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La Grande Guerra 2: il fronte interno, campo di battaglia delle donne

Il 4 novembre 1918, dopo la firma dell’armistizio di Villa Giusti, fu pubblicato il Bollettino della Vittoria della Grande Guerra, che ormai si protraeva dal 24 maggio del 1915. La guerra era finita. Era il momento per gli uomini di tornare alle proprie vite. Ma durante i tre anni di guerra l’assenza degli uomini, partiti per il fronte, aveva determinato un grande cambiamento. I ruoli nell’organizzazione della vita e della società avevano subito le conseguenze del regime di guerra. Gli uomini infatti avevano lasciato molti vuoti nella società. Prima di tutto sul piano lavorativo: i posti di lavoro liberati dai soldati dovevano essere suppliti. E chi era rimasto nelle città e nelle campagne? Chi poteva lavorare al posto dei soldati? La maggior parte furono donne. Gli operai “tecnici”, specializzati e più formati in determinati ambiti, erano le eccezioni alla mobilitazione militare grazie alla loro importanza nella produzione, per esempio nell’industria bellica. Tuttavia le donne che rimasero con le famiglie si trovarono a dover sostenere le spese e i problemi, di cui fino a poco prima si occupavano gli uomini capofamiglia, insieme ai propri figli se erano abbastanza grandi oppure anche da sole. Ecco perciò che queste donne si trovarono nelle condizioni di dover lavorare al posto dei loro uomini.

La presenza femminile subì un incremento enorme negli anni di guerra non solo nella produzione, industriale e agricola, e nell’occupazione sociale, di sostegno per le famiglie in difficoltà, ma anche negli uffici di Stato. Questo aspetto della mobilitazione femminile è spesso sottovalutato ma il ruolo del fronte interno è almeno altrettanto importante di quello dei combattimenti diretti. Un esercito che non abbia alle spalle una nazione solida che riesce a fornire rifornimenti adeguati e munizioni sufficienti per sostenere le battaglie e quindi non abbia un fronte interno che possa opportunamente sostenerlo è molto difficile che possa affrontare in posizione ottimale il nemico. Tuttavia va considerata non soltanto questa utilità materiale del diverso ruolo femminile in situazione di necessità, ma anche il valore morale che ha portato con sé. Infatti, mentre nelle guerre per l’unità dell’Italia la parte femminile della popolazione aveva avuto un ruolo marginale, se non per qualche caso eccezionale, il ruolo della donna per lo sforzo bellico nella Grande Guerra fu centrale, il livello di emancipazione raggiunse una vetta prima di allora sconosciuta in Italia.

Non solo riguardo ai lavori umili in fabbrica e nei campi, a causa della grande necessità di persone con una formazione medica per le cure sia dei soldati feriti sia dei civili, che non avevano certo smesso di contrarre malattie comuni. Al contrario, la crisi economica aveva portato povertà perciò più malnutrizione e più contagi nelle classi più basse della società. Perciò le istituzioni, primo fra tutti il Ministero alla Salute, si videro obbligate ad accettare di assumere anche donne con titoli di studio in medicina, che fino ad allora non potevano praticare il mestiere medico. Anzi, fra le dottoresse e le crocerossine troviamo anche nomi di spicco, primo fra tutti quello di Hélène Louise Henriette d’Orléans, moglie del Duca Emanuele Filiberto di Savoia-Aosta, perciò Duchessa d’Aosta, arruolatasi fra le crocerossine, con il permesso del marito, nel 1911 e diventata Ispettrice Generale delle Crocerossine Volontarie per volontà della regina Elena e il Presidente Generale della C.R.I. durante la Grande Guerra. 

Ecco perciò che gli uomini, al ritorno dal fronte, rientrarono in case e città molto diverse da come le avevano lasciate. Ogni famiglia si era dovuta organizzare per andare avanti senza il padre di famiglia. Molte di queste non videro tornare i loro capi, caduti al fronte, e dovettero continuare a sopravvivere senza di loro. Altre invece, con il ritorno degli uomini, furono costrette, volenti o nolenti, a tornare alle vite che conducevano prima – anche se fingere che non fosse successo nulla era impossibile – come volevano questi ultimi, la società e anche e soprattutto l’istituzione religiosa, sempre presente e pressante nella politica in Italia. Perciò ogni donna in un modo o nell’altro dovette proseguire la propria vita, addossandosi le conseguenze della guerra e affrontando una ricostruzione postbellica in cui sapevano che non avrebbero ricevuto riconoscimenti per la loro dedizione e il loro lavoro. “Le donne invece vanno avanti. Per noi la guerra è stata nell’ombra. Non ci sono state parate per noi quando è finita, nessuna medaglia o menzione nei libri di storia. Durante la guerra abbiamo fatto ciò che dovevamo, e quando è cessata, abbiamo raccolto i cocci e ricominciato le nostre vite da capo.” (L’Usignolo, Kristin Hannah)

 

Di Marika Cavrini

Traduzione di Marika Cavrini

 

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The First World War: the home front, battlefield of women

 

On 4th November 1918, after the Villa Giusti’s armistice was signed, the Victory bulletin of the First World War was published. A war which had been continuing since 24th May 1915. It was ended. It had come time to return home from the front. But during those three years men’s absence caused a huge changing. The roles in families and in society had changed because of war industries. When they left their homes, men also left their position in society, their workplace, first of all. Who remained at home, in towns and countryside? Who could work instead of soldiers? The biggest part of these people were women. Factory workers specialized in important areas of production for war did not leave their jobs, for example techs in war industry. However, women, at home, had to face problems that before where men’s duties, alone or with their children, if they were old enough, so they began to work in factories, farms and where they found job. Female presence increased enormously not just in agricultural and industrial production, but also in social commitment, helping families in need, and in State Offices. 

Female mobilisation is often underestimated but the role of the home front is as important as the fighting front. An Army which does not have a strong nation behind it will difficultly be in a good condition to fight. However not only this aspect is important, but also the moral value that it brings with itself. In fact, while during the war men fought in order to unit Italy, female part of population had a  fringe part in fighting, except for few women, but in this war their role has been particularly important, empowerment reached a top never seen before in Italy. 

In fact, also in medical field there was huge need of doctors and nurses, because, of course wounded soldiers needed assistance, but civil people did not stop contracting common illnesses. On the contrary, economical crisis caused poorness, malnutrition and more infections, especially in lower social classes. Institutions as Ministry of Health had to take women up too. They were graduated in Medicine, of course, but before they could not work as doctors. Indeed, among these women, doctors and Red Cross nurses, we can find noble and important names, first of all Hélène Louise Henriette of Orléans, Duke Emanuele Filiberto’s wife, Duchess of Savoy-Aosta, joined up as Red Cross nurses thanks to her husband permission and the Queen Elena’s will and also General President of Italian Red Cross’ one during the First World War.

So, men went back home in a very different society from the one they left. Every family had found a new organisation. Many of them did not see again the father or the brothers, who were dead. Other families, on the contrary, were forced to return to their old lives, even if forgetting what had happened in those three years was impossible, as many men, the society and the Roman Church wanted.

So, women continued their lives, with all the consequences of the war and facing the post-war reconstruction. They knew that there would not be any ceremony for their courage, there would not be any recognition for their job. “Women move forward. Our war has been in darkness. When the war ended for us there were no parades, no medals, no words in history books. During the war we carried out our duties, and when it ended, we picked up the pieces  and we restarted our lives again.” (Kirstin Hanna, The Nightingale)

 

 

 

 

 

 

Fonti:

La mobilitazione femminile nella Grande Guerra: nelle fabbriche, nelle città e nelle campagne (Mirtide Cavelli e Paolo Gaspari)

La mobilitazione femminile nella Grande Guerra: le crocerossine e le dottoresse (Costanza Arcuri, Paolo Gaspari, Alessandro Gradenigo e Ornella Zagami)

https://www.reportdifesa.it/4-novembre-1918-la-vittoria-su-uno-dei-piu-potenti-eserciti-del-mondo/

https://www.raiplay.it/programmi/luisaspagnoli

Fonte immagine:

http://www.cordola.it/vivere-in-guerra/mocchie-frassinere-e-condove-durante-la-grande-guerra-1915-18/