Il diritto all’eutanasia, i casi Englaro e Dj Fabo

Nella Dichiarazione universale dei diritti umani, approvata dalle Nazioni Unite nel 1948, è presente un articolo, il numero 3, che recita: “Ogni individuo ha diritto alla vita…”.  Quindi siccome esiste il diritto alla vita, perché non dovrebbe esistere il diritto alla morte? In alcuni stati infatti questo diritto esiste, ma in Italia ancora no. Il primo stato che ha legalizzato l’eutanasia è stato l’Olanda nel 2002, seguita poi da Paesi Bassi nel 2003, dal Lussemburgo nel 2009 e dalla Svizzera; altri stati invece hanno regole differenti: per esempio in Gran Bretagna e in Portogallo è autorizzata l’interruzione delle cure a certe condizioni ma per il suicidio assistito ci sono ancora delle sanzioni, così come per l’eutanasia attiva e passiva, che invece è legale in Svezia, Germania, Finlandia e Austria; invece in Danimarca, Norvegia, Ungheria, Spagna e Repubblica Ceca il malato può rifiutare di essere curato. Diversamente in Italia e in Irlanda l’eutanasia rimane illegale.

Nonostante questo, ci sono stati alcuni casi che hanno riportato l’attenzione del governo italiano su tale tema: due di questi sono il caso Dj Fabo e di Eluana Englaro. Dj Fabo, dopo un incidente molto grave, era diventato cieco e tetraplegico; in seguito alle terapie, non avendo raggiunto alcun esito positivo, l’artista arrivò a prendere la decisione di terminare la propria vita. Per fare questo, con l’aiuto di un suo caro amico, Marco Cappato, fu costretto a recarsi in una clinica in Svizzera, dove morì, il 27 febbraio 2017. Cappato, tornato in Italia, decise di recarsi dai carabinieri per autodenunciarsi. Il processo durò fino al 23 dicembre 2019, giorno in cui verrà assolto dall’accusa di aiuto al suicidio “perché il fatto non sussiste”.

Nel caso di Eluana Englaro, accadde che la ragazza di ventun’anni fu vittima di un incidente che, grazie all’intervento medico, non le costò la vita ma la intrappolò in uno stato vegetativo, senza possibilità di risveglio, né di recupero. Un anno dopo l’incidente, avvenuto nel 1992, il padre, Beppino Englaro, persa la speranza, cominciò a rivolgersi a giornali, a legali e a magistrati per ottenere l’autorizzazione per staccare la spina alle macchine che tenevano in vita la figlia e per ‘liberarla’. Beppino lottò fino all’anno 2008, quando la Corte d’appello di Milano permise la sospensione dell’alimentazione. Eluana fu accompagnata alla morte che avvenne il 9 febbraio 2009.

Le vittorie del padre Beppino e dell’amico Cappato possono essere considerate solamente parziali; solo quando si otterrà una legge che definisce l’eutanasia un diritto, la battaglia potrà essere terminata con un lieto fine.

Articolo di Alice Rossi