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Intervista alla psicologa e psicoterapeuta del Centro Studi e Ricerche in Terapia Psicosomatica APS di Bologna: PSICHE E LOCKDOWN, UN BINOMIO ESPLOSIVO?

Analisi e possibili soluzioni di un disagio crescente in tutte le fasce d’età

 

E’ ormai da più di un anno che la pandemia di COVID-19 sconvolge la vita di ognuno di noi e una crisi psicologica ed emotiva, spesso tralasciata o sottovalutata, sta colpendo una parte considerevole della popolazione, indipendentemente dall’età. L’intervista alla Dottoressa Virginia Martelli, psicologa e psicoterapeuta, responsabile del progetto “Lo psicologo di base” per il Centro Studi e Ricerche in Terapia Psicosomatica APS di Bologna, ci aiuterà a far luce su questa delicata tematica.

Purtroppo siamo in piena pandemia e, oltre alla crisi sanitaria, economica e sociale che stiamo affrontando, si riscontra anche una “crisi psicologica” che non sempre viene presa nella giusta considerazione. Quali sono i principali effetti che la situazione pandemica e i conseguenti lockdown hanno provocato e stanno provocando sulla popolazione?

Gli effetti principali che si notano dal punto di vista psicologico sono un profondo senso di impotenza dato dalla difficoltà nello stabilire, in questa situazione, i modi e i tempi del nostro vivere, e una profonda difficoltà legata a proiettarsi nel futuro.  Siamo partiti a marzo dell’anno scorso credendo irrealisticamente che entro l’estate ci saremmo liberati di questa situazione e avremmo ripreso normalmente le nostre vite, tuttavia man mano il tempo è sempre aumentato, costringendoci ogni volta a ripartire ad investire su un futuro continuamente incerto. Gli esseri umani nascono e stanno bene se riescono ad avere una progettualità e la sua mancanza provoca smarrimento. La compresenza di queste due sensazioni determina un sentimento di passività, accompagnato da molte emozioni faticose da tollerare come rabbia, tristezza, angoscia, fatica, sonnolenza e difficoltà addormentarsi.

– E’ possibile tracciare una differenziazione degli effetti del lockdown e dell’isolamento forzato tra le varie fasce d’età?

 Sicuramente gli anziani sono tra i soggetti più in difficoltà poiché, in generale, faticano a utilizzare gli strumenti tecnologici e si sono per questo ritrovati ad essere tra i soggetti più isolati; sono quindi stati colti da un profondo senso di solitudine. I ragazzi soffrono anch’essi a causa dell’isolamento e spesso hanno bisogno di aiuto nel riuscire a differenziare l’essere soli dal sentirsi soli: in questo momento, infatti, si stanno sentendo soli fisicamente e avvertono che le loro relazioni sono messe a repentaglio dalla difficoltà nel mantenere una vita sociale. Questa continua fatica nel rimandare il rientro a scuola, inoltre, risulta in continue aspettative deluse: è incredibile che giovani di solito abituati a sbuffare per la scuola non vedano l’ora di tornarci! Molti adolescenti, per di più, sembrano non capire più se sono bimbi piccoli o persone ormai abbastanza grandi da prendersi delle autonomie, dal momento che stanno sempre chiusi in casa con i genitori.

Per quanto concerne gli adulti, le donne sono sicuramente molto in difficoltà: si sono ritrovate in situazioni stressanti di vero e proprio  “multitasking” dovendo accudire i figli a casa da scuola e contemporaneamente portare avanti il proprio lavoro. Gli uomini, invece, sono di solito abituati a lavorare molto fuori casa, quindi l’essersi ritrovati a vivere una maggiore vita familiare ha determinato molta fatica a fermarsi. I bambini sono indubbiamente una delle categorie più colpite: a loro, infatti, manca lo sviluppo del pensiero cognitivo, pertanto faticano a capire perché non incontrano più gli altri e si sentono rifiutati e isolati. Sia i bambini piccoli che gli adolescenti, poi, sono stati privati della possibilità di coltivare quelle piccole esperienze di autonomia che contribuiscono a strutturare la persona permettendole di maturare e di responsabilizzarsi.

Ci sono soggetti particolarmente vulnerabili?

Tutta la fascia dei minorenni è fortemente vulnerabile: i dati che abbiamo  per i minori sono davvero preoccupanti. Mentre gli adulti si sono trovati principalmente affaticati dalla situazione, i ragazzi sono alle prese con un blocco “evolutivo” dell’esperienza, data l’impossibilità di acquisire autonomie che li facciano sentire pian piano capaci di assumersi delle responsabilità, ad esempio andare a scuola e tornare a casa da soli. Tutto il processo di strutturazione della fiducia da parte dei genitori ai ragazzi è in questo momento un processo bloccato, e soprattutto  il bisogno che i ragazzi hanno di stare tra loro per crescere e differenziarsi dai propri familiari in questo momento è quasi assente.

Cessata l’emergenza, permarranno sui soggetti più particolarmente colpiti effetti a lungo termine?

Ritengo che adesso si possa iniziare a parlare di stress cronico: è ormai quasi da un anno e mezzo che viviamo questa situazione. A tal proposito, credo che sarà molto importante che lo Stato si faccia carico dei bisogni di natura psicologica della popolazione, ad esempio attraverso una massiccia introduzione dello psicologo nelle scuole. E’ necessario pensare a un percorso di sensibilizzazione alle emozioni per imparare a comunicarle e ad elaborarle. Quello che ci è successo è un trauma collettivo e reputo quindi imprescindibile farsi carico dell’onere di dare strumenti alle persone affinché imparino a “leggere” come si sono sentite e a riconoscerlo, perché solo se solo se riconosciamo come ci sentiamo possiamo poi riuscire a regolarlo.

Quali possono essere i sistemi più efficaci per affrontare e riprendere al meglio proprio la propria quotidianità sia nel presente che appunto nel futuro prossimo?

Sul momento per gli adolescenti è importante tenere i contatti –seppure perlopiù in forme tecnologiche-  che mantengano viva  la loro socialità. Sicuramente è obbligatorio fare una passeggiata al giorno: è necessario uscire di casa, vedere la luce del sole e sgranchirsi le gambe per “ricordarsi” di avere un corpo. E’ consigliato, a tal proposito, cercare di mantenere un’attività fisica anche a casa, perché stando sempre fermi si rischia di perdere di vista che chi si è veramente.  Bisogna, inoltre, avere cura delle piccole cose come il pranzo, la cena, ma soprattutto non trascurare se stessi e le proprie relazioni. Rispetto al futuro, fatico a immaginare come usciremo e che cosa faremo quando usciremo da questa triste situazione, perché è molto difficile capire per quanto tempo dovremo portare la mascherina e per quanto tempo dovremo fare i vaccini: personalmente, cercherei di volta in volta, in base agli step che superiamo, di comprendere che cosa è meglio fare in quel dato momento. Di certo dobbiamo cercare di recuperare uno stretto contatto sia con la natura sia tra noi esseri umani… non siamo fatti per non stare insieme! 

 

Di Ludovica Bottiglieri