Pensieri e considerazioni di un fiorista in pensione

di Maria Bevilacqua, 3bCL

Aldo Bevilacqua, fiorista ora in pensione, parla della propria esperienza lavorativa e dei cambiamenti che secondo lui questa professione ha subito e subirà nel corso del tempo.

Quando ha iniziato la sua attività di fiorista? Cosa l’ha spinto a farlo?

Ho cominciato nell’86, avevo trentaquattro anni. Prima lavoravo come impiegato nell’azienda Galbusera. Ad un certo punto però ero stufo di quel lavoro, soprattutto per i turni; avevo voglia di cambiare e iniziare qualcosa di cui fossi il titolare. Il lavoro di fiorista mi sembrò una scelta semplice, anche se poi si è rivelato non essere così.

Ha dovuto fare una scuola o dei corsi per poter iniziare?

Inizialmente ho ricevuto qualche dritta da un altro fiorista, così da non iniziare a mani vuote. Poi, aperto il mio negozio, ho frequentato dei corsi della Federfiori, facendo anche diversi esami. Tuttavia, come quello che non sostiene l’ultimo esame prima di laurearsi, nemmeno io ho fatto l’ultimo che mi mancava per ottenere il diploma e diventare Fiorista Europeo.

Per quanto tempo ha continuato a praticare questa professione?

Quasi 34 anni. Dal 17 Marzo 1986 al 31 dicembre 2019, per essere precisi. 

Le cose andavano bene e, prima di tutto, il lavoro mi piaceva. Solo verso la fine ero un po’ stanco, ma questo come in tutte le situazioni.

Quali servizi offriva nel suo negozio?

In partenza mi limitavo alla semplice vendita di fiori, ma come dice il detto: l’appetito vien mangiando. Poco a poco ho iniziato a coltivare, personalmente, alcune piante, per poi arrivare a portare avanti delle coltivazioni stagionali come quelle di viole, surfinie e crisantemi. In più realizzavo anche composizioni per matrimoni, funerali e festività. Per un periodo, inoltre, mi sono dedicato alla manutenzione di giardini, non troppo grandi, fino a quando non è diventato tutto troppo impegnativo.

Il lavoro influenzava in qualche modo anche la sua vita privata?

Ho lasciato il Galbusera per evitare i turni e mi sono trovato a lavorare anche le domeniche e nei giorni di festa. Gli orari sono sempre stati molto elastici e questo ha influenzato molto la vita di tutti i giorni, in poche parole, non si mangiava sempre a mezzogiorno in punto. Con la chiusura del negozio il lavoro concreto non finiva. I fiori hanno bisogno di cure e anche andare a comprarli da venditori all’ingrosso richiede del tempo.

In quale periodo dell’anno vi è maggiore richiesta di fiori?

La primavera è un momento cruciale, una completa esplosione di fiori e colori e, di conseguenza, anche quello in cui si vende di più. Lo stesso vale per le festività, dalla festa della mamma a quella della donna, da Natale a Pasqua. Poi ci sono anche delle costanti, quelle cose che vendi tutto l’anno; per me erano i mazzi di fiori. Le persone hanno iniziato ad apprezzare il modo in cui li realizzavo, rendendoli uno dei miei punti di forza, e così ne vendevo 3-4 al giorno, per tutto l’anno.

Aveva dei dipendenti? In che relazione era con loro e con i clienti?

Due collaboratrici. Con loro ho sempre avuto un rapporto di amicizia, che, con il passare del tempo è diventato anche di familiarità.

Devo ammettere che, più di una volta, sono state fondamentali anche nel rapporto con i clienti; essendo io un po’ brusco e senza peli sulla lingua, agivano come mediatrici tra le due parti.

Qual è stata la richiesta più strana ed eccentrica che le hanno fatto?

Ce ne sono tante; dalle 80 rose regalate da moglie a marito per il compleanno, ai ripetuti acquisti di qualche romantico o forse semplicemente qualcuno che si deve fare perdonare. Una volta, dopo aver consegnato un bouquet, tornando indietro, ho perfino visto che veniva buttato dalla finestra.

Com’è cambiata negli anni la richiesta di fiori?

Inizialmente le piante in vaso erano più gettonate rispetto al fiore reciso. Poi ha cominciato a diffondersi l’usanza di regalare il mazzo di fiori e ancora oggi sono molto apprezzati. Oltre ad essere belli, durano quanto basta per essere apprezzati e non richiedono molte cure, cosa che non si può dire delle piante da interno.

Qual era la sua parte preferita del lavoro? Quale meno?

Bouquet e composizioni di ogni tipo erano quello che preferivo realizzare, perchè mi permettevano di esprimermi e di farlo sempre in modo diverso e innovativo. D’altro canto il dovermi spostare e andare a comprare i rifornimenti dai venditori all’ingrosso, spesso abbastanza lontani, era ciò che mi pesava di più.

Cosa l’ha portata a chiudere la sua attività?

Avendo raggiunto l’età pensionabile e, quindi, ricevendo una pensione, il cumulo con il reddito del negozio comportava spese non indifferenti, inoltre, i miei sessantotto anni cominciavano a farsi sentire.

Ha smesso di lavorare poco prima dell’inizio dell’emergenza Covid-19. Come pensa sarebbe andata se non lo avesse fatto?

Di sicuro avrei avuto difficoltà nel vendere i fiori di inizio primavera e tutti quelli legati alle varie cerimonie. Ciononostante, con le consegne a domicilio si sarebbe riuscito ad andare avanti.

In che modo crede cambierà la richiesta di fiori in futuro?

Senza dubbio la vendita di fiori è destinata a calare. Solo chi avrà professionalità e inventiva, riuscendo a fare nuove proposte e a distinguersi, sarà, a mio parere, in grado di continuare.

In un mondo come il nostro in cui la vendita online è sempre più diffusa, ritiene che anche i fiori potranno essere venduti in questo modo?

L’emergenza Covid-19 ha accelerato notevolmente la diffusione della vendita online, alcuni fioristi hanno creato il proprio sito internet sul quale propongono giornalmente una serie di piante in vaso e bouquet che tutti possono scegliere a proprio piacimento; questi oltre ai siti di compagnie nazionali e internazionali già attivi in precedenza.

Per concludere, qual è il suo fiore o la sua pianta preferita?

Il mio fiore preferito è, senza ombra di dubbio, l’Amaryllis varietà ferrari, magari decorato con delle foglie di eucalipto, ha dei colori stupendi.