Perché il liceo classico non è inutile, ma è utilissimo

Il liceo classico non è la scuola dell’élite
Sull’interrete leggiamo fin troppo spesso frasi del tipo: “Il liceo classico è elitario e creato per la classe dirigente, perché così l’ha voluto Giovanni Gentile ed è figlio della riforma Gentile”. Innanzitutto, il liceo classico ha passato così tante riforme che ormai dell’originaria struttura gentiliana è rimasto ben poco; basti pensare alle riforme Bottai, Moratti e Gelmini. Anzi, lungi dal liceo classico essere una scuola elitaria: da almeno una decina di anni è diventato il liceo delle pari opportunità. Infatti vi studiano sia i figli delle persone benestanti che delle persone povere. Le materie umanistiche erano, un tempo, considerate soltanto per i ricchi, mentre oggi vengono messe a disposizione di tutti. Non solo, lo studio di queste permette l’appianamento delle differenze demografiche degli studenti, che riescono ad ottenere, secondo vari studî, gli stessi voti. Il 33,8% degli studenti iscritti al liceo classico proviene da famiglie di impiegati e il 13,7% da famiglie di lavoratori esecutivi, dunque dove sarebbe questa “scuola dell’élite”?

Il liceo classico non crea disoccupati
Questa è una bufala a cui molte persone oggigiorno, purtroppo, credono. Il liceo classico prepara a quella metà di settori umanistici, come lettere, storia dell’arte, mediazione linguistica, linguistica, scienze cognitive, psicologia, scienze dell’economia, archeologia, antropologia, teologia, filosofia, legge, scienze della comunicazione, scienze e tecniche psicologiche, discipline delle arti figurative, della musica, dello spettacolo e della moda — che sono di vitale importanza — e tanti altri. In tutte queste facoltà gli studenti del liceo classico primeggiano, ma gli studenti di questo, ormai, lo fanno anche nelle facoltà scientifiche, come medicina, fisica, biologia, informatica, ingegneria e matematica. Diversi istituti europei ed esteri confermano che chi ha studiato il latino e i classici tende a ottenere punteggi più alti nei test standardizzati. Un’altra critica mossagli è che non serve a nulla perché poi bisogna frequentare un’università, ma, come potrete ben pensare, andrebbe fatta anche agli altri licei. Il liceo classico è propedeutico all’università, vale a dire che fornisce una preparazione e un metodo di studio per persone che, evidentemente, studieranno ancora per poter fare un lavoro più avanzato. I lavori pratici da pochi anni stanno venendo automatizzati sempre di più. Molti lavori spariranno, perché verranno fatti da robot, secondo vari trend statistici, e tantissime aziende già si stanno avviando in tal senso. I negozi Amazon, per esempio, hanno casse automatiche, e parecchie spedizioni in America vengono effettuate da droni, quindi senza alcun bisogno umano. I lavori che richiedono meno studio saranno quelli che verranno automatizzati prima, invece molto tardi od oltre questo secolo i lavori che richiedono una lunga formazione universitaria. Ora è importante far laureare i propri figli, perché — secondo quanto dimostrano diversi analisti — i lavori richiedenti soltanto il diploma sono in crisi e lo saranno sempre di più. Sono proprio le materie umanistiche a resistere di più: siamo, difatti, molto più vicini al robot contabile che non al robot scrittore, per quanto nel futuro sarà tutto robotico.

Il liceo classico offre una buona, anzi ottima, preparazione
La formazione classica include matematica, fisica, chimica, biologia, scienze della Terra, letteratura inglese e italiana, greco, latino, storia, filosofia, storia dell’arte e religione. Come si potrebbe definire tale formazione “incompleta” o “scarsa” se sono presenti tutte le materie dei campi umanistico e scientifico necessarie? Molti dei critici affermano che prepara bene per la formazione umanistica, ma che quella scientifica è carente. Ogni liceo ha un settore in cui si specializza di più rispetto agli altri. Nel caso del classico sono le materie umanistiche. Nel caso dello scientifico quelle scientifiche, per l’appunto; ma non per questo le materie scientifiche sono inesistenti o insufficienti, e lo dimostrano i test universitari. Lo stereotipo dello studente del liceo classico che sa tradurre soltanto versioni di Cicerone e che non conosce la matematica non è solo falso, ma è anche offensivo verso gli studenti e i docenti di matematica dei licei classici. Il liceo classico è la scuola da cui provengono gli studenti più preparati d’Italia e hanno un rendimento universitario di gran lunga più alto degli altri.

Il latino e il greco antico non sono inutili
Si crede molto spesso che il latino e il greco antico siano materie inutili e che andrebbero tolti in favore di ancora più materie scientifiche, magari d’informatica ed economia, che sarebbero utili nel mondo lavorativo. Di solito, la maggior parte delle persone che va dicendo ciò è, puta caso, molto carente in queste due lingue. L’Italia è la nazione con più beni storico-culturali del mondo, assieme alla Cina, e la stragrande maggioranza dei capolavori antichi d’Europa sono italiani. Ogni popolo dovrebbe valorizzare le risorse del suo territorio, e in Italia c’è una storia ricchissima.
Non valorizzarla attraverso il latino e il greco, che sono alla base, è come darsi una zappa sui piedi, perché l’Italia ha come prima arma la cultura, ed è in questa che dobbiamo primeggiare. Numerosi sono gli studi che dimostrano che imparare più di una lingua rende più intelligenti, aumenta le capacità di pensiero laterale, dato che ogni lingua è strutturata in maniera diversa e permette di pensare, quindi, in maniera diversa. Una lingua diversa studiata è una nuova vita vissuta, perché possiamo pensare in modi nuovi.
Pensare a nuove parole e complessità per concetti che altre lingue non hanno: basti pensare a quanti modi avevano i Greci d’intendere l’amore: αγάπη, φιλία, έρως, αντέρως, ἵμερος, πόθος, στοργή e θέλημα, mentre in inglese c’è soltanto una parola che li accorpa tutti: love, oppure a quanti studenti giapponesi individuano meglio i colori, perché in giapponese ci sono termini cromatici assenti in altre lingue. Studiare nuove lingue rende più prolifica la corteccia cerebrale e l’ippocampo, contrasta l’Alzheimer e gli studenti bilingue hanno voti migliori dei loro pari. Sono più attenti ai dettagli e più abili nel multitasking. Molti, a questo punto, direbbero: “Allora perché non insegnare lingue non morte?”. Il latino non è assolutamente una lingua morta. È parlato da decine di migliaia di persone, è la lingua ufficiale di uno stato, è abbastanza diffusa da fare da mediazione culturale e abbastanza vicina ad altre lingue, dette appunto romanze, da essere intellegibile. Il professore Nicola Gardini, docente a Oxford, dove ogni anno aumentano gli studenti interessati al latino, non è che uno di una lunga stirpe di esperti di latino nel mondo anglosassone che ne sta stimolando lo studio. Mark Zuckerberg e Bill Gates, rispettivamente i fondatori di Facebook e di Microsoft, hanno studiato latino e greco e li hanno citati come importanti per la loro formazione personale. Ma anche ammesso e non concesso che sia una lingua morta, la sua superiorità rispetto a molte lingue moderne, come il cinese, è dimostrabile, perché sì, non tutte le lingue sono uguali nel loro influire sul cervello. I ragazzi che studiano latino superano i loro coetanei nella lettura, concentrazione, memoria a breve e lungo termine, nella comprensione, nell’ampiezza del vocabolario e nelle forme di pensiero più elevate come computazione, problem-solving e concettualizzazione.
Si evidenziano miglioramenti nell’area di Broca e Wernicke, le regioni della corteccia cerebrale che controllano la produzione del linguaggio parlato e scritto e il processo comprensivo dello stesso. Pertanto “studiare il greco e il latino ti apre la mente” non è un modo di dire, è un fatto scientificamente dimostrato. Ci sono anche lievi aumenti del quoziente intellettivo.
Tradurre una versione è un processo computazionale, che richiede lo stesso meccanismo mentale insito in un algoritmo, con collegamenti e processi ipotetici che procedono per trial and error, ossia tentativo ed errore, sviluppando un metodo che sarà poi utile nello studio di qualsiasi cosa, dallo studio del cinese all’astrofisica teorica. Non è un caso che Thomas Jefferson, filosofo e terzo presidente degli Stati Uniti d’America, sosteneva che fino all’età di sedici anni si doveva studiare latino e greco. E di più: negli studi classici antichi, il latino era diviso nel trivium, ossia lo studio a trecentosessanta gradi. Il primo livello era la grammatica, in cui si ottengono tutti quei vantaggi neurologici di cui si è parlato, ma poi c’era il secondo stadio della logica, in cui si analizzano le frasi, scomponendole in elementi e studiando le regole d’associazione tra le idee.
La logica classica è alla base dell’informatica moderna: è con la logica greca che Turing ha creato l’informatica moderna, è con quella stessa logica che state leggendo questo articolo. Non è un caso che Camillo Olivetti, uno dei più grandi genî italiani e capostipite dell’informatica moderna, aveva una formazione classica. E poi il terzo livello: la retorica, in cui gli studenti dovevano studiare gli autori antichi e le loro idee e poi dovevano discuterle. C’erano gare di dibattito, come quelle che si fanno a legge all’estero, in cui gli studenti dovevano competere con idee opposte e con metodologie analoghe alla programmazione odierna. Il latino e il greco sono inutili? Al contrario: non ne facciamo abbastanza. Al liceo classico oltre al latino, si può fare anche la matematica. È un bonus, non un malus, si fa di più, non di meno. Le persone che criticano il liceo classico perché “non prepara al mondo del lavoro” — affermazione già confutata — quasi sicuramente non conoscono la piramide di Maslow. L’uomo non deve soltanto mangiare, bere, lavorare e dormire. L’uomo ha anche tendenze più alte da perseguire: la ricerca del bello, della felicità, dell’appartenenza, della conoscenza, del senso della vita, dell’universo. Privare l’uomo di queste cose e ridurlo a una macchina lavorante significa ridurlo a bestia. Noi siamo umani proprio perché desideriamo fare queste cose. Queste persone non comprendono lo scopo finale dei classici: studiare il passato per capire il presente e in modo, così, da costruire un futuro migliore. Perché capire la crisi dell’Impero Romano è importante oggi nella crisi odierna; chi non conosce la storia è condannato a ripeterla. Ci sono cose che la matematica non insegna, ma i classici sì. Perseguire solo la scienza è erroneo, perché la scienza è uno strumento. Il progresso non è né buono né cattivo: dipende dalle mani di chi è messo, e i classici aiutano a inquadrare, a vedere i dati che la scienza offre e rifletterci sopra. Una cosa è eseguire dei comandi e un’altra è capire perché quei comandi sono mandati. L’iperspecializzazione, in cui ognuno conosce soltanto la sua nicchia, è un male, dobbiamo tornare a essere uomini rinascimentali, che s’intendono di tutti i campi, uomini che non sanno soltanto fare, ossia schiavi degli strumenti, ma pensare.

Il classico è da abolire? Casomai facciamone un modello: mettiamo il latino in altri istituti e filosofia già alle scuole medie. La filosofia, che è maggiormente presente nel liceo classico, è la base dell’amore per la conoscenza, delle domande esistenziali più profonde, dei dilemmi più grandi della storia e dell’evoluzione del pensiero umano su tutti i campi dell’essere.
Non ci sarebbe scienza senza filosofia, non ci sarebbe matematica, che è nata con Talete di Mileto, senza pensatori greci. Il liceo classico ha dato formazione alle più grandi menti d’Italia, come Enrico Fermi, oltre alla quasi totalità dei letterati, poeti, nonché filosofi, intellettuali, ingegneri e imprenditori, che hanno reso grande questo paese.
La dicotomia tra liceo classico e scientifico è davvero assurda, come se scienza e filosofia fossero agli antipodi e non, anzi, in connubio. La scienza produce giudizi a posteriori, di fatto ed empirici, l’umanistica quelli a priori ed eterni. Solo con la loro combinazione si può ottenere qualcosa di prolifico e ordinato, per questo il greco e il latino non sono morti, sono immortali.

Andrea Romano 2Q classico Cambridge 2.0 – liceo Vico Napoli