Videogiochi e impatto economico, sociale e culturale

Il videogioco è un fenomeno estremamente recente, che conta meno di un secolo di vita.

Negli ultimi decenni, è divenuto un’espressione sociale, culturale e tecnologica tra le più rilevanti della contemporaneità. Tuttavia, il suo ruolo e la sua influenza sulla società moderna non sono stati ancora compresi.

Il videogioco è il principale settore di intrattenimento a livello globale, per budget e tempo speso. Attraverso le sue esperienze interattive e partecipative contribuisce a creare i nuovi immaginari culturali. La sua influenza sul contemporaneo può essere osservata attraverso tre dimensioni fondamentali: economica, sociale e culturale-artistica. Il videogioco è oggi un’industria economica centrale nel settore dell’intrattenimento e della tecnologia, in crescita sia di pubblico che di fatturato. Già nel 2016, infatti, il fatturato del settore videoludico raggiunge i 101 miliardi di euro. I videogiochi non sono solo una forza economica, ma anche un campo di sperimentazione dove sviluppare nuove dinamiche e modelli economici; la loro diffusione ha attraversato il cambiamento delle forme di monetizzazione e di dinamiche economiche con i servizi digitali. Per molto tempo l’acquisto di videogame non era diverso da quello di altri media come libri o film (vendita o noleggio), tale scenario è cambiato enormemente attraverso le sperimentazioni degli ultimi decenni: modelli free-to-play, microtransazioni digitali, digital distribution services. Il free-to-play è oggi il modello standard di monetizzazione degli smartphone games: giochi gratuiti, in cui il progresso nel gioco o elementi accessori devono essere pagati singolarmente attraverso forme di microtransazione digitale. I videogiochi sono stati inoltre il primo settore a sviluppare piattaforme di vendita di contenuti digitali, come Steam di Valve, il quale è oggi la più grande piattaforma di acquisto di giochi digitali al mondo. In maniera simile, modelli di servizi di abbonamento digitali nascono con Xbox Live e Playstation Plus attorno al 2010, sviluppati da Microsoft e Sony.
L’adozione progressiva dei videogiochi da parte delle nuove generazioni (quelle nate dopo la nascita di internet) si ricollega ai recenti cambiamenti sociali in atto. La peculiarità del videogioco è l’interattività: il messaggio del videogioco non è fruito passivamente dal suo giocatore, ma anzi, è sperimentato e manipolato attivamente. Grazie a questa interattività i videogiochi sono diventati modello per unire apprendimento, libertà di scelta, riflessione, problem-solving ed esercizio della fantasia. Per quanto si pensi ad essi come un tramite destinato all’intrattenimento, sempre più giochi sono creati con obiettivi di sensibilizzazione, di riflessione e istruzione. Titoli come “Papers, Please” (2013) nascono per mostrare l’esperienza del totalitarismo burocratico e della guerra civile e produzioni come “This War of
Mine” (2014) sono entrate tra i testi scolastici in Polonia dimostrando la valenza educativa, oltre che ludica, di tali esperienze. Videogiochi come “Fold it” (2008), contribuiscono alla ricerca dei laboratori sul proteine folding, svolgendo attività per cui è richiesta creatività e problem solving al posto di server e supercomputer.
L’industria videoludica ha trovato posto anche nel campo della medicina, infatti, la Food and Drug Administration americana nel 2020 ha ufficializzato il primo videogioco al mondo prescrivibile dai medici come cura. Dal riconoscimento mediale e sociale del videogioco si passa al suo riconoscimento del ruolo sociale e artistico. Il percorso verso un completo riconoscimento non è esente da ostacoli e da critiche. Nel 2005 un articolo del critico cinematografico americano Robert Ebert dal titolo “Video games can never be art ” sollevò un acceso dibattito sul ruolo del medium come espressione artistica o meno. Questo articolo ignora titoli come Tennis for Two, Tetris e Pac-Man e opere come Journey; Ico (2001); That Dragon, Cancer; The Legend of Zelda: Breath of the Wild (2017) e molti altri. Questi ultimi hanno emozionato, fatto riflettere, catturato milioni di giocatori, e hanno contribuito a maturare un ecosistema fatto di riviste di settore, critici videoludici, università, mostre, premi, produzioni su commissione, collezionismo, comunità online e attivismo politico. I videogiochi sono ormai parte integrante della cultura contemporanea, a dispetto dei giudizi antitetici sul loro valore artistico. Un altro esempio del contributo culturale del gioco è, nella sua semplicità, il “turismo videoludico”. L’esempio da cui partire è Assassin’s Creed 2 (2009)
ambientato in città italiane come Venezia, Roma, Firenze, Forlì, San Gimignano e Monteriggioni durante il Rinascimento. Oltre 80 milioni di persone nel mondo hanno partecipato al viaggio virtuale nell’Italia rinascimentale, muovendosi tra le ricostruzioni digitali accurate di Palazzo Strozzi, il Colosseo, il campanile di San Marco, in cui il piacere del gioco diventa anche occasione per un turismo virtuale.
Umberto Campisi III C