Sicilia e mancato progresso. Alcune considerazioni

E’ innegabile che la Sicilia, con le sue risorse, potrebbe diventare pioniera dello sviluppo del sud Europa. Ma perchè ma perché quest’isola non è mai riuscita a fare l’atteso salto di qualità?

Prima di comprendere il presente iniziamo a guardare la Sicilia da un punto di vista storico e geografico. La posizione centrale che l’isola occupa nel Mediterraneo ha, da sempre, attratto le conquiste occidentali e orientali, tanto da diventare in passato un polo commerciale e navale, aprendo rotte verso l’Africa, l’Europa centrale, la Penisola Iberica e l’Oriente.

Le prime comunità nordeuropee e mediorientali vi si stanziarono tra il 35.000-5.000 .a.C. Successivamente, tra il 1.900-1400 a.C , si svilupparono le prime civiltà a Castelluccio, Siracusa e Pantalica. Nel XII a.C. furono i Fenici a giungere in Sicilia, dove si stanziarono. Nella parte orientale, nella piccola isola di Mozia (Trapani), è, infatti, possibile visitare i resti di una residenza fenicia.

 

Isola di Mozia, foto inedite

L’insediamento dei Greci con la colonia a Naxos (attuale Giardini Naxos, in provincia di Messina) e la colonia a Zancle (attuale Messina) portò alla colonizzazione greca della Sicilia nel 735 a.C., culminando con la formazione del complesso di colonie della Magna Grecia nei territori di tutto il sud Italia e una nascita culturale e intellettuale con la formazione di scuole di pensiero, come quella dei seguaci di Pitagora.

Tempio di Selinunte, Sicilia

Pochi secoli dopo, nel 246 a.C., giunsero i Romani che conquistarono Messina, dichiarando guerra a Cartagine e dando inizio alle guerre puniche che resero la Sicilia terra di conquista di Annibale.

Nei secoli successivi l’isola fu occupata dai Vandali, dagli Ostrogoti, dai Bizantini, per oltre tre secoli, e dagli Arabi. Questi ultimi, sbarcarono a Mazara del Vallo e facendo di  Palermo la loro capitale. Nella parte nord-orientale dell’isola, introdussero lo stile arabo  che si evolverà in arabo- normanno, intorno al 1061, con il regno di Ruggero d’Altavilla, fondato nel 1130.

Il dominio Svevo iniziò nel 1194, il periodo più florido per il popolo siciliano. Con l’avvento dello “Stupor mundi”, Federico II di Svevia, cresciuto tra le strade di Palermo, l’isola rivestirà un posto di primo piano in tutta Europa, politicamente (istituzione del primo Parlamento) e culturalmente, con la nascita della scuola poetica siciliana, che porrà le basi per la nascita della lingua italiana.

Alla morte di Federico II, si succedettero gli Angioini e gli Aragonesi e, questi ultimi, crearono il Regno delle  Due Sicilia. Dopo successive conquiste (austriaca e sabauda), ci fu l’era Borbonica siciliana con Carlo III di Borbone, re di Sicilia nel 1735. Infine, nel 1860, con lo sbarco dei Mille a Marsala (Tp) guidato da Giuseppe Garibaldi, la Sicilia verrà annessa  all’Italia.

Saline di Marsala, Sicilia

Comprendiamo come la Sicilia sia stata terra di conquista da sempre, nasce da qui la “questione meridonale”; frattura insanabile e dolorosa d’Italia.

Nella psicologia del siciliano si è diramata l’idea di vedere la Sicilia come un sistema chiuso, solo e dimenticato dallo Stato, portando, quindi, il cittadino ad accontentarsi di ciò che possiede. Queste parole ci ricordano i pensieri cardini del movimento letterario del Verismo, di cui pioniere fu proprio il siciliano Giovanni Verga. Egli riesce, tramite “il ciclo dei vinti”, a raccontarci il carattere del siciliano: insoddisfatto della sua posizione sociale, ma consapevole della presenza di un ciclo continuo che non lo porterà a progredire nella scala sociale. In genere, chi nasce in Sicilia, quindi continua ad accontentarsi e a rimanere insoddisfatto, addossando le colpe al prossimo, alla società, al governo, lamentandosi senza provare a proporre soluzioni per risolvere i problemi. Il cittadino, accontentandosi di essere tra gli ultimi gradini della scala sociale in italia, prova un sentimento di inferiorità, sentimento ancestrale che lo porta a preferire di rimanere ancorato alla sua Sicilia. Il siciliano sogna, ma allo stesso tempo, teme di essere sottovalutato, teme di superare quella faglia invisibile che apre le porte al nord, terra lontana e da cui si dirama un’ostilità verso il sud.

Questa ostilità, nella visione di un’Italia unita, continua ad ostacolare il progresso, in campo economico e sociale, rendendo difficile il lavoro del componente del governo al sud e alla coesione territoriale.

Allo stesso tempo, degli studi dimostrano che il genoma del siciliano è tra i più variegati esistenti, rende quindi l’individuo versatile e con una mentalità logica. Molte menti siciliane sono arrivate lontano, ricordiamo Luca Parmitano, cittadino del parternese, oppure pensiamo al grandissimo scrittore Andrea Camilleri, autore della collana poliziesca Montalbano, amatissima in Italia e nel mondo, tradotta in 31 lingue e diffusa in 28 paesi.

Inoltre, le risorse naturali della Sicilia potrebbero portare l’isola a diventare principale HUB in Italia e in Europa per il trasporto di idrogeno, il quale potrebbe diventare il miglior carburante e fonte di energia a emissioni zero in pochissimi anni.

Ma allora perché la Sicilia non progredisce? La terra risulta un posto sicuro per il cittadino, quindi non riesce a far valere le proprie idee anche all’estero, tranne per alcune eccezioni. Al contempo, teme che al di fuori dell’isola lo possano sottovalutare o giudicare per le sue origini. Per questo il siciliano non riesce a uscire dalla sua bolla. A questo punto un’altra domanda sorge spontanea: perché allora la Sicilia non si sviluppa a livello locale?

Purtroppo a causa di quanto già visto prima, il siciliano non ha un carattere propositivo alle innovazioni, né tantomeno è propositivo verso uno sviluppo.

Inoltre è cieco davanti alle potenzialità della sua terra, sempre stata una località di conquista. Il siciliano non riesce a prendere in mano la situazione e a risollevare la sua terra, non riesce ad avere più fiducia nelle istituzioni essendo così diffidente allo sviluppo e alle innovazioni. Per questo la Sicilia non riesce a svilupparsi nemmeno a livello locale.

Come si può allora rifondare nel carattere del siciliano verso le istituzioni? Come si può riprendere lo sviluppo di questa terra? Nonostante le difficoltà e le ostilità che possono presentarsi davanti allo sviluppo economico e sociale di questa terra, non dobbiamo abbatterci. Bisogna credere nelle nostre potenzialità e sempre guardare i nostri obiettivi, non ai limiti italiani, ma guardare in grande: pensare all’estero. Solo così questa terra potrà risollevarsi, solo così potrà avvenire quel salto di qualità nel carattere del siciliano.

Così la Sicilia potrà prendere ciò che le spetta e sarà così straordinario che tutto ciò che abbiamo  sognato fino ad ora sarà infimo.

Marianna Lo Piano, III I