Non siamo uomini liberi, e non vogliamo esserlo

Accadde pochi anni fa: il presidente degli Stati Uniti d’America, il killer spietato John Doe, il padre che nessuna adolescente vorrebbe tra i piedi e l’attore pluripremiato di Hollywood è accusato di violenze sessuali su minori.

Parliamo di Kevin Spacey, un artista che ha lavorato faticosamente per vivere il suo sogno recitando su un palcoscenico o interpretando qualche spietato assassino davanti ad una telecamera.

La fine di una vita illuminata dai riflettori e l’inizio di un calvario cominciano il 29 ottobre 2017, data nella quale Spacey, premiato agli Oscar© per le sue performance in American Beauty e I soliti Sospetti è accusato di aver molestato fisicamente un certo Anthony Rapp.

È solo l’inizio di un lungo e scomodo viaggio a bordo di un treno dove a fargli compagnia sono le numerose accuse, i traumi irrisolti di un triste passato e la paura di essere emarginato dal mondo intero.

Non è compito nostro dipingere Spacey come un innocente o, al contrario, un colpevole; non è nostro obiettivo ammettere che quest’uomo abbia violentato tutti quei giovani ragazzi o che sia, davvero, omosessuale. Non possiamo emettere alcun giudizio.

Lo show televisivo “House of Cards” rimosso da Netflix in seguito alle accuse rivolte al protagonista della serie, Kevin Spacey.

Il triste esempio di Kevin Spacey obbliga solo a riflettere: chiedetevi se siete davvero liberi di essere artisti come egli è stato, se potete recitare, scrivere poesie o cantare a squarciagola nella totale libertà. L’arte, lettori, non è altro che la manifestazione libera d’idee o emozioni, ed è espressione pura dell’artista. Essa, però, non è più tale se è controllata, censurata, o condannata.

Il tanto elogiato e temuto Spacey è stato condannato, così come le sue opere. Il suo nome non è più pronunciabile nella lontana e ipocrita Hollywood.

Quando leggevamo una poesia di Baudelaire, non potevamo giudicarla perché scritta dall’artista sotto effetto di oppio. Quando ammiravamo le magiche riprese di Woody Allen in Midnight in Paris, ci lasciavamo trasportare dalla meravigliosa musica e non condannavamo il regista perché accusato di molestie.

Oggi, gradualmente e inconsapevolmente, il pubblico, un giudice forse più potente del giudice divino, deve condannare le povere anime che vogliono emozionare o destare scalpore, solo perché indagate per abusi sessuali, uso di droga, guida spericolata, atti razzisti e altro ancora.

Siamo noi questo giudice, pronto a dettar legge perché spaventato da eventuali scandali.

Noi incarniamo la correttezza politica, un’esagerata limitazione che si sta trasformando in scorrettezza. Poco a poco, eliminiamo il concetto di arte in sé per promuovere il divieto, la cancellazione della cultura e l’assenza di libertà.

Il caso Spacey è solo un piccolo esempio che deve obbligatoriamente portarci a riflettere su un aspetto chiaro: quanto e come siamo disposti a vivere nella libertà, lavorando non sullo sviluppo di nuovi divieti , ma sulla nostra creatività e sull’affascinante fantasia che potremmo possedere?

Chiedetevi, dunque, se avete paura di lasciarvi andare per abbandonare la vostra “comfort zone” e cominciare a vivere nella vera libertà… perché siete prigionieri e forse questo vi piace.

Priscilla Macchi