La letteratura italiana dal cinquecento fino ad oggi

A partire dal XVI secolo si iniziano a formare le signorie e quelle più celebri sono a Firenze, Mantova e Milano, invece la città di Roma era una città molto importante grazie alla presenza della sede papale.

In questo periodo perviene una nuova visione dell’uomo, non come nel medioevo in cui esisteva la visione teocentrica cioè con al centro Dio al centro dell’universo, ma adesso è l’uomo ad essere al centro, e questo fenomeno viene anche chiamato visione antropocentrica.

Dopo l’instaurazione delle signorie, le corti si iniziano a popolare di intellettuali e artisti, sicuramente ne è un esempio Lorenzo de’ Medici, che faceva parte della signoria fiorentina e porta alla sua corte artisti conosciuti ancora oggi, a partire da Brunelleschi fino ad arrivare a Botticelli, ma anche Leonardo da Vinci. Un altro luogo che è pieno di arte e cultura, è l’accademia e tra quelle più famose si distinguono quella Platonica a Firenze, che era stata fondata da Cosimo de’ Medici, ma si ricorda anche l’accademia Pontiniana a Napoli.

Invece nella letteratura si diffondono due correnti letterarie: il Rinascimento e l’Umanesimo, queste due si caratterizzano del principio d’imitazione che consisteva nel riprendere le tradizioni che si ispiravano alle antiche tecniche letterarie che usavano gli autori dell’età classica come Platone e Cicerone, e integrarle con quelle che usavano Petrarca e Boccaccio. Ma c’era stato sin dall’inizio un problema che poi verrà portato avanti fino al settecento ed era quello della lingua, ma in questo secolo un classicista di nome Pietro Bembo fonda il canone bembiano che risolveva l’enigma se si dovesse usare il latino, che era una lingua che veniva usata per riservare delle opere solo agli intellettuali più colti, o il volgare che era la lingua del popolo (volgo = popolo), e quindi alla fine ha affermato che la lingua che andava usata era quella di Dante, Petrarca e Boccaccio.

I generi letterari che si diffondono nel XVI secolo sono:

Il trattato che può essere di carattere politico, come “Il Principe” di Machiavelli; sui costumi dell’epoca; sul comportamento, come “il cortigiano” di Baldassarre di Castiglione;

La storia moderna, di cui Guicciardini si può definire il massimo esponente con le sue opere “Storie fiorentine” e “la storia d’Italia”, che riportano argomenti che riguardavano l’attualità dell’epoca;

La letteratura dei viaggi e delle scoperte geografiche che sono opere scritte o rielaborate e raccontano le vicende di scoperte di nuove terre come la scoperta del Nuovo mondo;

La novella, era una tecnica molto usata da Giovanni Boccaccio nel Decamerone che appunto era una raccolta di novelle. Le novelle contenevano anche una contaminazione di fiabe, ma si ricercava anche il macabro e l’orrore, soprattutto alla fine del ‘500 con il periodo del Manierismo;

La poesia lirica che viene caratterizzata dall’idea di Bembo di riprendere in considerazione la lingua usata da Petrarca, infatti la poesia lirica è caratterizzata dal petrarchismo e il massimo esponente Michelangelo Buonarroti. Però, dopo la nascita del petrarchismo, il modello viene capovolto e viene chiamato Antipetrarchismo, di cui il massimo esponente è Francesco Berni;

La letteratura drammatica, che però suscita sempre meno interesse rispetto alla commedia. Una delle tragedie più famose di questo periodo è “la Canace” di Sperone Speroni.

Tutto inizia a cambiare a partire dal XVII secolo, chiamato il secolo della rivoluzione scientifica grazie a grandi innovazioni nel campo dell’astronomia e della scienza, questo infatti comporta una nuova visione dell’universo e dell’uomo, perché quest’ultimo non è più al centro di tutto perché instaurando la teoria eliocentrica, cioè in cui il sole è fermo e la terra gli gira intorno, quest’ultima e di conseguenza anche l’uomo non sono più al centro dell’universo come aveva affermato Aristotele.

Galilei è l’esponente più conosciuto per le sue scoperte nel campo dell’astronomia, tra le sue opere più importanti ci sono: il “Sidereus Nuncius” e “Il dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo tolemaico e copernicano”.

La corrente letteraria che si diffonde nel ‘600 è il Barocco; questo termine deriva dal portoghese “Barroco” e significa perla irregolare invece in francese la traduzione del termine “Baroque” e significa bizzarro e contorto, infatti il Barocco si caratterizza di un allontanamento dalla tradizione petrarchista e dal nuovo modo di suscitare dello stupore in chi legge, e grazie all’allontanamento dalla tradizione Petrarchista si può iniziare a pensare e a dedurre una prima libertà d’espressione.

L’esponente più celebre è Giovan Battista Marino, e la sua opera più importante, che rispecchia queste innovazioni del ‘600, è l’“Adone”.

Il dibattito sulla lingua si amplia anche in questo secolo, ma dopo la fondazione dell’accademia della crusca e nel 1612 pubblica il primo dizionario contenente tutte le parole usate a partire da Dante fino al più recente degli autori.

Nel settecento la letteratura subisce ancora dei cambiamenti a causa del periodo storico, che comprende molte rivoluzioni in tutta Europa che portano ad un pensiero più libero e che si fonda sulla ragione umana, infatti questo secolo si può definire “le siècle des lumière” (il secolo dei lumi), che al tempo si pensava potesse sconfiggere l’ignoranza della gente.

Dopo la diffusione della stampa si iniziano a vedere altre grandi innovazioni anche nel campo industriale, infatti nel ‘700 ci fu la prima rivoluzione industriale e grazie alla stampa si può portare avanti l’idea della libertà di espressione perché il giornale era l’unico modo più diretto per riportare a tutti il proprio pensiero: i primi giornali che si diffusero furono i “Pamphlet”, ma in Italia furono i fratelli Verri con il giornale “il caffè” a portare avanti questa novità.

Il punto di diffusione di questa corrente illuminista partì dalla Francia dove i massimi esponenti tra cui Montesquieu, Diderot e Rousseau portarono avanti il progetto dell’enciclopedia, un volume che doveva contenere tutte le scoperte e tutto ciò che si sapeva fino a quel momento.

I tipi di intellettuali variano molto tra il 500 e il 700: Il primo tipo di intellettuale, si diffuse fino al ‘600, aveva la funzione di costruire il consenso del re, essi vivevano presso la corte ed erano completamente sottomessi ai sovrani.

Esempi d’intellettuale di questo periodo sono Gian Battista Marino e Baldassarre Castiglione. Di Marino abbiamo già citato l’Adone, un poema adulatorio dedicato a Luigi XIII, re di Francia. Castiglione invece delinea il ritratto ideale della corte d’Urbino, parlandone però, come se fosse stata veramente così. Questi sono due esempi di ciò che è la figura del cortigiano.

Il secondo tipo di intellettuale è quello dell’intellettuale funzionario; che si adopera per collaborare con lo Stato ricevendo incarichi importanti e pensa di poter aiutare la politica attingendo alla sua cultura. Alcuni esempi possono essere Dante nel ‘300 e Machiavelli, nel ‘500.

Il terzo tipo è quello dell’intellettuale alternativo. Essi erano il più “temuti” dai sovrani poiché non si astenevano dal criticare il comportamento dei sovrani; questi perciò cercavano di accattivarselo con doni e privilegi.

Esempio di questo tipo di intellettuali è il poeta Pietro Aretino, che dà un ritratto della corte completamente opposto a quello di Castiglione. Infatti per Aretino la corte assume valore fortemente negativo, ed è un luogo di menzogne ed insidie.

Dal ‘600 l’intellettuale inizia a vivere del suo lavoro, e nel ‘700 con la nascita di nuovi centri di cultura come il caffè, i salotti, e con la nascita del giornale l’intellettuale diviene poligrafo e la cultura inizia ad allargarsi al di fuori della cerchia degli uomini colti.

Degli esempi ne possono essere Beccaria, che s’interroga sul problema della diffusione della cultura anche tra ceti non aristocratici; Goldoni che parla del problema dei diritti d’autore, e della necessaria indipendenza economica dell’intellettuale per essere tale; infine Voltaire, che riconosce la figura dell’intellettuale in quella del filosofo, in quanto detentore della ragione.

La figura dell’intellettuale oggi

Stando a una pura constatazione sociologica, lo spazio dell’intellettuale si è enormemente ampliato rispetto a ieri, intendendo con “ieri” essenzialmente la seconda metà del Novecento. Ciò è del tutto scontato, ed è da collegare con la fine di un modo ristretto di considerare la cultura. Un tempo aveva perfino fatto scandalo che potessero esserci libri tascabili, edizioni a poco prezzo dei classici della letteratura, oppure che il latino, con la riforma della scuola media unica, fosse diventato una materia secondaria. Accadeva in Italia nei primi anni sessanta: un’istruzione riservata a una élite e un sistema scolastico programmaticamente classista andavano dissolvendosi. Se fossimo progressisti, dovremmo dire che ne è stata fatta di strada. Ma il progresso civile non procede secondo una linea retta e nemmeno a spirale: piuttosto è fatto di segmenti spezzati che soltanto a montarli insieme con un certo sforzo compongono la figura di un progresso rispetto a qualcosa che c’era prima.

La fine della “cultura alta”, prevalentemente umanistica, è stata vissuta da molti come una perdita; ma si è trattato di una trasformazione storica che, se non altro, ha messo fuori causa una tradizione culturale impregnata di retorica. Va sempre sottolineato come la critica dei consumi – in questo caso dei consumi culturali – abbia spesso un segno conservatore. E poi certo anche un segno del tutto opposto, purché però si sappia fare la critica di una certa critica.

Un altro aspetto – più decisivo di quello della ricezione – consente di affermare che lo spazio dell’intellettuale oggi è molto più ampio di ieri: quello del lavoro. La maggior parte del lavoro odierno – flessibile, precario e così via – è intellettuale o tecnico. Certo, c’è un massiccio ritorno, specialmente nell’ambito dei servizi, a forme neoschiavistiche di lavoro: tuttavia nessuno appare del tutto privo di quegli strumenti minimi di orientamento come un contadino analfabeta nel sud dell’Italia alla metà del Novecento. C’è un’intellettualità diffusa sulla cui preparazione culturale effettiva, intesa anche come capacità di discernimento politico, non c’è da farsi troppe domande per la semplice ragione che è la situazione obiettiva del mercato del lavoro a determinare una prevalenza di quello intellettuale su quello manuale.

Alessia Veneri, Qiao Man Lin, Carola Graziani 4M