Doping, non c’è vittoria senza sacrificio

“Nessuno può arrivare a questi livelli solo allenandosi”, queste sono le parole di un calciatore di serie A francese pubblicate circa 10 anni fa nella rubrica sportiva del giornale “La Repubblica”. L’uomo ha confessato di aver raggiunto risultati fisici “sovrumani”; grazie alla pratica del doping, sostenendo che non sia possibile raggiungere in breve tempo un tale livello di prestazioni solo con il duro allenamento.
Tuttavia, l’affermazione del calciatore non regge il confronto con alcune leggende del calcio come Cristiano Ronaldo, capitano della nazionale portoghese e attuale attaccante della Juventus, il quale deve parte della sua popolarità alla sua perfetta forma fisica, che gli permette di eseguire azioni impeccabili durante le partite.
Eppure, è noto che la carriera di Ronaldo non sia mai stata segnata da episodi di doping, ma
solo da allenamento e sacrificio. Nonostante CR7 sia stato plasmato da un’infanzia difficile: il padre alcolista morì quando era ancora giovane, gli fu diagnosticata una tachicardia che fu però curata e il suo contesto economico era tutt’altro che benestante. Ronaldo ha deciso di imparare dai traumi della sua giovinezza, donando regolarmente il sangue, rifiutando categoricamente di bere alcolici e consacrando la sua vita al duro lavoro e al sacrificio. Ciononostante il calciatore ha ammesso di essersi sottoposto al trattamento con camera iperbarica, che è classificato come doping nel nostro paese, ma come pratica legittima in Spagna, dove giocava prima di trasferirsi in Italia.
Ma che cos’è il doping?

Il doping consiste nell’uso di una sostanza o in alcuni casi di un farmaco, finalizzati al miglioramento dell’efficienza psico-fisica durante una attività sportiva, sia agonistica che non, da parte di un atleta. II suo ricorso avviene spesso in vista di una competizione importante e rappresenta, oltre che una pratica nociva e spesso mortale, un’infrazione dell’etica dello sport e della legislazione penale italiana. Le sostanze utilizzate per il dopaggio sono varie e permettono di incrementare la massa muscolare e l’apporto di ossigeno ai tessuti, oltre a ridurre la percezione del dolore e variare il peso corporeo; alcune di queste possono inoltre essere utilizzate anche a scopo terapeutico previa prescrizione medica ed è pertanto necessario misurarne le dosi.
Negli ultimi anni, in Italia e altri paesi, il doping è diventato un reato di “frode sportiva”, introdotto con l’art. 1 della Legge n. 401 del 13 dicembre 1989, a seguito del quale il Parlamento italiano emanò una legge specifica nel 2000.
È del 14 dicembre 2000 la legge n. 376 (“Disciplina della tutela sanitaria delle attività sportive e della lotta contro il doping”) che consente un’individuazione precisa del fenomeno e permette di colpire più efficacemente una pratica che era precedentemente sanzionabile solo sul piano sportivo. L’art. 1 comma 2 fornisce, inoltre, la definizione ufficiale di doping: «Costituiscono doping la somministrazione o l’assunzione di farmaci o di sostanze biologicamente o farmacologicamente attive e l’adozione o la sottoposizione a pratiche mediche non giustificate da condizioni patologiche ed idonee a modificare le condizioni psicofisiche o biologiche dell’organismo al fine di alterare le prestazioni agonistiche degli atleti». Risulta evidente come il doping presenti molte analogie con la dipendenza da droghe poiché, sebbene il suo ricorso si riduca alla volontà di avere migliori risultati sportivi, in breve tempo porta a non poterne fare più a meno ; se considerato poi il modo in cui alcune droghe siano utilizzate come sostanze dopanti, il confine diviene ancora più labile.
Il doping, quindi, non è altro che una “scorciatoia seduttrice” che convince di poter eludere un duro allenamento e un sano stile di vita , basilari lungo la strada per l’eccellenza sportiva. Tuttavia, come recita la celebre frase latina: «Non c’è vittoria senza sacrificio, non c’è gloria senza sofferenza» e i veri sportivi come Cristiano Ronaldo sanno che è questo a fare la differenza non solo nello sport, ma soprattutto nella vita.

Michele Scibilia 3^i