PER NON DIMENTICARE

Tutti noi, chi più chi meno, oggi siamo a conoscenza di ciò che accadde circa ottant’anni fa, ma credo che solo in pochi sono in grado di rammentare, comprendendo pienamente, l’orrore e la sofferenza che regnava sovrana nelle vite di chi ha vissuto l’esperienza della deportazione.

Primo Levi, grazie alla sua opera “Se questo è un uomo”, ci ha riportato, narrando la sua esperienza,  il modo in cui si viveva nei campi di concentramento; proprio così, “campi di concentramento”, parole che ancora oggi, provocano terrore e brutti ricordi. Leggendolo, ci ritroviamo nel 1944 ad Auschwitz in Polonia nel campo di concentramento più grande della storia, dove, una parte di circa sei milioni di ebrei furono   uccisi dai Tedeschi durante il periodo nazista.

 Personalmente ho sempre avuto grande interesse e curiosità per il periodo che sconvolse tutto il mondo in quegli anni e che passò alla storia con il nome “Shoah”. È un ricordo ancora vivo e bruciante, in quanto come i Tedeschi discriminavano gli ebrei perché tali, e li vedevano come dei nemici in quanto erano diverso da loro, tutt’oggi non si è ancora in grado di accettare la diversità degli altri, che sia l’etnia, l’orientamento sessuale, il colore dei capelli, il modo in cui ci si veste, oggi si viene giudicato diverso e basta. A differenza dei Tedeschi, che facevano lavorare gli ebrei come servi (anche se la parola “schiavi” si addice di più), che infliggevano loro terribili pene e li condannavano alle “docce”, ovvero, a scomparire nei forni crematori dopo la loro morte, oggi più che le torture corporali si usano le parole, che danno vita alle cosiddette “etichette” che servono a “decifrare” o discriminare una persona.

Della Shoah oggi abbiamo molti fonti, scritte, orali e materiali, grazie ai sopravvissuti che ogni anno il 27 gennaio ci rammentano quanto sia importante non dimenticare i fatti che hanno segnato l’intera storia recente e che continuano tuttora a farlo. Le testimonianze sono tante, ma è quella di mio nonno materno, deceduto qualche anno fa, che ha lasciato in me molti ricordi. Di origini piemontesi, egli si trovava a Gavi, sua città natale, ed all’età di quindici anni mentre faceva una passeggiata con un suo compagno di classe venne scambiato per un partigiano dai soldati nazifascisti. Data la sua altezza, sembrava un uomo e non dimostrava quindici anni, per questo con un mitra dietro le spalle venne portato attraversando tutto il paese al comando. Potrei definire un vero e proprio “angelo” il soldato che, facendogli un cenno gli permise di scappare, anche se quella corsa che si fece per raggiungere casa gli è poi tornata sempre in mente. Era così tanto il terrore che incutevano i nazifascisti che si doveva dormire con le porte aperte così da permettere loro di entrare nelle case per qualche sequestro o controllo.

Durante i miei molteplici anni di studio ho sempre avuto modo di conoscere diverse fonti sulla Shoah, da Primo Levi ad Anna Frank. Lei era una bambina tedesca che nei Paesi Bassi durante la seconda guerra mondiale si nascose per due anni assieme alla sua famiglia, fino a quando i nazisti non li scoprirono. Anna  fu deportata nel campo di concentramento di  Bergen-Belsen ,dove  vi trovò la morte di tifo, insieme alla sorella nel 1945. Di lei ci rimane il diario, in cui negli anni in cui si nascondeva scriveva tutto ciò che le passava per la mente, raccontando ogni giorno la situazione che viveva, le emozioni e le persone che le stavano attorno. Il suo diario, che più che diario era ormai un amico indispensabile, ha avuto uno scalpore immenso, era una delle poche testimonianze scritte, e ciò che colpì tutti, lettori e non, era il fatto che a scriverlo fosse stata una ragazzina di soli tredici. Il suo diario è colmo di frasi toccanti, come ad esempio:

 “Una cosa però l’ho imparata: per conoscere bene la gente bisogna averci litigato seriamente almeno una volta. Solo allora puoi giudicarne il carattere.” 

“Non penso a tutta la miseria, ma alla bellezza che rimane ancora.”

Anche Primo Levi, chimico deportato nel campo di Auschwitz, ci ha lasciato la sua testimonianza in “Se questo è un uomo”, in cui ci fa rivivere i momenti della sua prigionia, di modo che anche uno sconosciuto che non sa minimamente cosa sia l’Olocausto, possa capire la terribile sventura dei prigionieri. Levi scrive:

«Considerate se questo è un uomo 

Che lavora nel fango 

Che non conosce pace 

Che lotta per mezzo pane 

Che muore per un sì o per un no

Egli ci fa capire come gli uomini morivano per reati o colpe che realmente non avevano, così da sottolineare la ferocia dei Tedeschi nell’affermare la loro supremazia. Così, grazie a persone come Levi e Anna Frank si è arrivati oggi a commemorare il 27 gennaio come “Giorno della memoria”, ad evidenziare il ricordo di un fatto avvenuto molti anni fa, ma che ancora oggi interessa tutti noi, grandi e piccoli.  La discriminazione che facevano i Tedeschi verso gli ebrei, non è poi cosi diversa da quella che oggi si infliggono tra loro i giovani o i grandi.

È vero, l’Olocausto ha insegnato a combattere per i propri diritti, a sapersi difendere e a non scordare mai l’importanza dei ricordi. Ma ancora oggi sono vivi numerosi focolai di antisemitismo, ed è per questo motivo che bisogna continuare a difendere l’uomo nella sua unicità e nella sua diversità, perché come diceva la meravigliosa Coco Chanel: “Per essere unici bisogna essere diversi”.

Susanna Giliberto 3 BL