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Aggiornamento irrimandabile: è tempo per la scuola di rinnovarsi

In un convegno di ormai qualche anno fa nel quale aveva preso la parola Galimberti, il filosofo e giornalista di Repubblica distingueva tra istruire ed educare: “istruire significa trasmettere contenuti da una mente, quella del professore, all’altra, quella dello studente; educare significa interessarsi alla sfera sentimentale, per far sì che il ragazzo passi dallo stadio della pulsione all’emozione.

Non è forse vero che la scuola di oggi, tra le altre pecche mosse dall’autore, si sia progressivamente ritagliata un ruolo di mera scolarizzazione, preoccupandosi poco di adempiere ai suoi compiti educativi nei confronti dei giovani? Da studente avverto molto questa noncuranza della scuola, una trascuratezza che non perdono ad un’istituzione scolastica come quella italiana che storicamente gode di una reputazione notevole, anche a livello europeo.

Sempre più spesso il percorso scolastico si delinea esclusivamente come un passaggio di testimone, di informazioni che in fin dei conti si rivelano sterili e inefficaci nel preparare il giovane ad entrare nella società dei grandi.

Il sistema scolastico è ancora eccessivamente verticalista, non lascia agli studenti uno spazio al di fuori di quello necessario a testare il livello di apprendimento delle nozioni trasmesse loro. La crisi che ci tocca e ci ha interessato da un anno a questa parte ha messo in evidenza delle criticità che da tempo passavano inosservate, quasi non ci fossero. Le strategie di insegnamento via telematica devono fare riflettere su quanto la scuola sia ancora standardizzata su stampi vecchio stile, non in linea con l’evoluzione dei tempi. Quanto ancora dovremo andare avanti perché ci si accorga che c’è bisogno di un aggiornamento? Un po’ come quando nell’angolo in alto a destra del nostro computer appare la notifica “aggiornamento di sistema disponibile” e noi, troppo pigri per avviarlo o troppo impegnati per smettere di fare quello a cui ci stiamo dedicando, rinviamo ad un dopo, che facilmente si tramuta in mai. 

L’ambiente scolastico necessita di un rigeneramento, di una messa in discussione di alcuni punti di una lista che non viene rivista da tempo.

Il bagaglio culturale che uno studente italiano oggi può vantare, seppur di indubbia considerazione per quanto riguarda la conoscenza del passato, della letteratura, delle discipline scientifiche, è carente per quanto riguarda la sua personalità, la sua sfera emotiva.

Non viene dato sufficiente rilevanza a questo profilo della crescita del ragazzo, che troppo facilmente poi è sprovvisto di stimoli, di interesse verso la “cultura”. 

C’è sempre meno un’attenzione verso l’individualità, sono sempre meno le occasioni nelle quali può nascere un rapporto empatico studente-insegnante (a volte anche per colpa di un corpo docente non predisposto per sua indole a ciò; mi sento però di giustificare una buona parte degli insegnanti che d’altronde sono costretti a rincorrere i temutissimi programmi ministeriali e la rinuncia anche ad una sola delle ore curricolari rappresenterebbe un pericoloso ostacolo al conseguimento del piano didattico).

Il tema in classe nel quale veniva per una volta lasciato spazio all’interiorità dell’alunno è stato gradualmente sostituito dalla comprensione di testi già impostati. E il rapporto interpersonale si affievolisce, il professore conosce a malapena lo studente che sta interrogando in classi sempre più numerose. Oggi più che mai la crisi che stiamo attraversando ci può insegnare a cambiare le strategie fin qui messe in atto, a modernizzarle, a soffermarci maggiormente su singoli aspetti che nei frenetici ritmi del presente passano inosservate, a dare un maggiore spazio al rapporto umano che, se con la pandemia ha subito una ferita profonda, un domani potrà risanare e saldarsi come caposaldo imprescindibile della nostra vita scolastica e non.

“Gli inciampi ti insegnano a volare, le cadute ti innalzano, le perdite ti arricchiscono, le sconfitte rendono invincibili, gli sbagli si rivelano alla fin fine una forma superiore di perfezione” (Roberto Mercadini, autore del libro “Storia perfetta dell’errore).

 

Di Giovanni Ruben Cozzolino