• Home
  • Blog
  • Articoli
  • Cara, giovane rivoluzione artistica: ”Reprimere la libertà è una forma di paura”. Intervista integrale

Cara, giovane rivoluzione artistica: ”Reprimere la libertà è una forma di paura”. Intervista integrale

Cara, cantautrice cremasca, si racconta agli studenti del Galileo Galilei di Crema il pomeriggio di venerdì 27 gennaio. Tra il Tour music fest- il concorso musicale europeo per artisti emergenti- e la finale ad Area Sanremo, dall’iscrizione al corso di Canto Moderno all’Accademia di Musica NAM di Milano alla firma del contratto con l’etichetta discografica Polydol Universal Music. Senza trascurare temi importanti come la libertà di parola e la parità di genere nel mondo musicale. Scopriamo insieme l’artista di ‘Mi serve’ e ‘Le feste di Pablo’.

Partiamo dagli inizi, come nasce la tua passione per la musica?

Il mio percorso comincia fin da piccola, infatti mi piaceva la scrittura e a circa 13 o 14 anni ho iniziato a scrivere canzoni. 

Che tipo di studi hai intrapreso? E quanto ti è servito?

Ho studiato al Racchetti e penso che ogni cosa sia utile per il proprio bagaglio culturale. Prediligevo le materie umanistiche, come la letteratura e la filosofia, non amavo le materie scientifiche. Il liceo mi è stato stretto poiché la passione più grande era la musica. Un consiglio che do ai ragazzi è di lavorare in autonomia, arricchendo la critica personale. Io, per esempio, mi informavo di artisti, delle loro vite, della loro carriera.

A proposito di consigli, cosa ci raccomandi riguardo alle scelte universitarie?

Un consiglio drastico, al di là delle preoccupazioni o del ragionamento del “non dà sbocchi”, è quello di seguire la propria indole, essere intraprendenti. Fidatevi, ascoltatevi: ne vale la pena. 

Hai studiato al conservatorio? Oltre a cantare, suoni?

Non ho studiato al conservatorio, ma suono il piano e qualche accordo di chitarra. Ho studiato alla Folcioni, scuola storica di Crema, alla NAM di Milano e ho intrapreso studi privati.

E qual è stato il tuo percorso musicale?

Una volta terminato il liceo mi sono messa in contatto con un produttore, persona fondamentale, Davide Simonetta, proponendogli un confronto. Da qui inizio il mio percorso artistico in ascesa: con la prima etichetta firmo il mio primo brano, ‘Mi serve’, che racchiude il mio modo di vedere il mondo secondo una prospettiva al contrario e il mio modo di essere. È nato spontaneamente e racchiude vari linguaggi, mondi inesplorati, diverse sfumature. Dopo poco tempo con una nuova etichetta esce il singolo Le feste di Pablo, in collaborazione con Fedez, nato nello studio del produttore. Fedez ha sentito la canzone, ha aggiunto una strofa ed è nata una nuova versione de Le feste di Pablo. Da qui ho fatto molte esperienze live, ho cantato a Verona a Battiti live.

A quali artisti ti ispiri?

Apprezzo Lucio Dalla e Fabrizio De André. La mia passione per la musica nasce per un’esigenza, scrivo racconti, pensieri, ci tengo alla penna e cerco sempre di dare uno sguardo personale. Mi ispiro a diversi artisti sperimentando generi diversi. In primis Lucio Dalla, che secondo me incarna la speranza e aiuta a comprenderla. Rappresentava scene quotidiane da un punto di vista personale, mai banale. Apprezzo John Lennon per la sua individualità. Una canzone che mi piace molto è God nella quale afferma che per rinascere e ripartire bisogna distruggere la persona che si è stati fino a oggi, senza rinnegare il passato. Infine c’è David Bowie, che ha avuto una carriera incredibile e che rappresenta il principio del “sono una tela bianca e mi posso sporcare di colori rimanendo lo stesso di fondo”.

Hai mai pensato di mollare tutto?

No, non sono una che molla perché per me è una questione vitale: non mi immagino in altri lavori. Però ci sono stati anche momenti di sconforto.

La tua passione è supportata da uno studio perché la musica è cultura, preparazione, successo che deriva dalla tenacia. Il mondo della musica è difficile, i genitori non sempre accolgono i talenti e le aspirazioni dei figli. Qual è stato il ruolo della tua famiglia?

La mia famiglia mi ha sempre supportato, non ho avuto impedimenti o paletti. Per me è quasi scontato, naturale.

Qual è stata la decisione più difficile da prendere nella tua vita in generale?

In realtà è stata una somma di decisioni sottili o forse il lavoro precario. Bisogna abituarsi ad essere sempre su una corda dato che ogni tassello ha le sue ripercussioni.

Se ti piacesse cantare con altri cantanti, con chi lo faresti?

Mi piacciono le collaborazioni e la condivisione. Mi sarebbe piaciuto cantare con Amy Winehouse e mi piacerebbe farlo con Franco 126.

Quali cose ti hanno segnato positivamente o negativamente nel tuo percorso?

Positivamente Le feste di Pablo e negativamente lo sconforto, il fatto che il momento corra veloce. Il successo è una lama a doppio taglio, è come un treno in corsa, l’ambiente ti tiene sulle spine, non c’è mai serenità. Per me il momento è sempre punto di inizio, mai di arrivo. Ho tanti obiettivi: credo che non sarò mai soddisfatta.

Quanto influisce l’etichetta?

L’etichetta mi condiziona in più aspetti, ho un rapporto complice, c’è sempre un confronto alla base, è un lavoro di squadra. 

Quanto è cambiata la tua immagine dopo l’ingresso nel mondo della musica?

I produttori mi hanno aiutata a trovare lo stile giusto per me, le direzioni possono cambiare. Il loro contributo è stato calibrato anche in base alla loro esperienza e ai miei gusti. La mia immagine non mi è stata associata, ha preso vita da sé e dalla musica. Nell’immagine però c’è sempre intenzionalità.

Cosa pensi riguardo alla musica di oggi?

Prima c’erano artisti vocali, amo la musica del passato, ma è legata ad un periodo storico. Si tende a considerare la musica di oggi appiattita e invece si tratta di un altro tipo di linguaggio, da concettuale a visivo. 

Su cosa puntano oggi gli artisti?

Alcuni puntano sulle canzoni, altri sull’espressività vocale. Tanti danno peso alla parte visiva che aiuta lo spettatore ad immergersi nel mondo musicale e che alimenta delle aspettative. Ad esempio Ed Sheeran è un cantautore melodico, gli FSK hanno un’immagine legata ad un progetto mirato, Billie Eilish ha fatto un culto della propria immagine iconica.

Il mondo della musica è come te lo aspettavi?

Fin dai primi concerti e alla firma del primo singolo ho fatto fronte a dinamiche nuove ed ho imparato tanto.

Com’è un concerto dal punto di vista del cantante?

È una sensazione atipica, vissuta solo lì sul palco, è un contatto, una connessione che alimenta ed è alimentata. È uno scambio di energia reciproca.

Quanto la carriera musicale ha condizionato le tue abitudini? 

Le mie giornate ora sono tutta musica, scrivo da sola, sono padrona del mio tempo. Il liceo mi dava degli orari, ora non ho uno schema, ho molti impegni lavorativi. 

La letteratura ha influenzato la tua scrittura?

Degli autori studiati a scuola ricordo il succo, le cose principali, i riferimenti legati agli autori. Ad esempio in un testo ho fatto una citazione di Dorian Gray.

Ti sei sentita intimidita per il fatto di provenire da Crema?

No, ho incontrato le persone giuste che mi hanno indicato la strada. Il mio produttore mi ha dato strumenti a livello lavorativo. Ad esempio Milano dà risorse, ma bisogna saperle sfruttare. Sono consapevole che avrebbe potuto essere limitante, ma sono una ragazza curiosa, che scrive alle persone. Per esempio quando ho contattato il mio autore e produttore volevo sapere che percorso avesse fatto, volevo avere un feedback sulla sua storia personale. Lui è stato disponibile fin da subito. Ho inviato delle bozze e ho resistito con tenacia. Il resto è storia.

Quanto ti senti responsabile con gli altri, qual è il tuo rapporto con i social?

I social sono improntati sulla comunicazione, bisogna capire come interagire. Si deve avere un rapporto sincero, essere presenti. Non lo prendo con leggerezza, cerco di dare messaggi in positivo. Si deve sempre riflettere su cosa posti perché può essere una lama a doppio taglio. 

Perché il tuo nome artistico è Cara? C’è dietro una storia? 

Sì, è il titolo di una canzone di Lucio Dalla alla quale sono molto legata: “conosco un posto nel mio cuore dove tira sempre il vento…”

Come nasce una canzone? 

Ci sono alcune canzoni che finisco subito di scrivere, alcune le scrivo rapidamente in studio, altre a distanza di tempo. A volte è una melodia che viene dentro, oppure si parte da una base. Dipende da canzone a canzone.

Quanto è difficile entrare nel mondo della musica per una donna? Si potrebbe fare di più secondo te?

Essere donna in questo ambiente è difficile, non c’è parità tra i sessi, ma ci sono anche progressi ad esempio a partire dal panorama musicale, come il rap. È difficile farsi ascoltare… La difficoltà persiste anche sui social dove si possono trovare insulti, critiche non costruttive, commenti a sfondo sessuale, per colpa del gender gap. 

A proposito del nostro percorso di cittadinanza e costituzione, nell’assemblea costituente presero parte 21 donne che subirono un’inferiorità numerica e intellettuale. Tuttavia era l’inizio dell’emancipazione femminile a testimonianza che le donne hanno un ruolo significativo. Si può dire che l’Italia oggi è sessista? 

Ci tengo molto a questo. Secondo me il gender gap deriva da un fattore culturale alla base e ciò si nota dai fatti di cronaca, dal body shaming, dalla violenza di persone frustrate. Non dovrebbe esistere questo tipo di realtà.

L’articolo 21 afferma che tutti hanno diritto di manifestare il proprio pensiero tramite la parola, lo scritto. In questa espressione senti il peso della libertà o il peso del dovere?

Allora, nella canzone la libertà non è spazio libero, ma è partecipazione, è una passione esposta. Penso che la libertà dipenda in primo luogo da noi che abbiamo la capacità di influenzare gli altri. C’è una canzone di Fabrizio De André, Se ti tagliassero a pezzetti, che fa riferimento alla libertà come se fosse una persona, abusata, ma che resiste. Reprimere la libertà è una forma di paura.

Anastasia Puma