Perché condividiamo così tanto di noi?

Fermiamoci un secondo a pensare a cosa significa pubblicare una foto su un social media.

Condividiamo con chiunque il nostro nome e il nostro cognome, il luogo in cui ci troviamo, con chi siamo e cosa stiamo facendo in un preciso momento della nostra giornata privandoci quindi di tutta la nostra sicurezza e privacy.

Allora perché continuiamo ad esporci?

Una ricerca della London’s Global University “why we post?” ha provato a rispondere a questa domanda attraverso alcuni sondaggi che hanno rivelato che i social media, al contrario di come tutti credono, non ci rendono più individualisti ma spesso ci aiutano a creare legami.

D’altro canto però i social media spesso vengono utilizzati per vivere una sorta di “vita secondaria”, sui social infatti scegliamo di mostrare qualcosa che spesso non è reale o semplicemente descrivere la parte più bella della nostra vita cosa che ci fa distaccare dalla realtà e ci porta a credere realmente in ciò che postiamo.

Dallo studio della BMC Psicology emerge che coloro che usano in modo spropositato i social durante una giornata, che mentono o ingigantiscono per fare bella impressione sono coloro che utilizzano i social media per fare paragoni tra se stessi e gli altri perché insicuri e insoddisfatti della propria vita.

Un altro spunto importante dal quale possiamo comprendere il ruolo dei social media nella società e il loro riscontro sul singolo individuo è il film “The social media dilemma” presentato su netflix il 26 gennaio 2020, quindi anche molto recente.

Il film è a metà tra un dramma e un documentario in cui gli stessi creatori dei social media mettono in guardia gli spettatori dal pericolo che da essi deriva raccontando allo stesso tempo la storia di una tipica famiglia americana e gli effetti che i social hanno su di essa.

Nel film viene spiegato da uno dei creatori di facebook che i social media vengono creati per riuscire a scavare nel tronco encefalico per arrivare al controllo dell’autostima soprattutto degli adolescenti.

Chamath Palihpitiya, ex dirigente senior di facebook afferma che “ Costruiamo le nostre vite intorno a questa idea di perfezione percepita, perché veniamo ricompensati tramite questi segnali a breve termine come cuori, like, pollici in su e li confondiamo con il valore e la verità”.

Tutto questo ha anche un’influenza sullo stato mentale dei ragazzi cosa che viene spiegata da Jonathan Haidt, psicologo sociale, che ci fa notare l’elevato incremento della depressione e dell’ansia negli adolescenti: tra i 15 e 19 anni del 62% e tra i 10 e i 14 anni del 189% dal 2009 al 2012/2013 e osserviamo lo stesso andamento nei suicidi e sottolinea che tutto ciò è riconducibile all’incremento dell’utilizzo dei social media.

In sintesi dovremmo imparare a gestire questo mezzo che abbiamo in modo consapevole, coscienti dei rischi ai quali ci esponiamo ma consapevoli anche del fatto che se usati in modo giusto i social media rappresentano uno strumento molto potente e funzionale per la nostra vita lavorativa o anche solo come piccolo svago.

Sara Passaro 4I