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Alexei Navalny rompe il silenzio sulla velata dittatura di Putin

E’ ufficiale, bere un tea in Russia, potrebbe essere l’ultima azione che si compie nella propria vita, perlomeno se sei Alexei Navalny e sei a capo dell’opposizione contro Putin.

La mattina del 20 agosto 2020, al posto dello zucchero, è stato messo nel suo tea il novichok, un veleno composto da gas nervini altamente tossici e in molti casi letali. In più, il calore della bevanda ingerita da Navalny ha favorito il rapido assorbimento del veleno in questione.
Tra urla e pianti di dolore nel volo che trasportava il leader dell’opposizione dalla Siberia in Russia, l’aereo decide di fermarsi per trasportarlo d’urgenza nell’ospedale di Omsk. La moglie, che riponeva poca fiducia nei dottori russi, decide di far trasferire il marito all’ospedale Charité di Berlino. Dopo essersi rimesso, l’invincibile Navalny decide di tornare nella madre patria Russia, firmando così la sua apparente “sconfitta” che gli costerà tre anni e mezzo di carcere. Diversi governi accusano quello russo, e in particolar modo Putin, di aver avvelenato con la polvere magica il capo dell’opposizione. Le possibili cause dell’avvelenamento sono varie, si pensa che sia stato avvelenato a causa della sua radicale missione contro la corruzione oppure in seguito all’attacco mosso dal blogger contro Putin, accusandolo di aver truccato il Referendum costituzionale, che ha visto una maggioranza del 77,8%, che lo renderebbe presidente a vita. Alla condanna mossa contro Navalny, i russi non ci stanno e alzano le loro  voci per le strade di Mosca. Ma come nelle migliori delle tradizioni, la polizia ha placato in modi tutt’altro che pacifici, le manifestazioni, arrestando all’incirca
mille persone.

Agata Burgio, VE