ILLUMINISMO 

“l’Illuminismo è l’uscita dell’uomo dallo stato di minorità che egli deve imputare a se stesso”

L’illuminismo è un movimento intellettuale, culturale, sociale e politico Settecentesco che si diffonde in Europa, trovando il centro di maggior espansione in Francia (Parigi diventa infatti la capitale della cultura).

Nel XVIII secolo gli intellettuali francesi spaziano nei vari campi del sapere, partoriscono idee che influenzeranno il pensiero di tutti gli altri intellettuali europei e che riescono a stimolare anche un cambiamento politico secondo quello che si usa chiamare “dispotismo illuminato”. 
Il movimento è inteso a portare i “Lumi della Ragione” ai quali si ispira e dai quali prende il nome di Illuminismo, in ogni campo dell’attività umana, allo scopo di rinnovare e rendere “razionali” e “giuste” le strutture sociali, economiche e politiche, combattendo per mezzo della critica gli infiniti pregiudizi. Sono questi infatti frutto di inganno, che impediscono il progredire della società e si oppongono alla loro felicità. Si ha infatti l’obiettivo di progredire verso una condizione di benessere, perseguibile solo attraverso l’uso della ragione e dell’osservazione. 

Il movimento assume una concezione in cui si mettono in discussione le basi della vita civile e sociale e avvia una trasformazione della mentalità e dei costumi dell’uomo occidentale. La ragione guida le azioni e i giudizi umani ed ha fondamento nelle leggi della natura, in cui gli uomini nascono liberi e uguali, con una rivendicazione del valore dell’individuo rispettando le prerogative fondamentali: liberté, egalité, fraternité.  

Le ragioni dell’affermarsi di questo pensiero critico sono diverse: 

La storia britannica del Seicento ha dimostrato la possibilità di successo di atti radicali contro il potere politico vigente e idee come quella del contratto collettivo a fondamento delle società politiche suscitano nuovo interesse tra gli intellettuali europei. Inoltre, il soffocamento della dialettica tra ceti e sovrano, che ha avuto luogo nella Francia di Luigi XIV, ha comportato la negazione di ogni forma di dissenso che si converte ora in interesse per nuove forme di elaborazione culturale che critichino monarchia e aristocrazia. 

Vengono quindi messi in discussione i governi assoluti, avviando una concezione democratica dello stato, governato dai rappresentanti del popolo. Si ha una revisione dei processi criminali, in particolare la pratica della tortura di cui parleranno Pietro Verri, Beccaria e Voltaire.  

L’esigenza di non accettare passivamente le “verità” tramandate passivamente dalla tradizione, giunge all’elaborazione di una ideologia basata su un sistema di valori laici e alternativi, i quali fondamenti trovano la loro codificazione nell’Enciclopedia.

Con il sottotitolo di “Dizionario ragionato delle scienze, delle arti e dei mestieri, l’opera venne diretta Denis Diderot. A differenza delle enciclopedie medievali, questa offre un progetto razionale di catalogazione e illustrazione dello scibile, trattava di argomenti costruttivi e problematici e venne condannata dalla Chiesa nel 1759.  Con il filantropismo, si indica l’atteggiamento solidale verso gli altri che nasce dall’idea democratica di convivenza umana. Esso include la particolare attenzione per il benessere dei cittadini che si traduce con riforme volte a migliorarne le condizioni di vita. 

L’esercizio libero delle facoltà intellettuali dell’individuo porta a un ampliamento degli orizzonti mentali, in base ai quali comincia ad entrare in crisi la prospettiva della visione eurocentrica. Essa, insieme con l’idea dell’uguaglianza di tutti gli uomini, porta a una nuova concezione della tolleranza, indicativa del cosmopolitismo che caratterizza le mentalità e i comportamenti e che consente di sentire come propria patria non tanto il luogo in cui si è nati, bensì quello nel quale si trovano libertà, razionalità e culto dei Lumi.  

Un fattore particolare che sollecita il movimento illuminista ad aprirsi al mondo è il processo di prima globalizzazione dei traffici e degli scambi. La scoperta di esotici mondi lontani infatti, incoraggia alcuni philosophes a trovare nuovi spunti e prospettive per proporre le loro riflessioni sul potere. 

Muta anche l’idea di letteratura che, per questo, è collegata alle riflessioni sulla felicità e sul piacere. Il rifiuto del dogmatismo e del fanatismo, infine, porta all’elaborazione del deismo, una religione naturale in cui l’essere supremo è visto come un’intelligenza razionale e non come fede. 

La caduta dell’impero romano d’occidente e la conseguente suddivisione in piccoli stati, porta a un mutamento della lingua, basata principalmente sui dialetti, sebbene l’italiano sia la lingua letteraria. 

Nonostante l’Illuminismo introduca novità, persiste l’importanza delle Accademie, che puntano alla modernizzazione dei costumi e delle istituzioni. Spiccano L’Accademia della Crusca, che pubblica una nuova edizione del suo dizionario e l’Accademia dell’Arcadia, nata a Roma nel 1690, che promuove una nuova concezione dell’esercizio poetico. Si tratta di istituzioni a carattere ufficiale, i cui regolamenti sono ancora legati alle convenzioni del passato. Di diversa natura è l’Accademia dei Pugni, fondata dai fratelli Verri, che diventa il centro italiano più importante per l’elaborazione delle nuove idee illuministiche, con l’intento di promuovere le condizioni di un miglioramento civile e culturale. 

Il mezzo di diffusione delle idee più efficace in questo periodo è sicuramente il giornale. 

I progetti di riforme trovano spazio sul periodico politico e letterario “Il Caffè”, diretto da Pietro Verri, il cui nome simboleggiava un luogo aperto agli incontri e ai confronti, un ambiente confortevole dove leggere e riflettere. Si ha inevitabilmente uno sviluppo dell’editoria, grazie a riviste e pamphlets, e assistiamo alla nascita di un moderno giornalismo, i cui modelli vanno cercati in Inghilterra, la prima nazione dove, in seguito alla rivoluzione industriale, con il concetto dell’opinione pubblica la borghesia si impone come classe egemone. Infatti, l’Illuminismo è la modalità di pensiero organico della borghesia nella lotta per la completa conquista del potere economico e politico e di tale egemonia ideologica: lo si vede crescere dai tempi della Rivoluzione Inglese (1688) alla Rivoluzione francese (1789), divenendo il vessillo di un vero parti philosophe, in una Francia in cui alla preponderanza borghese e alla sua presa di coscienza si oppongono i privilegi dei nobili e del clero, alleati della monarchia assoluta.  

Abbiamo osservato come l’illuminismo abbia visto il suo maggiore sviluppo nella Francia del ‘700, Paese che ha fatto sì che il movimento prendesse piede in tutta Europa. Ma come ha potuto la Francia diventare, sotto questo aspetto, tanto influente sul resto del continente europeo? Gran parte del merito è sicuramente da attribuire a pensatori e intellettuali del tempo, che grazie alle loro opere all’avanguardia e di stupefacente impatto hanno ispirato molte altre persone, compaesani e non a seguire “il lume della ragione”. Ricordiamo: Montesquieu, Voltaire, Diderot, Rousseau. 
Andiamo ad esempio ad analizzare il testo Dal buon selvaggio alla proprietà privata” di Jean-Jaques Rousseau, tratto dal Discorso sull’origine dell’ineguaglianza tra gli uomini (1755).  

È interessante osservare come Rousseau in questo saggio sembri riportare una concezione della società ben lontana dall’ideologia illuministica. Leggendo il testo possiamo infatti apprendere come l’autore asserisca che la nascita della proprietà privata, conseguente al progredire della società sia la causa delle ingiustizie sociali. 

Il brano fa riferimento, appunto al mito del “buon selvaggio”, secondo cui l’uomo nasce come una creatura libera, sempre a contatto con la natura, immerso in qualcosa che possiamo considerare molto vicino all’Eden. L’essere umano è di natura buona e pacifica, sarà l’avvento della società moderna, fatta di una realtà artificiale ad avvicinarlo sempre di più alla corruzione.  

I frutti, la natura appartengono a tutti, l’appropriarsi di un terreno, il recintarlo, dando vita alla proprietà privata, segna dunque l’inizio di oppressioni e ingiustizie che impediscono all’uomo di vivere in un contesto equo con i propri simili.  

È importante ricordare che il pensiero espresso in questo brano verrà superato da Rousseau nel successivo periodo della sua vita. Ciononostante il testo analizzato può essere considerato fortemente futuristico. La critica alla proprietà privata è infatti un tema che verrà nuovamente trattato molto più avanti da intellettuali di forte spessore, come ad esempio Karl Marx. 

Un incontro ravvicinato tra l’illuminismo italiano e quello francese lo vediamo nella città di Milano con il gruppo che portò alla fondazione della prestigiosa Accademia dei Pugni nel 1761. Vediamo inoltre che gli ideatori fanno parte dei maggiori esponenti dell’illuminismo italiano, i fratelli Verri, Pietro e Alessandro, e Beccaria. Gli obbiettivi prefissati da essa consistevano nell’elaborazione di nuove idee illuministiche e promuovevano le condizioni di un miglioramento civile e culturale. 

Cesare Beccaria fu coinvolto nella formazione dell’Accademia, essendo in buoni rapporti con i fratelli, verrà inoltre invitato a Parigi, poiché ammirato dagli illuministi francesi, dopo aver scritto il suo più celebre trattato “Dei delitti e delle pene” che riscosse un incredibile successo in tutta Europa. Questo capolavoro proponeva una riforma dei processi criminali, condannando la pratica, al tempo piuttosto diffusa, della tortura e della pena di morte. L’opera venne attaccata dalla cultura reazionaria, difesa poi dagli stessi fratelli Verri.  

In uno dei testi dei “Dei delitti e delle pene”, intitolato “L’utilità delle pene è la negazione della loro crudeltà” Beccaria si sofferma su 3 punti fondamentali del trattato, il primo dei quali gli uomini hanno sacrificato una parte della loro libertà per godere di una società capace di garantire sicurezza e tranquillità sottoponendosi all’autorità di un sovrano. Spesso accade che l’imputato venga sottoposto a torture ancor prima di essere dichiarato colpevole dal giudice, per riuscire a ricavare la verità, che smodatamente è già stata detta, ma mai ascoltata. Beccaria tende a contestare le forme di potere assoluto in cui chi governa ha il compito di rappresentare i cittadini e far rispettare le leggi, e non si può allargare a tal punto da privare i cittadini dei propri diritti, perlopiù se innocenti.  

Secondo Beccaria la pena di morte è inefficace e ingiustificata, non corrispondendo agli obbiettivi che deve porsi un legislatore. L’ergastolo, secondo lui, è più temuto poiché ti priva delle tue libertà, essendo una punizione continua e duratura, che possa intimorire e distogliere dal commettere il delitto. La permanenza in carcere sarebbe tendente alla riabilitazione del carcerato in modo tale che una volta scontata la pena possa vivere secondo il rispetto delle leggi. 

Asia Isawi, Sharika Shamim, Valeria Del Sordo, Sara De Luca 4N