorni scorsi ma sono stati giorni molto duri per me. Ci hanno preso di mira, ci hanno appellato come fossimo cani e neanche i cani vanno offesi. Vanno rispettati, amati, coccolati perché sono il più grande amico dell’uomo. Eppure c’è ancora chi si ostina a maltrattarli, picchiarli, ingiuriarli e abbandonarli.

Poi è sopraggiunta la professoressa che ha insistito a ché non andassimo a scuola nei giorni seguenti perché non lo considerava più necessario.

Noi eravamo la rovina della classe, noi non potevamo più stare in classe con coloro che, fino a qualche giorno fa, consideravamo amici, coloro che spesso sono venuti a casa mia per studiare, per ascoltare musica e per ammirare la mia collezione di francobolli. Come eravamo felici! Se ripenso al passato, un magone mi strozza e mi impedisce di respirare.

Io non capisco proprio cosa abbia potuto fare di così terribile. Cosa c’è in me che non va?

Ti prego! Non abbandonarmi anche tu.

LEVI

01/10/1944

Caro diario,

oggi è stato un giorno ancora più triste.

Mentre andavo a scuola, un signore con cappellino e bastone, si è avvicinato a mio padre e gli ha sputato su una scarpa, dicendo “EBREO”.

Sono andato su tutte le furie ma mio padre ha cercato di tranquillizzarmi. Sono arrivato a scuola e qui tutti rifuggivano da me, come se avessero timore anche solo di rivolgermi lo sguardo. Mi evitavano tutti ma mi sono fatto coraggio e sono entrato ugualmente in classe. Mi sono seduto al mio posto e, appena poggiato lo zaino sulla sedia, l’insegnante mi ha invitato ad alzarmi e a sedere sul pavimento in fondo alla classe, in un angolino freddo e sporco. Ero solo e dentro di me piangevo ma sono stato coraggioso e con fermezza ho cercato di respingere le lacrime. Non volevo dargliela vinta anche perché non ho commesso alcuna errore.

Durante la ricreazione, poi, alcuni ragazzi più grandi mi si sono avvicinati e hanno cominciato a riempirmi di insulti con un fare beffardo. Mi hanno lanciato contro anche fazzoletti sporchi e hanno commentato con frasi offensive del tipo “tu non vali niente”. Non riuscivo a capire cosa stesse succedendo, avevo per caso commesso qualche errore o fatto qualcosa di sbagliato? Non mi risulta. Ho chiesto spiegazioni e la sola risposta ricevuta è stata quella di Carola Rond, che dal lato opposto della classe, gustava il suo spuntino ripetendomi “è colpa tua “.

Ho rivolto lo sguardo verso Loris e Lu ma non ho trovato più neanche il loro appoggio perché si sono voltati dalla parte opposta alla mia. Questo gesto mi ha fatto soffrire molto.

All’uscita da scuola ho avuto il coraggio di fermare Lucia per chiederle se le andasse di studiare insieme nel pomeriggio ma lei mi ha guardato per qualche secondo, e, nonostante cercasse di trattenere le lacrime, non ce l’ha fatta e ha solo sussurrato “mi dispiace, davvero” ed è andata via.

Ora sono solo, ho perso i miei amici ma non perdo la speranza perché ci sei tu.

 

 

GEMMA

28/10/1944

Caro diario,

come stai? oggi sono leggermente più felice rispetto a tre giorni fa.

La mia situazione, rispetto al 25, non è cambiata ma ho incontrato una nuova professoressa. Ci ha parlato oggi di un nuovo verbo: “DISCRIMINARE” cioè considerare diverso ciò che, secondo me, diverso non è. Non so come la gente possa essere così crudele.

Ora, finalmente, ho scoperto il motivo delle offese che io e la mia famiglia, in tutto questo tempo, abbiamo dovuto sopportare: abbiamo origini ebraiche. Per me non ciò non è una colpa anzi è un vanto perché i miei antenati con spirito di sacrificio hanno messo su una bottega di tessuti pregiati. Erano conosciuti da tutti. Pare che un mio trisavolo fosse addirittura un medico molto apprezzato e stimato, sempre pronto a correre in aiuto di chi avesse avuto bisogno di lui.

LEVI

02/10/1944

Caro diario,

i giorni sono sempre più cupi. Mi sento solo e mi mancano i miei amici.

Oggi a scuola è stata licenziata la professoressa di tedesco insieme a molti altri insegnanti. A noi alunni non è stato spiegato il motivo di questi provvedimenti eppure avevo l’impressione che tutti lo sapessero tranne me.

E’ stata una giornata pessima proprio come tutte in questo così strano periodo. Sono ancora molto confuso, i giorni passano pensierosi e cupi. Nessuno, ormai, più mi rivolge parola.

GEMMA

1/10/1944

Ciao Aria,

Ti chiedo veramente scusa per tutto il tempo che è passato senza sentirci.

Ti confesso che mi è mancato prendere in mano la mia penna e iniziare dolcemente a scrivere, mentre sfoglio le tue pagine con i polpastrelli.

Ti confesso che io, insieme a tutta la mia famiglia, stiamo fuggendo da una cantina all’altra, con la grande paura di salire su quei treni pieni di Ebrei, e di essere deportati in campi di concentramento. Ora ti starai chiedendo cos’è questo campo vero? A dir la verità, non so se voglio dirtelo, sai… mia madre mi ha rapidamente spiegato cos’è e al sol pensiero di rischiare di andarci mi vengono i brividi.

Sai, in questa pagina, vorrei tanto scusarmi con te. Non volevo un diario per parlare di guerra, di orrori, di leggi razziali. Una ragazza di 13 anni dovrebbe poter parlare di altro, di quanto sia bella la vita.

Posso solo immaginare come tu ti stia sentendo, forse impotente, come un’amica che vede l’altra in una condizione di crisi ma, purtroppo, non può far nulla, come se non la potesse aiutare.

Però, io posso dirti che sono onorata ad averti, perché sei l’unica amica che mi è rimasta…

Mi spiace davvero non poterti far ridere con le storie divertenti che può vivere un’adolescente. Stasera io e i miei genitori andremo a vivere in un’altra casa, perché i tedeschi si stanno avvicinando al nostro nascondiglio.

Tu non puoi capire come ci si senta in questi nascondigli: devi fare silenzio sempre perché, un ben minimo rumore, si amplifica. Insomma non so, a dirti la verità, quando riuscirò a scriverti perché dobbiamo stare al buio, non possiamo destare sospetti. Temiamo che anche quelli che erano poco tempo fa, i nostri vicini, possano tradirci e denunciarci. Dobbiamo fare silenzio. SCCCC…

 

 

GEMMA

05/10/44

Cara Aria,

questa è stata in assoluto la giornata peggiore della mia vita. Ricordi quando, un po’ di tempo fa, ti raccontai di Hitler e delle discriminazioni contro gli ebrei, dei campi di sterminio e dei metodi di tortura? Ti racconto tutto.

Eravamo in una piccolissima soffitta. All’improvviso, a mia madre, durante la notte, è caduto un piatto per terra. In quel momento i nazisti camminavano per le strade con orecchie ben aperte per captare qualsiasi rumore. I nazisti sentirono il rumore proveniente dalla soffitta e fecero irruzione; quello è stato il momento più brutto.

ci hanno legato e costretti a salire su un treno, uno di quelli di cui ti avevo parlato. Sono simili a gabbie, fredde, buie.

Ci hanno fatto scendere e hanno separato gli uomini dalle donne. Io, in quel momento, ho dovuto abbandonare mio padre con la grandissima speranza di rivederlo vivo. Purtroppo, però, mi hanno allontanato anche da mia madre; infatti l’unica persona qui familiare sei tu. Non sopravviverei qui senza te.

Ci hanno fatto spogliare e ci hanno marchiato con un numero sul braccio inciso con il fuoco. Non abbiamo più la nostra identità.

Ho assistito ad una scena macabra, al di sopra di qualsiasi cattiveria tu possa mai immaginare. Questo pomeriggio, alcuni bambini sono stati condotti con l’inganno in alcune docce ma non c’era acqua. Hanno fatto la doccia con il gas e non hanno più fatto ritorno.

Qui la vita è davvero terribile!

LEVI

06/10/1944

Caro diario,

ti prego di perdonarmi se ieri non ti ho scritto, ma dopo aver effettivamente scoperto la verità, ero troppo scosso per raccontartelo, ma ora proverò a spiegarti.

Siamo in pericolo, da quando i tedeschi ci hanno urlato contro che ci sono due “RAZZE”: quella ariana, pura e perfetta e quella ebraica che Adolf Hitler vuole sterminare.

Ti confesso di aver molta paura. I miei genitori mi hanno detto che sono già arrivati anche in Italia e, ben presto, potrebbero trovarci.

È per questo motivo che non vado più a scuola, è per questo motivo che venivo trattato in quel modo così offensivo, è per questo che i miei amici sono stati costretti dalla loro famiglia ad allontanarsi da me, è per questo che molti sono stati licenziati. Ora tutto è più chiaro, purtroppo il mondo ancora non capisce quanto la diversità sia un valore indispensabile che va custodito e protetto affinché non si estingua, perché il mondo non è bianco o nero ma è l’insieme di tante sfumature che lo rendono colorato e gioioso.

La mamma mi ha anticipato che un giorno di questi tenteremo la fuga.

 

LEVI

07/10/1944

Caro diario,

non ci siamo riusciti, non siamo riusciti a fuggire.

Io e mio padre siamo usciti un attimo per acquistare più provviste possibili per il viaggio ma il negozio all’angolo aveva appeso alla porta un cartello davvero offensivo: “VIETATO ENTRARE PER CANI ED EBREI”. Dopo averlo letto ci siamo fermati qualche istante e il proprietario dopo averci notato ci è venuto incontro e ha esclamato con voce stridula: “NON MI SEMBRATE DEI CANI” e subito è corso a denunciarci. Io e papà abbiamo provato a tornare a casa e a fuggire, ma ci hanno trovato e non abbiamo nemmeno potuto salutare la mamma che ancora ci aspetta a casa.

Ora mi trovo in un treno, o almeno credo, non ero del tutto cosciente quando ci hanno portato qui. Il il vagone è buio, con la paglia per terra e un secchio nell’angolo, piccole fessure per respirare e basta.

Fortunatamente sono ancora fra le braccia di mio padre ma non so dove siamo diretti o cosa ci capiterà.

LA SERA DELLO STESSO GIORNO….

Eccomi! Ci risono.

Caro amico mi trovo in un luogo terribile dove tutto è diverso, sono in un campo di concentramento chiamato Auschwitz. Appena arrivati siamo stati selezionati in forti e deboli o meglio in utili o inutili da uomini armati ed arroganti. Coloro non adatti ai lavori pesanti sono state mandati in enormi camere a gas e non sono più tornati. Io, come suppongo avrai capito, sono ancora vivo, tuttavia sono solo, non mi trovo con gli altri e non mi hanno messo a lavorare ma sono in compagnia di un medico che mi nutre e mi riempie di farmaci probabilmente per farmi stare bene e recuperare le forze. Durante la mattina ho il permesso di uscire e stare all’aria aperta nella stessa zona dei miei compagni, sono confuso, non ho ben capito cosa stia accadendo ma non sembra essere male.

Tuttavia non so cosa stiano facendo a mio padre, ma so per certo che anche lui è sopravvissuto alla selezione e, quindi, ho qualche possibilità di rivederlo. Ora devo andare, mi devono somministrare dell’amfetamina, non so di preciso cosa sia ma spero non provochi dolore.

 

 

GEMMA

08/10/1944

caro diario,

qui siamo ridotti alla miseria, noi donne siamo costrette a lavorare tutto il giorno senza un attimo di riposo, mi manca casa, mi manca la spensieratezza.

Oggi sono arrivati altri due vagoni di ragazzi, stiamo diventando troppi e ho seriamente paura di cosa possa accadere.

L’unico aspetto leggermente positivo della giornata è stato un bizzarro incontro. Ho conosciuto un giovane che mi ha regalato la sua mela avendomi vista affamata e malnutrita, mi ha sorriso e poi è stato richiamato immediatamente dalla guardia, non conosco il suo nome ma spero di rincontralo.

 

 

LEVI

08/10/1944

caro diario,

ieri sera mi sono sentito strano, il dottore ha detto che è tutto normale e non devo preoccuparmi ma non so qualcosa non quadra.

In ogni caso ho trascorso una mattinata non così terribile come immaginavo, ho incontrato una ragazza e le ho ceduto la mia mela, sembrava molto affamata e distrutta, mi ha sorriso, non so come sia possibile ma ho ancora il suo sorriso impresso nella mente, era così luminoso e sembrava il sole fra tante nuvole grigie.

 

 

GEMMA

10/10/1944

Caro diario,

mi manca la libertà, mi manca casa e mi manca la normalità.

 

 

LEVI

11/10/1944

Caro diario,

buone notizie! il medico ha detto che mi farà rivedere mio padre ed io sono emozionato e non vedo l’ora.

Oggi, poi l’ho rivista, lei così splendida! Sto parlando di Gemma che ha più o meno la mia età e come me prima delle leggi razziali viveva una vita tranquilla e andava scuola.

E’ una ragazza molto interessante, tuttavia mi sono reso conto, dai suoi racconti, che la sua condizione è completamente differente dalla mia. Dorme in alcune baracche con moltissime altre donne ammassate, mangia pochissimo e lavora tutto il giorno. Non conosco il motivo di questa enorme differenza e ho scoperto che a lei non somministrano nessuna dose di farmaci. Strano!

Inoltre, quando le ho comunicato che rivedrò mio padre, lei ha reagito in modo particolare, era un po’ scossa.

 

 

GEMMA

11/10/1944

Cara Aria,

il suo nome è Levii!!

ci siamo rivisti e abbiamo chiacchierato molto, ma temo che non capiterà più molto spesso…rivedrà suo padre o almeno così gli hanno promesso, ma io e te sappiamo bene che fine potrebbe fare. Ho paura, non voglio perderlo! è il mio unico amico qui, oltre a te ovviamente.

 

 

LEVI

12/10/1944

Caro diario.

oggi io e Gemma abbiamo osservato due farfalle gialle che volano oltre i fili spinati che circondano i nostri campi, che ci impediscono di trovarci e di tentare la fuga.

Come mi manca il mondo esterno, come mi manca il fiume, i pesciolini, le rane e la mamma. Si, lei più d tutti, mi manca il suo infinito sorriso e le sue carezze, mi mancano LU e Loris, chissà se mi pensano ogni tanto, mi manca papà e i suoi abbracci, mi mancano la scuola e la libertà.

Sono stanco di rimanere chiuso tra le mura di Auschwitz ma almeno domani vedrò papà. Buonanotte mio caro amico!

GEMMA

13/10/1944

Cara Aria,

oggi Levi vedrà suo padre, vorrei tanto avvisarlo del pericolo che corre ma non so come fare, rischierei la vita.

LA SERA DELLO STESSO GIORNO…

Ci sono riuscita, Levi stava passeggiando nel campo quando sono uscita e ho fatto in tempo a raccontargli cosa era accaduto il mese scorso alle bambine, Lui era triste, voleva davvero poter stringere suo padre ma ha accettato la realtà e ha deciso di rinunciare alla proposta.

Sono felice di aver fatto qualcosa per lui. Gli voglio un gran bene.

GEMMA E LEVI

14/10/1944

cara Aria,

ti presento Levi.

Oggi è qui con me mentre ti scrivo, anche lui ha un diario e un giorno ha promesso di farmelo conoscere. Ad entrambi manca l’aria pulita e la vita di fuori, il cielo è sempre lo stesso e, per sopravvivere, ci aggrappiamo l’uno all’altro, ma anche ai vecchi ricordi. La vita qui sta diventando un vero e proprio inferno, vogliamo essere liberii!

Ci manca il sole e il suo calore, ci manca il profumo di erba bagnata, ci manca guardare la luna sotto le stelle e rimanerne incantati, ci manca tutto, stiamo imparando ad apprezzare anche i ricordi e le azioni più superflue, le concessioni, la compagnia, la scuola e lo stucco, che sono un diritto e lo rivogliamo.

Le nostre giornate sono monotone ed estenuanti. Neanche il qui presente Levi è in gran forma e temo che possano centrare i farmaci. Temo che possa crollare, è molto debole ma rimane ugualmente un gran sognatore come me.

GEMMA E LEVI

Auschwitz, Polonia, 27 gennaio 1945

Caro diario,

non vedo l’ora di raccontarti cosa è successo oggi: io e Levi siamo finalmente liberi!

Ma ora ti racconto tutto dall’inizio.

Stamattina mi sono svegliata come sempre al freddo ma, a differenza degli altri giorni, c’era più baccano del solito. All’inizio non capivamo cosa stesse succedendo e, ad un certo punto, la porta della nostra baracca si è aperta.

Un grande uomo, alto, muscoloso con uno strano cappello in testa ha cominciato ad urlare. Sembrava che parlasse in russo ma non ne sono molto sicura e, in un attimo, tutto il nostro spazio è stato occupato da tanti grandi uomini. Ero molto spaventata da quella situazione: «cosa vogliono ora da noi queste persone? Cosa ci vogliono fare?», erano questi i pensieri che avevo nella testa. Avevano uno sguardo disgustato, stranito, di pena verso di noi. Poi, uno di loro si è avvicinato a me e mi ha prese per mano: «Non ti preoccupare! è tutto finito ora», mi disse con una bella pronuncia italiana. Quello sguardo, quella mano, quella voce… mi trasmisero tanta sicurezza, così tanta che mi staccai dal mio compagno senza accorgermene. Subito capimmo che erano persone di cui potevamo fidarci, così le seguimmo fuori e, appena varcata la soglia della baracca, mi si presentò davanti uno scenario tra l’incredibile e il surreale: centinaia di soldati russi stavano portando via tutte le persone rinchiuse in questo orribile posto, le aiutavano a camminare, le davano del buon cibo, delle coperte e li aiutavano a salire su dei camion per portarli non so dove. Tutte le persone soccorse erano così magre che si riuscivano ad intravedere le ossa. All’improvviso realizzai che io non ero messa tanto meglio. Realizzai anche che, finalmente, avrei potuto rincontrare la mia mamma e il mio papà! A quel punto corsi a cercarli… ma, purtroppo, ho ritrovato solo mio padre…mia madre non so che fine abbia fatto.

Ciao!

Sono l’amico di Gemma, Levi… purtroppo lei in questo momento non può scrivere perché sta piangendo per la sua mamma… finirò io di raccontare com’è andata.

Dopo che Gemma è andata a cercare i suoi genitori io sono andato a cercare mio padre e, per fortuna, l’ho trovato vivo. La mamma, invece, era ancora a casa quando siamo tornati, nascosta in soffitta che viveva nella paura. È stato bellissimo rivederlo dopo tanto tempo e anche lui era felicissimo di rivedere me. Ci siamo scambiati baci, abbracci e tante coccole. L’ho aiutato a camminare con le poche forze che mi restavano e lo feci mettere su quei carri russi. Dopodiché andai a cercare Gemma. La trovai con suo padre: teneva in mano uno straccio di vestito su cui piangeva… capii subito cosa fosse successo. La consolai e la accompagnai con suo padre nei carri. Dopo un paio di ore, il campo era vuoto… faceva uno strano effetto vederlo così… quell’inferno che ci era toccato vivere, quelle torture, quelle urla di sofferenza… erano finite. Guardavo Auschwitz diventare sempre più piccola mentre tenevo Gemma tra le mie braccia. I nostri genitori stavano dormendo, sembrava che non avessero mai chiuso occhio in tutti questi mesi. Dopo un po’, ci addormentammo pure noi e, al nostro risveglio, ci ritrovammo a casa. Eravamo nella nostra città, tutte le persone ci guardavano con stupore, come se fossimo creature mitologiche. C’erano anche conoscenti che piansero appena ci videro. I nostri genitori sorridevano e piangevano allo stesso tempo e, senza accorgermene, cominciai a farlo anche io. Non sapevo quanto tempo fosse passato dall’inizio di questo inferno. Era tutto così strano. Tutta quell’atmosfera tesa che fino a qualche giorno prima ci accompagnava per tutta la giornata, sembrava essere sparita, ma nonostante ciò, sentivo come un peso sul cuore, mi alzai la manica del mio vestito ormai da buttare, e lo vidi: il numero era ancora li. A quel punto scoppiai a piangere. Mi ritornò alla mente tutto, sin dal primo giorno. Il dolore, le grida, i suoni degli spari e delle bastonate… tutto. Caddi a terra stringendomi il petto con la mano destra. Non potevo credere che finalmente eravamo liberi… Gemma è tornata in sé, ma si vede che è ancora molto scossa. Noi ti salutiamo caro diario, ricorda anche tu: DOMANI E’ UN ALTRO GIORNO.

Gemma e Levi

L’OMBRA DEL PASSATO

L’ombra del passato

cela fili spinati, pianti,

vite sradicate dalla normalità,

vite portate dove di normalità non c’è nulla.

 

Freddi treni raccontano paure di coloro,

che decorano con una stella

il cuore con orgoglio.

 

Numeri tatuati sulla pelle

sono morte predestinata.

La libertà è arbitrata da una sola persona,

incosciente, folle e senza cuore.

 

Non si nasce liberi?

Non si respira la stessa aria?

Non si nasce sotto lo stesso sole?

Se c’è sole, c’ è ombra

e ognuno di noi ha il compito

di rispettare tutte le ombre,

le ombre hanno tutte lo stesso colore!

 

Difendiamo il presente nel ricordo del passato

evitando sbagli

perché sono un intreccio di dolore, frustrazione, paura e morte.

 

La vita è vita, se è difesa e rispettata.